IDEAS  POLÍTICAS

 



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Università degli Studi di Torino
Facoltà di Scienze Politiche

TESI DI LAUREA IN STORIA DELLE DOTTRINE POLITICHE
"Il Pensiero Politico di Aldous Huxley"
Relatore: Chiar. Prof. S. R. Ghibaudi
Controrelatore: Prof. M. A. Sarti
Paolo Bonsignore - Anno Accademico 1995 – 96,l

INDICE
INTRODUZIONE


BIOGRAFIA

PREMESSA

CAPITOLO I

CAPITOLO II
La produzione saggistica

BRAVE NEW WORLD REVISITED 

CAPITOLO III
Island

BIBLIOGRAFIA




INTRODUZIONE

Il pensiero politico di Aldous Huxley si fonda sull’aspettativa di una serie di riforme che
riguardano l’uomo e non le sue istituzioni politiche. Egli pensa, infatti, che senza un cambiamento
spirituale dell’uomo qualsiasi tipo di modifica del suo ambiente sia inutile e non arrechi progressi
reali. La sua attenzione, dunque, è centrata sulle modalità per far evolvere interiormente
l’individuo, sicuro che da un suo miglioramento sarebbe sgorgato inevitabilmente un progresso in
ogni campo della sua vita, compreso quello politico.

Questo lavoro si propone di analizzare l'evoluzione del pensiero politico di Aldous Huxley
partendo dai suoi scritti e racconti giovanili, per terminare con un'analisi dell'utopia di Island, suo
ultimo lavoro prima della morte, avvenuta nel 1963. Island rappresenta la summa , il risultato
finale del percorso spirituale di Aldous Huxley, ed é interessante ripercorrere il cammino che lo ha
portato a scrivere quest'opera complessa e discussa. La letteratura critica a disposizione è datata
e non aggiornata, se escludiamo un paio di saggi che prendono in considerazione isolati aspetti
dell’opera di Huxley e che appaiono in parte soddisfacenti. Questi ultimi sono quelli di Stefano
Manferlotti (Antiutopia, Huxley, Orwell, Burgess), Krishan Kumar (Utopia e antiutopia,
Wells, Huxley, Orwell ) e Carmela Metelli di Lallo (Analisi del discorso pedagogico ). Tutti gli
altri testi citati in nota sono anteriori al 1963 e quindi, dal momento che Island è stato pubblicato
in quell’anno, non comprendono l’opera conclusiva fondamentale dell’autore inglese nella loro
critica, risultando quindi a mio avviso troppo incompleti per poter essere significativi. Il saggio più
citato è quello di John Atkins, del 1954, ma è volto quasi esclusivamente all’analisi tecnica della
scrittura di Huxley. Uno dei più recenti è quello di Adriana Corrado (Da un’isola all’altra,
1988), ma io non condivido assolutamente gran parte del lavoro, poiché ritengo che l’autrice non
abbia interpretato nella maniera corretta le provocazioni dello scrittore inglese e mi sento di poter
dire che il giudizio dell’autrice sull’uso delle droghe allucinogene da parte di Huxley non sia
sereno, ma sia viziato da un pregiudizio negativo di fondo. In ognuna delle opere giovanili sono
presenti, in forma più o meno completa, una o più tematiche che si riveleranno poi fondamentali
per l'autore e che si ritroveranno sviluppate ampiamente nelle opere più significative: Brave New
World, Ends and Means, Brave New World Revisited e Island. Questi quattro lavori sono
quelli su cui la mia analisi si é soffermata più approfonditamente. Lo stacco dai romanzi degli anni
'20 é netto, ma l'ironia e la vivacità intellettuale dell'autore non vengono meno neppure nei saggi.
Quelle citate sono opere fondamentali non solo nell'evoluzione dell'autore, ma anche per la cultura
in generale, tanto che negli Stati Uniti la lettura di Brave New World é inserita nei programmi
scolastici delle scuole superiori. Caso a parte é rappresentato da Island, che pur essendo il lavoro
più significativo, per molti aspetti, viene ricordato dalla critica con meno frequenza delle altre sue
opere, e viene considerato un libro noioso e faticoso alla lettura. Inoltre, come la stessa Laura
Huxley ci riferisce nell’intervista citata, Island non viene praticamente mai considerata come opera
fondamentale "per la presenza delle droghe intese positivamente, costruttivamente nella
formazione dell'uomo", e questo fatto non può essere accettato. Nelle scuole, infatti, la lettura di
questo testo non rientra nei programmi. Inoltre, nel momento in cui veniva pubblicato, Huxley era
considerato dagli intellettuali come uno "strano" tipo eccentrico, che probabilmente aveva
esagerato con l'assunzione di droghe e con lo studio di culti strani. Anche in base a questa
opinione circolante, il libro venne accolto con freddezza e non ottenne successo. Ritengo,
comunque, che questa accoglienza non sia dovuta alle eccentricità dell'autore, che venne addotta
come pretesto. La causa é il contenuto: un Inglese che scrive contro gli arsenali nucleari e contro il
consumismo mina due basi portanti della società americana di quei tempi. Era difficile che nel
contesto di quegli anni, potesse venir apprezzato un libro che solo ora, dopo la guerra fredda e il
disarmo nucleare, viene riletto e apprezzato pienamente. Il libro ottenne un'accoglienza ottima,
invece, presso la società Hippy e in tutto lo schieramento di pacifisti che protestavano contro la
guerra del Vietnam, come testimonia Timothy Leary. Al contrario, Brave New World é un libro
avvincente che mette in luce tutti gli aspetti deteriori di uno Stato dittatoriale e padrone delle
coscienze, e dove la riflessione sugli aspetti della spiritualità individuale non prende eccessivo
spazio.

Island é notevolmente più complesso, quasi un compendio di "filosofia di vita" secondo Huxley. E'
qualcosa di più di un progetto sociale teorico e irrealizzabile da leggere e commentare. E' un
messaggio diretto allo spirito delle persone ed é la speranza concreta dell'autore che si possa
arrivare a vivere nella perfezione sociale da lui ideata. Quella di Island non é una realtà descritta
strumentalmente per evidenziare distorsioni e negatività della società, come Brave New World, é
un vero e proprio esempio di come si possa vivere liberi, nella perfezione sociale e nel cammino
verso quella spirituale. Huxley crede nella possibilità di vivere in un mondo perfetto; il suo
progetto non é slegato dalla realtà o palesemente impossibile. Il fatto che, però, alla fine siano i
carri armati a percorrere le strade dell'isola di Pala, vuole, a mio parere, significare che l'uomo non
vuole migliorare la propria condizione, che le forze che portano ad una vita dove guerre, avidità e
denaro comandano sono ancora vincenti, ma non sono imbattibili. Nonostante tutto i vincitori
sono i Palanesi, poiché il loro spirito rimane libero, intatto e coerente, e per non venir meno al
principio della non-violenza sono anche disposti ad assistere alla conquista della loro civiltà, sicuri
della sua sopravvivenza. L'accoglienza riservata a Brave New World, nel 1932, fu ben diversa,
ma ebbe ugualmente delle difficoltà, degli ostacoli, prima di venir considerata un'opera
significativa. Dovettero passare gli anni della guerra perché raggiungesse il successo. In superficie,
potrebbe passare per una condanna dell'ingegneria genetica e dell'amore libero, ma leggendolo
adesso, nel 1996, appare chiaro che invece si trattava da una parte del loro elogio, e dall’altra
dell'avvertimento che nelle mani sbagliate, entrambi potrebbero diventare strumenti di potere per
tenere soggiogati gli uomini. Inoltre, nel periodo che va dagli anni '40 agli anni '70 la letteratura
science and fiction in cui Huxley, per alcune sue opere, può essere inserito, fu relegata in un
angolo come letteratura di svago e il suo pubblico venne individuato nei bambini e negli
adolescenti.

In questo modo fu possibile evitare il confronto con le grosse critiche che animavano questi testi,
perché quest'etichetta dava la giustificazione a considerarli in qualche modo "poco seri". Al tempo
stesso, però, si consentì involontariamente ai piccoli lettori di accogliere queste opere senza
nessun pregiudizio, senza interferenze con la "moralità" degli adulti. Osservando lo sviluppo delle
opere di Huxley, é possibile, a mio parere, determinare le fasi attraverso cui passa l’autore. Dopo
aver composto romanzi e racconti, nel 1932 appare Brave New World. Già nelle opere
precedenti si può osservare la presenza, in embrione, dei temi che verranno trattati
approfonditamente a partire dal romanzo del ‘32. In Crome Yellow del 1921, ad esempio, c’è
un’anticipazione del Mondo Nuovo, in Antic Hay si parla anche della sovrappopolazione, tema
caro all’autore che verrà sviscerato in Ends and Means.

Sembra che Huxley abbia presentato già tutti i temi socio-politici nei lavori giovanili, e che li abbia
approfonditi nelle opere che arrivano fino a Ape and Essence, del 1949. Il fatto che il suo
pensiero fosse già così preciso a partire dai primi romanzi, e il fatto che il distacco da questi temi
sia poi stato nettissimo, a partire dal romanzo del 1949, mi fa pensare che in qualche modo
Huxley avesse sempre riportato, seppur con originalità, ironia e fantasia, il punto di vista
dell’ambiente familiare in relazione agli studi biologici e letterari. Quando poi l’approfondimento di
questi argomenti, coincidenti con quelli del padre intellettuale e scrittore, del nonno Thomas Henry
scienziato darwinista, dello zio Matthew Arnold poeta e del fratello biologo Julian, si è esaurito,
assistiamo ad uno stacco notevole. Aldous ha trovato una sua strada personale. Mi spiego: dopo
aver scritto Ends and Means (1937) e aver lavorato anni per mettere a punto un programma di
riforme, la sua produzione saggistica si ferma. Scoppia la seconda guerra mondiale e nel 1946
appare il primo testo “nuovo”: una raccolta di piccoli saggi e di perle di saggezza intitolato The
Perennial Philosophy. Nel 1949 appare un libro che ebbe poco successo, Ape and Essence, un
racconto su un’immaginaria terra sconvolta da una guerra nucleare, che colpisce per la violenza
con cui è scritto. Dopodichè, fino a The Doors of Perception (1954) Huxley non scrive più nulla.
L’impressione è quella che si fosse stufato di parlare a vuoto, ma soprattutto questo é il momento
in cui prende una sua strada e si distacca dai vecchi argomenti. Non, si badi, perchè li ritiene
superati, al contrario li riprenderà in Island, ma perchè a mio parere trova qualcosa di
esclusivamente suo: l’esperienza spirituale e quella delle droghe, poi coniugate in un’unico
momento. Dopo Ape and Essence sparisce dalla scena letteraria per 5 anni e ricompare con
nuovi argomenti.

Ritengo che Island sia l’opera più significativa dell’autore, poiché raccoglie i temi del circolo
familiare in relazione a nuovi drammaticoi argomenti. Alcuni libri di Huxley vennero censurati per
offesa alla morale pubblica:Antic Hay, Point counter Point, Brave New World e Eyeless in
Gaza.

        BIOGRAFIA
ALDOUS HUXLEY
INDICE

Aldous Leonard Huxley nacque nel Surrey, a Godalming nel 1894, da una famiglia appartenente a
quell'aristocrazia intellettuale inglese che dominò alla fine dell'Ottocento. Suo padre era direttore
del "Cornhill Magazine", il nonno Thomas Henry Huxley era un noto biologo e sostenitore della
tesi darwiniane in Inghilterra, il fratello Julian biologo di fama e la madre era nipote del poeta
Matthew Arnold.

Huxley studiò inizialmente a Eaton, con l'intenzione di diventare medico. A sedici anni venne
colpito da un violento attacco di keratitis punctata , una forma grave di malattia dell'occhio che
lo lasciò (dopo diciotto mesi di cecità totale) con un occhio appena capace di percepire la luce e
l'altro provvisto di una capacità visiva molto limitata. Svanite così le possibilità di una carriera
scientifica, Huxley decise di dedicarsi allo studio della letteratura inglese e della filologia. A
vent'anni, grazie all'uso di una particolare lente d'ingrandimento, riuscì a recuperare parzialmente
l'uso di un occhio e ad iscriversi al Balliol College di Oxford dove si laureò nel 1915. Una volta
laureato insegnò per qualche tempo a Eaton finché non si dedicò completamente alle lettere. Un
evento che scosse profondamente Huxley fu la morte della madre per tumore, quando lui aveva
solo quattordici anni. Effettivamente si possono scorgere i segni di questo trauma in pressoché
tutte le sue opere, dove la quasi totalità dei personaggi che muore di tumore: la madre del
Selvaggio, la moglie del Dott. Andrew, lo stesso Rajah era malato di tumore e viene salvato dal
padre del Dott. Andrew con delle tecniche alternative alla medicina tradizionale, l’amata zia di
Will Farnaby, il protagonista di Island e così via. Nel 1919 sposa Maria Nys, una donna belga
rifugiatasi in Inghilterra durante il conflitto mondiale, da cui avrà un figlio, Matthew. In quegli anni
comincia a pubblicare recensioni di teatro, arte, musica e libri sulla prestigiosa rivista “Athenaeum”
e sulla “Westminster Gazette”. E' di quel periodo l'amicizia con lo scrittore D. H. Lawrence con
cui condivide una schietta passione per l'Italia, dove dimora dal 1923 al 1930, con l'esclusione del
'25 e '26 trascorsi viaggiando in India. Si dedica alla scrittura di racconti e romanzi, tra cui Point
Counter Point del 1928. A differenza di molti altri connazionali, Huxley impara a conoscere a
fondo l'Italia, come dimostrano i racconti ambientati a Firenze (Il giovane Archimede) e a Roma
(Dopo i fuochi d'artificio). Poco prima di morire, nel 1929, Lawrence é ospite a Forte dei
Marmi degli Huxley, che poco dopo lo assisteranno negli ultimi istanti di vita, a Vence. Sarà lo
stesso Huxley, nel 1932, a curare la prima raccolta di lettere di Lawrence. Nel 1930 Huxley
acquista una casa nel sud della Francia, a Saint Paul de Vence, dove é solito ritirarsi quando non
é a Londra. Nel 1932 scrive, in quattro mesi, uno dei suoi romanzi più famosi e che avranno
maggior successo: Brave New World. Come l’Inghilterra dei suoi giorni, l’utopia di Huxley
descritta in Brave New World possiede una rigida struttura di classe, caricatura delle differenze
esistenti nel mondo inglese reale, anche se lo stacco é maggiore a causa delle differenze create
artificialmente nella capacità intellettuale dei cittadini. L’esperienza personale di Huxley lo portò ad
isolarsi, non escluso dagli altri, dall'upper class in cui era nato. Già da bambino era considerato
diverso, dal momento che dimostrava una prontezza, un’attenzione e un’intelligenza del tutto
straordinarie, e come dice suo fratello Julian , “superiori”. Questo suo senso di disagio nel far
parte di quella che si considerava la “classe superiore” viene rispecchiata in ogni suo romanzo, da
Antic Hay a Point counter Point, fino ad arrivare a Brave New World in cui troviamo due
personaggi importanti come Bernardo Marx e Helmholtz Watson, entrambi membri della classe
elitaria, che hanno dei problemi perché sono differenti dai loro simili.

Da questo tema che si ripropone spesso nei suoi libri, nasce un altro aspetto fondamentale: quello
dell’unicità dell’individuo e del diritto di ogni singolo individuo a essere tutelato per non essere
soggetto alla massa e alle sue scelte. Huxley ritiene che l’ereditarietà rende ogni individuo
differente e unico, e che proprio questa unicità sia indispensabile alla libertà. Negli anni tra il
1930e il 1935, iniziò una lunga serie di viaggi che lo portano in Sud America e negli Stati Uniti,
dove entra in contatto con l'equipe del Prof. Bates di New York, esperto in oftalmologia. Nei
venticinque anni precedenti, infatti, la situazione della vista non era migliorata, e nel 1939, si
sottopone ad un programma di rieducazione visiva messo a punto dal dottor W. H. Bates e dalla
dottoressa Margaret Corbett. Ottiene in brevissimo tempo un miglioramento notevole nella
capacità di vedere e dedicherà poi un saggio, The Art of Seeing , appunto, a titolo di gratitudine,
a questi due pionieri dell'educazione visiva. Il saggio, datato 1943, é il tentativo dell'autore di
mettere in correlazione i metodi di educazione visiva con le più recenti dottrine della psicologia e
della filosofia critica.

Questa digressione sul saggio The aArt of Seeing per dare un'idea a tutto tondo di Aldous
Huxley: un uomo dotato di una grande facilità nell'apprendimento di argomenti scientifici e medici,
ma al tempo stesso di una grande sensibilità per i temi religiosi e spirituali, che approfondì
studiando le religioni orientali e compiendo dei viaggi in India. Un uomo che aveva la capacità di
comprendere con facilità un quadro, un libro, un disco e di apprezzarlo con grande sensibilità.

Huxley ha sorvegliato questo confuso mondo in cui viviamo con la fredda obiettività di uno
scienziato, col distacco dell'osservatore equilibrato e, d'altro canto, con la sensibilità dell'artista; ha
riunito in sé entrambe le sensibilità e caratteristiche dell'uomo di scienza e di quello d'arte.
Sebbene di mentalità scientifica, egli non fu materialista, ma seguì sempre una vena di spiritualità
che lo guidava senza mai cadere nel dogmatismo. Fondamentale fu la sua permanenza negli Stati
Uniti: alla fine degli anni ‘30 egli fece parte della leggendaria epoca d’oro del Far Western
Philosophy che vedeva tra i suoi elementi di spicco persone come Thomas Mann, Christopher
Isherwood, Alan Watts, Swami Yogananda, Gerald Heard. La sua produzione letteraria fu ad
ampio spettro: dalle poesie alle novelle, dai romanzi ai saggi, dalle biografie ai testi storici.
Addirittura, durante la sua permanenza a Beverly Hills, scrisse alcune sceneggiature
cinematografiche. Tratto da I diavoli di Loudun, venne girato nel 1971 sulla sua sceneggiatura il
film "Devils", con Vanessa Redgrave. La lettura dei suoi romanzi e dei suoi saggi ci rende un'idea
dell'autore che é confermata anche dal giudizio di Stephen Spender: "Huxley rappresenta la libertà
da ogni sorta di ortodossia, convenzionalità, malafede, rispetto per le forme costituite del sapere e
tabù sessuali." Nel marzo del 1942 gli Huxley si trasferiscono a Llano, in California; nel 1944
Aldous ultima il romanzo Time must have a stop . Si dedica alla stesura di A Perennial
Philosophy , una raccolta si saggi filosofici commentati da lui - dove manifesta un interesse
sempre più marcato per il misticismo - che viene pubblicata poco dopo il termine della seconda
guerra mondiale. In una lettera indirizzata alla scrittrice argentina Ocampo, Huxley esprime la
propria soddisfazione per la conclusione del conflitto, ma anche le sue preoccupazioni. "Gli Stati
nazionali a cui la scienza fornisce un potere militare enorme mi fanno sempre pensare alla
descrizione data da Swift di Gulliver trasportato da una gigantesca scimmia sul tetto del palazzo
del re di Brobdingnag: la ragione, il rispetto per gli altri, i valori dello spirito, si trovano nelle grinfie
della volontà collettiva che ha il vigore fisico di una divinità, ma anche la mentalità di un
delinquente di quattordici anni." Nel 1955 muore la prima moglie e Huxley si risposa l'anno
successivo con la torinese Laura Archera che, nel 1968, pubblicherà negli Stati Uniti un libro di
memorie: A Personal view of Aldous Huxley. A partire dagli anni '50 lo scrittore abbandona
progressivamente la narrativa per dedicarsi sempre più intensamente alla speculazione filosofica.
Questa ricerca lo porta ad approfondire gli studi esoterici - intrapresi più di vent'anni prima in
occasione dei viaggi in India - e a sperimentare estesamente su sé stesso gli effetti di sostanze
come la mescalina e l'acido lisergico, che per primo denominò "psichedeliche" e che gli rivelarono
nuove capacità e nuovi orizzonti della psiche umana.Venne duramente criticato per questo aspetto
della sua ricerca, considerata aberrante e pericolosa, ma non possiamo far altro che prendere atto
che si tratta di un aspetto della sua passione per la verità. In particolare, lo scrittore tenta di far
convergere in un'unica forma di esperienza la conoscenza scientifica e quella mistica, "ma" come
scrive in Literature and Science "più la scienza amplia i suoi confini e maggior comprensione ci
dà dei meccanismi dell'esistenza, più chiaramente spicca il mistero stesso dell'esistenza".

Nel 1959 la American Academy of Arts and Letters premiò Huxley con l’Award of Merit for the
Novel, un premio dato ogni cinque anni che era stato vinto, prima di lui, da Thomas Mann, Ernest
Hemingway e Theodore Dreiser. Scrisse uno dei primi trattati di ecologia che ancora adesso
ispira i gruppi verdi americani, e fu un pacifista. Nel 1960 gli viene diagnosticato un cancro alla
lingua e la vista riprende a peggiorare. Il 12 maggio 1961 un incendio divampa nella sua casa e
distrugge tutti i suoi libri e le sue carte, si salva casualmente il manoscritto del suo ultimo romanzo
Island . La perdita é una prova durissima: "Vedi un uomo senza passato" confida all'amico
Christopher Isherwood. Secondo quello che racconta Timothy Leary, negli ultimi anni della sua
vita, Huxley fu particolarmente affascinato dal Libro Tibetano dei Morti, un libro antico che
spiega come affrontare serenamente la morte secondo antiche conoscenze. In punto di morte,
infatti, Leary racconta che fu la moglie Laura a guidare Aldous verso l’abbandono del corpo,
seguendo delle tecniche descritte nel libro e facendogli assumere un’ultima dose di mescalina,
ricalcando il racconto della morte della moglie del Dottor Andrew in Island.

Huxley si spegne a Hollywood il 22 novembre 1963, lo stesso giorno dell'assassinio del
presidente John Kennedy. Venne cremato e le sue ceneri sono state sepolte nella tomba di
famiglia in Inghilterra.

PREMESSA
INDICE

Prima di cominciare ad addentrarci nel lavoro, ritengo sia necessario approfondire il rapporto
esistente tra questo particolare scrittore e le droghe. Il 6 maggio 1953, sotto il controllo medico
del Dott. Humphrey Osmond, Huxley assunse per la prima volta 400 mg. di solfato di mescalina
al fine di registrare le reazioni a questa sostanza e gli effetti prodotti sulla mente. Tutto il dialogo tra
Huxley e il dottore venne registrato su nastro magnetico. L’esperienza fu fondamentale, per
l’autore. Egli era da tempo affascinato dalla possibilità di alterare gli equilibri chimici del cervello
attraverso sostanze allucinogene, come dimostra la sua considerazione del 1931 a proposito di un
libro di un farmacologo tedesco: “ho trovato grande interesse nel leggere la curiosa storia
dell’assunzione delle droghe, e mi sembra uno dei capitoli più significativi della storia naturale
dell’essere umano”.

Il commento di Huxley a questa prima assunzione di mescalina fu: “How absolutely incredible”,
dopodiché cominciò a descrivere l’esperienza “in diretta”: “...non sto vedendo un fiore come se
fosse una cosa estranea o strana, sto vedendo cosa Adamo ha visto il mattino della sua creazione:
il miracolo, momento per momento, della nuda esistenza”. In un’altra lettera agli editori Chatto &
Windus scrive: “E’ senza dubbio la più straordinaria e significativa esperienza disponibile per
l’essere umano, questa Beatifica Visione; e ti apre ad una moltitudine di problemi filosofici,
attraverso luci intense e innalza ogni sorta di domanda nel campo dell’estetica, della religione,
della teoria della conoscenza...”. L'assunzione di allucinogeni era dunque, per lui, uno stimolo alla
meditazione e alla speculazione filosofica, non costituì mai una fuga né una debolezza, e questa sua
esperienza viene ritrovata tale e quale in Island. Ufficialmente sembra che Huxley si sia sottoposto
a circa 12 esperimenti con diversi allucinogeni, ma la traduttrice dei suoi testi in italiano, la Dott.
Floriana Bossi, che ho intervistato in data 10 marzo 1996 a Torino, sostiene che Huxley stesso
avesse dichiarato un’assunzione molto più frequente. Questa testimonianza é anche supportata
dalla sua biografa Sybille Bedford che riferisce che Huxley assunse “apparentemente una dozzina
di volte sostanze allucinogene quali mescalina...” lasciando intendere che in realtà il numero poteva
essere maggiore. E’ necessario inserire questo comportamento nel giusto contesto: nel 1953 le
droghe non avevano la diffusione attuale e il fenomeno non aveva ancora assunto la dimensione di
pericolo sociale. Non bisogna, dunque, giudicare con l’ottica moderna degli atti che, seppure
discutibili in qualche forma, avevano un significato ben diverso quando sono stati compiuti. Mi
riferisco soprattutto al libro Da un’isola all’altra della Dott. Corrado, che non é avara di critiche
ad Huxley su questo punto. L’esperienza dell’autore con le droghe allucinogene é stata da lui
descritta in The Doors of Perception 1954 e in Heaven and Hell 1956, due saggi in cui
vengono descritte le sensazioni provate e le visioni avute dallo scrittore sotto l’effetto della
mescalina. Alcuni lettori hanno inteso questi due libri come un incoraggiamento a sperimentare
liberamente le droghe, ma Huxley aveva messo in guardia dal pericolo di questi esperimenti in
un’appendice che scrisse ai Devils of Loudun nel 1952 e in cui avvertiva che nemmeno un
controllo medico costante garantiva dai pericoli impliciti nell’assunzione di queste sostanze.

Desidero sottolineare il fatto che Aldous Huxley è arrivato alla sperimentazione di sostanze
psichedeliche seguendo una grande coerenza e una logica ferrea: egli, nelle sue opere, afferma più
volte che qualsiasi cosa a disposizione dell’uomo non è né buona né cattiva, di per sé. E’ l’uso
che se ne fa che determina il giudizio su tutto ciò che può essere strumento di evoluzione oppure
di distruzione. Così anche le droghe: se utilizzate al fine di ottenere un progresso spirituale, non
devono essere considerate del tutto negative. Questa sua affermazione deve essere interpretata
nel giusto senso: Huxley non incita all’utilizzo di droghe per puro piacere personale, ma per
ottenere un progresso spirituale interiore superando i preconcetti e i pregiudizi che vincolano
l’uomo.

                                                                                            VOLVER A IDEAS

CAPITOLO I
INDICE
LE OPERE GIOVANILI DI HUXLEY

I Romanzi e i racconti
E’ complesso analizzare lo sviluppo della visione politica e sociale di un autore come Aldous
Huxley, in quanto la sua evoluzione racchiude e unifica fortemente un gran numero di aspetti. E’
difficoltoso estrapolare da uno sviluppo di idee omogeneo quale il suo, soltanto l’aspetto politico -
sociale, e scinderlo da quello mistico e religioso, ad esempio, che in Huxley ha enorme portata.
Huxley é un autore che ha modificato relativamente poco, nel tempo, le sue idee in campo politico
e sociale, ma che ha sviluppato incredibilmente quelle spirituali e religiose. Le opere che
prenderemo particolarmente in considerazione in questo capitolo sono quelle che vanno dal 1921
al 1932, e cioé: Crome Yellow, Antic Hay, Along the Road, Those Barren Leaves, Proper
Studies.

Huxley contempla disincantato il mondo inglese degli anni ‘20 mettendo a nudo le fragili
impalcature che lo sorreggono. In questi romanzi giovanili sono presenti il tema della critica alla
società vittoriana; il tema delle delusioni provocate dalla Prima Guerra Mondiale; é presente un
elogio del misticismo e un’elegante e acre satira della società intellettuale inglese, di cui risalta
l’incomunicabilità che separa i suoi componenti. Viene soprattutto rappresentato satiricamente il
potere, sotto le sue varie forme e con le sue conseguenze più disparate.

Il filo conduttore di questi romanzi resta la critica ironica ad una società che l’autore, moderno e
illuminato nelle sue vedute, mostra di subire. Egli, infatti, si trova inserito in un contesto ipocrita,
costellato di falsi intellettuali che invece di comunicare tra loro e utilizzare le capacità della mente
per fare qualcosa di utile, si isolano crogiolandosi nello “status”, ottenuto in qualche modo, di
“intellettuali” o di “scrittori” o di “pensatori”. L’ironia dirompente che Huxley utilizza per mettere in
ridicolo queste figure, dà luogo a scene divertenti in cui i poveri personaggi, molti dei quali sono
ispirati a veri conoscenti dell’autore, vengono messi in ridicolo. La figura del giornalista (che si
reputa un grande scrittore) che scrive in trance senza essere consapevole di quello che sta
scrivendo, e che al risveglio rilegge ammirato ciò che trova scritto sui fogli, é un capolavoro di
ironia pungente che mette in luce l’inconsistenza intellettuale della categoria e la superficialità con
cui una società omaggia delle nullità intellettuali. In linea di massima, l'autore pensa che essere un
cattivo giornalista sia peggio che essere un cattivo letterato, ma sia molto più facile. Il cattivo
giornalista, infatti, non si deve preoccupare di procurarsi un'audience, perché i giornali vengono
letti da tutti senza vagliare attentamente la fonte degli articoli; quindi avrà sempre qualcuno cui
poter inviare i suoi messaggi distorti.

Un cattivo letterato, invece, ha una critica e dei lettori con cui confrontarsi. Non riesce, dunque, a
fare gli stessi danni di un giornalista in cattiva fede: é meno pericoloso.

Nella residenza di campagna teatro degli avvenimenti di Crome Yellow trovano posto anche un
parroco convinto del prossimo avvento della fine del mondo e che non fa altro che sermoni su
questo imminente disastro, uno pseudo intellettuale che si riempe la bocca di aforismi idioti, e tre
sorelle (le figlie della padrona di casa) che non mangiano, a tavola, perché “é così poco
spirituale...!”. Un gruppo di persone che quando si ritrovano insieme in salotto, dialogano
seguendo ciascuno il filo dei propri pensieri, senza ascoltare assolutamente gli altri interlocutori. La
figura del contadino della tenuta é significativa: dice agli ospiti, facendo loro visitare la fattoria,
cose assolutamente banali, che in mezzo ai discorsi vuoti e stupidi di questi personaggi, diventano
(paradosso nel paradosso) veri, reali e saggi. Poco dopo aver scritto questo romanzo, Huxley si
trasferisce in Italia dove vivrà parecchi anni, viaggiando e approfondendo la cultura locale. Il
mondo inglese era troppo statico per uno spirito dinamico come il suo: era troppo serrato in sé
stesso, troppo chiuso alle novità e troppo impegnato a compatirsi nella stagnazione in cui era finito
dopo la disillusione che seguì la fine della prima guerra mondiale. Con essa l’Inghilterra prese
coscienza che ormai aveva di fatto perduto quella supremazia marittima e quella “perfezione”
culturale consentitale dal non aver mai subito invasioni. Era finita l’era della cultura inglese
vincente, e una nazione “impura” come gli Stati Uniti, frutto del miscuglio di innumerevoli razze ed
etnie e delle loro culture, si accingeva a sostituire l’Inghilterra ai vertici della politica e della cultura
mondiali. Una parte importante del romanzo é quella in cui il giovane poeta Denis e il signor
Scogan, noiosissimo oratore, dissertano sulla natura degli uomini. Il dialogo che segue é un’analisi
di quella che Huxley stesso chiama “l’umana imbecillità che spinge gli uomini a seguire guide e
filosofi pazzi anziché ragionevoli e razionali”. La filosofia, al contrario, si rivolge solo a ciò che “é
superficiale e superfluo: la ragione” dichiara ironicamente il signor Scogan, e prosegue con la
descrizione del progetto di “Governo Razionale” che lui ha ideato e che dovrebbe essere fondato
dagli “uomini intelligenti” uniti contro l’imbecillità e i pazzi che “ci governano”. “Nel Governo
Razionale gli esseri umani saranno divisi in specie distinte, non secondo il colore dei loro occhi e la
forma del loro cranio, ma secondo le qualità del loro spirito e del loro temperamento. Esperti
psicologi, dotati di una penetrazione che oggi sarebbe considerata sovrumana, esamineranno ogni
bambino all’atto della nascita e gli assegneranno la specie cui dovrà appartenere. Debitamente
munito di un’etichetta e d’un foglio di riconoscimento, il bimbo riceverà l’educazione propria agli
individui della sua specie, e, una volta che sia diventato adulto, gli verranno affidate le funzioni cui
saranno adibiti gli uomini della sua varietà.”

Come si può ben vedere, la società descritta in Brave New World era già nella mente di Huxley
ben undici anni prima, e ciò dimostra anche quanta gestazione abbia avuto quel racconto. Le tre
categorie in cui il signor Scogan divide gli esseri umani rispondono, più o meno, a quelle del
romanzo del 1932: “la classificazione sarà sottile e complicata, ma i profeti non debbono entrare
nei particolari; questo non li riguarda”. Ci saranno le Intelligenze Dirigenti, gli Uomini di Fede e il
Gregge. Gli Uomini di Fede saranno lo strumento inconsapevole che dirigerà la massa, sempre
seguendo le indicazioni delle Intelligenze Dirigenti. Queste riusciranno a far apparire ogni
indicazione data nell’interesse degli Uomini di Fede, che non potranno far altro che obbedire.

“Nell’educazione del Gregge verrà insegnato che non può esservi felicità se non nel lavoro e
nell’obbedienza. Si farà credere loro che sono felici, che sono creature di un’enorme importanza,
e che tutto quello ch’essi fanno é nobile e significativo”. Il signor Scogan invidia la sorte degli
uomini comuni, che lavorando otto ore al giorno, obbedendo ai loro superiori, convinti della
propria grandezza, della propria importanza e della propria immortalità, saranno
meravigliosamente felici. Al che Denis chiede in quale categoria lui, come poeta, dovrebbe
rientrare, e Scogan gli risponde significativamente che non essendo portato per i lavori manuali,
non avendo le caratteristiche per rientrare negli Uomini di Fede, non essendo sufficientemente
spietato per sopravvivere con le Intelligenze Dirigenti, dovrebbe essere soppresso “senza dolore”.
In una società del genere, dove nulla é lasciato al caso e all'improvvisazione, non c'é spazio per la
fantasia e per l'attenzione alle particolarità dell'uomo propria dei poeti e dei letterati, non c'é
spazio per niente che non sia voluto e organizzato dal potere costituito. Anche in Island
troveremo questo tema, più approfondito, però. Huxley, infatti, ne parla considerando la necessità
per Pala, quest'isola immaginaria ricalca l'isola di "Utopia" di Thomas More, di "adottare" una
cultura di riferimento come quella inglese, per potersi rifare a modelli culturali e letterari validi,
sicuri, di alto livello. Mentre a Pala viene importato anche il bisogno di avere poeti e letterati, il
Governo Razionale qua delineato, come quello di Brave New World, invece li sopprime, perché
testimoni di una cultura di libertà e di sensazioni individuali, troppo pericolose per un regime di
quel tipo.

Rispetto alle opere del periodo 1937 - 1963 in quelle giovanili mancano quasi del tutto i
riferimenti spirituali e alla religione (che non siano ironici o di critica). Tutto il pensiero politico é
già maturo e viene descritto approfonditamente in opere dedicate a questo tema come Ends and
Means e Brave New World Revisited, che analizzeremo nel prossimo capitolo. Variazioni
particolari non avvengono, anche se i fattori di novità consistono nel far sposare queste concezioni
con il nuovo sentimento spirituale che, quello sì, subisce variazioni e sviluppi notevoli nell’arco del
tempo. Tra i romanzi giovanili, sarà poi in Antic Hay (1923) che si parlerà diffusamente del
pericolo rappresentato da radio, cinema e giornali e dalla propaganda che rendono schiavi gli
uomini “comuni”, quelli, cioé, disattenti alla realtà che li circonda. In questo romanzo l’ironia sulla
società vittoriana e sull’educazione é veramente. Il personaggio principale, Teodoro Gumbrill,
decide di lasciare il suo lavoro di insegnante in un college e di cercare di diventare ricco
vendendo pantaloni dotati di un cuscino pneumatico da porre sotto le natiche per potersi
accomodare senza soffrire sulle dure panche di legno delle chiese. In apertura di romanzo, infatti,
viene descritta quasi come fosse una tortura la noiosa funzione religiosa che il rettore officia
quotidianamente nella cappella del college, impartendo sofferenza a tutti i fondoschiena di allievi e
professori! Perché mai, sembra che Huxley si chieda, la cultura deve passare attraverso questi
patimenti inutili, che altro non fanno che far soffrire nel corpo e nello spirito gli uomini? Sono
queste mostruose reminescenze medievali (punizioni corporali comprese) che rendono le scuole
inadeguate ai tempi moderni: che si aspetta a cambiare? La difficoltà della società inglese a
cambiare, rispetto a quella americana, ha sicuramente costituito un grosso stimolo per l’autore a
restare negli Stati Uniti anche dopo il termine delle cure del prof. Bates. In Antic Hay appare per
la prima volta un’analisi approfondita del funzionamento della pubblicità, importante anticipazione
delle argomentazioni che Vance Packard farà sue nel celeberrimo Hidden Persuaders del 1958 e
delle analisi che seguiranno nelle opere di Huxley. Il sarto impegnato nella realizzazione dei
pantaloni pneumatici e il professore, infatti, parlando della pubblicità necessaria alla
commercializzazione del prodotto, sono concordi nel dire che “bisogna fare dei pantaloni
pneumatici Gumbrill la cosa socialmente corretta, oltre che comoda”. “Dobbiamo mettere a
disagio chi non porta i calzoni Gumbrill”, concorda il sarto.

Questo é il succo di tutto il lavoro che Huxley maturerà completamente nel 1957 in Brave New
World Revisited , ne rappresenta il messaggio più incisivo: la pubblicità lavora facendo leva sulle
debolezze delle persone, e cioé sulla paura di non essere accettati, di essere diversi dalla
maggioranza e considerati strani. Huxley davanti alla socialità, intesa come uniformità, pone
l’individualità, e il diritto/dovere alla tutela di quest’ultima. Questo suo fondamentale messaggio
non cambierà mai nel corso dell’evoluzione del suo pensiero e nelle opere che seguiranno. Anche i
grandi temi della solitudine, dell’incomunicabilità, della follia di un mondo che non tutela i più
deboli, della guerra, della critica alla religione e all’educazione sono tutti già presenti in queste
opere.

Huxley non perde mai di vista l’obiettivo del miglioramento della società e delle condizioni
dell’uomo, ma cambia visione del modo di raggiungerlo. All’inizio del suo percorso, attraverso
l’uso della critica spietata e dell’ironia, smonta e analizza pezzo per pezzo la struttura della società
inglese e di quella umana in generale. Il risultato è il suo primo capolavoro: Brave New World
(1932). InEnds and Means (1937) si augura che basti una “conversione” spirituale all’idea che
l’uomo ha bisogno dell’uomo e che sia sufficiente agire attraverso la carità, per far funzionare le
riforme necessarie e riportare il mondo alla pace e alla giustizia. Attraversa un periodo in cui
compie delle nuove esperienze, spiritualmente parlando, e che sfocia nell’importante Brave New
World Revisited e in Island, in cui vengono coniugate le sue esperienze con le droghe, i suoi
nuovi interessi spirituali e le sue idee politico sociali. Il risultato finale di questa evoluzione è l’idea
che per operare un’azione di miglioramento politico nella società umana, il punto di partenza deve
essere il rapporto Uomo - religione. Una volta risolti i problemi che tuttora sono impliciti in questa
relazione, diventa automatico un progresso in ogni ambito umano, da quello politico a quello
sociale, da quello economico a quello educativo.

La data in cui Huxley scrive Brave New World é significativa. Siamo nel 1932, il fascismo é
ormai affermato in Italia, il nazismo in Germania e il nuovo regime russo é stabilizzato: sono nate le
grandi dittature che lasceranno un segno indelebile sull’uomo moderno. L’affermazione di questi
regimi dà adito a interrogativi e apre questioni di carattere politico, ma anche sociale, teorico,
filosofico. Lo sviluppo tecnico ha messo nelle mani dei dittatori strumenti di comunicazione
potentissimi quali la radio e i quotidiani, la cui diffusione consente di far sentire la propria voce
ovunque. La tecnica avanza con una velocità che sembrava inimmaginabile fino a poco tempo
prima, le auto cominciano a circolare, la catena di montaggio fa il suo ingresso sulla scena
industriale, l’alfabetizzazione aumenta notevolmente eppure Huxley non riesce ad essere ottimista:
perché? Perché sono regimi che si sono appropriati del potere utilizzando congiuntamente la
violenza e la comunicazione propagandistica. Questa non rappresentava certo una novità, ma
aggiornata e adeguata ai tempi moderni, dimostrava una potenza e una capacità di persuasione
temibile. Huxley é uno dei primi letterati contemporanei che compie un’analisi approfondita e
fredda dello scenario che si presenta agli occhi dell’uomo comune, quello che non è attento alla
realtà in cui vive, e di quello che si presenta, invece, agli occhi ironici e acuti di chi guarda un po’
più avanti. Facendo uso dell’immaginazione e dell’ironia, importantissimo strumento di analisi in
possesso dell’uomo intelligente, e calcolando, sulla base di certi dati e di un certo tasso di
sviluppo della tecnica, i risultati del cammino intrapreso dall’umanità, Huxley ci presenta il Mondo
Nuovo, cioé quello che sarebbe diventata la Terra entro seicento anni. Tanto egli proiettava nel
futuro il Mondo Nuovo. In Brave New World Revisited Huxley ci dice, con stupore e sgomento,
che “nel 1931, quando scrivevo Brave New World , ero convinto che ci fosse ancora tempo, e
parecchio. La società totalmente organizzata, il sistema scientifico delle caste, l’abolizione del
libero arbitrio mediante il condizionamento metodico, la soggezione resa accettabile grazie alla
felicità indotta chimicamente, a dosi regolari, l’ortodossia martellata in capo alla gente coi corsi
notturni d’insegnamento ipnopedico: tutte cose a venire, certo, ma non nei tempi miei, e nemmeno
nei tempi dei miei nipotini”. “...27 anni più tardi (...) io son molto meno ottimista di quel che non
fossi quando scrivevo il Mondo Nuovo. Le mie profezie del 1931 si sono avverate assai più
presto di quel che pensassi”. Quando Huxley scriveva, negli anni ‘30, il problema principale era
quello del disordine, e le dittature furono, in parte, la risposta alla volontà d’ordine che regnava. A
27 anni di distanza il problema principale era diventato quello dell’ordine eccessivo e
dell’organizzazione totale. Le stesse tecniche, invenzioni, risorse che davano adito a illusioni di una
vita migliore nel 1931 si erano trasformate in ”forze impersonali, da noi incontrollabili, (che)
paiono spingerci tutti quanti nella direzione dell’incubo del Mondo Nuovo: una spinta impersonale
che i rappresentanti delle organizzazioni politiche e commerciali consapevolmente accelerano.
Esse hanno perfezionato nuove tecniche per manipolare, nell’interesse di una minoranza, i pensieri
e i sentimenti delle masse”. L’autore non é schierato contro la tecnica e lo sviluppo in modo
aprioristico, semplicemente ne mette in luce il doppio aspetto positivo e negativo. Il primo é il più
ovvio, quello a cui si fermano tutti: presenta solo i vantaggi come il miglioramento della qualità
della vita, la diminuzione del lavoro manuale, le possibilità di guadagno e di sviluppo ulteriori. Il
secondo aspetto é quello che interessa Huxley, e cioé il fatto che qualsiasi tipo di tecnica, sia essa
industriale sia essa di comunicazione, può anche essere utilizzata contro l’uomo stesso, a favore di
una piccola elite. Ad esempio, dopo la prima guerra mondiale si assiste ad un notevole sviluppo
di giornali e pubblicazioni, anche in relazione all’aumento dell’alfabetizzazione; poi viene inventata
la radio e tutto ciò appare all’uomo dell’epoca esclusivamente positivo. Al contrario Huxley
ipotizza già l’uso di questi mezzi in negativo, tesi cioé a raggiungere determinati fini utili
esclusivamente a chi gestisce gli stessi mezzi. E non si tratta solo dei mezzi di comunicazione,
esempio macroscopico di come si possa influenzare un’intera popolazione, ma anche dei
progressi nel campo industriale, che possono essere utilizzati o meno, esclusivamente guardando
all’interesse di chi detiene il potere. In Brave New World assistiamo al colloquio finale tra il
Selvaggio e il Controllore Mustapha Mond in cui quest’ultimo dice: “L’ufficio invenzioni rigurgita
di progetti per risparmiare la mano d’opera. Ce n’é migliaia. E perché non li mettiamo in
esecuzione? Per il bene dei lavoratori; sarebbe pura crudeltà infligger loro un riposo
eccessivo...del resto noi pensiamo alla nostra stabilità, non vogliamo cambiamenti...”. Si era,
infatti, tentato sperimentalmente di diminuire l’orario lavorativo, ma l’unico risultato concreto era
stato un aumento di disordini e di tumulti e un corrispettivo aumento del consumo di soma, la
droga sintetica dai molteplici effetti che il Governo del Mondo Nuovo distribuisce ai sudditi con
regolarità.

Lo sviluppo dei mezzi di comunicazione, quello tecnico, quello medico, non sono positivi in sé
stessi, sostiene Huxley, possono esserlo solo se utilizzati bene. Possono essere estremamente
negativi se utilizzati contro l’interesse dell’uomo. Il primo passo nella difesa della libertà è
costituito dall’insegnamento nelle scuole del senso critico. Ma chi é che decide i programmi
scolastici che dovrebbero comprendere anche “l’educazione contro la propaganda”? Il cerchio si
chiude ed é difficile uscirne. La cosa fondamentale é essere aperti, liberi di spirito ed ironici,
sembra sostenere Huxley, poiché non ci si può affidare ad altre persone quando é in gioco la
propria libertà personale. Ci sarebbero degli antidoti contro la minaccia di schiavitù intellettuale
che si sta profilando, ma dovrebbe distribuirli proprio l’entità che più ha interesse ad accrescere il
proprio potere sugli uomini liberi: lo Stato. Allora non si può contare che su sé stessi e su
quell’unica parte di cui nessuno può impossessarsi: la propria anima. In Island vedremo come,
rinnegando ogni tipo di religione e di religiosità, di dogma politico e di credenza, si possa
ricostruire il bagaglio spirituale e religioso personale. E’ il tema delle pubblicazioni di Krishnamurti,
amico personale di Huxley e della moglie Laura, che gli é sempre stata vicina nella ricerca
spirituale e nel cammino verso una maggiore consapevolezza.

Tornando al 1931, anno di redazione di questa distopia, rileviamo che in Crome Yellow (1921)
Huxley anticipa l’idea un Governo Razionale che ricalca in molte parti quello che sarà poi il
Mondo Nuovo.

Perché, allora, passano ben 10 anni tra questa anticipazione e Brave New World ? Si può solo
supporre che in quest’intervallo l’avvento delle dittature e certi sviluppi tecnici colpirono Huxley e
gli consentirono di maturare un’immagine chiara e concreta di quello che sarebbe potuto
accadere. A partire dalla riconversione industriale che seguì la prima guerra mondiale fino allo
scoppio della seconda, si assistette ad un’accelerazione notevole dello sviluppo tecnologico, e
questo fattore probabilmente colpì non poco l’autore. Inoltre per la prima volta nell’Europa
moderna si assisteva all’ascesa di dittatori che grazie a mezzi di comunicazione come i giornali, al
cambiamento dei programmi scolastici, all’eliminazione di avversari politici, alla censura e a
innumerevoli altri subdoli o violenti mezzi, rafforzavano il proprio potere e limitavano la libertà
delle persone col loro stesso appoggio!

Questo aspetto paradossale ma reale é quello che Huxley mette bene in luce nel suo romanzo,
cioé che a sostenere un governo oppressivo e non liberale è lo stesso popolo soggetto ai suoi
controlli soffocanti. Per essere coscienti della propria libertà politica occorre essere innanzitutto
coscienti di sé stessi. Da ciò si arriverà spontaneamente alla consapevolezza di quello che ci
circonda.

In Brave New World l’autore non fornisce alcuna soluzione ai problemi che mette in risalto,
presenta solo in maniera verosimile quello che sarebbe potuto essere uno scenario futuro della vita
umana. Le soluzioni ad una situazione complessa come quella evidenziata non sono né le riforme
né l’educazione, poiché coprono un ambito troppo limitato. Occorre un cambiamento di mentalità
e di etica profondo e deciso, che possa supportare riforme e cambiamenti pratici di leggi e
regolamenti. Questo complesso progetto di riforme viene dettagliatamente spiegato in Ends and
Means, un saggio del 1937, e successivamente corretto in qualche parte in Brave New World
Revisited del 1958. Il risultato dell’applicazione di tutte le riforme che Huxley immagina é
descritto in Island, che rappresenta anche, a mio parere, la sua opera più complessa.
Nell’epigrafe che Huxley presenta in apertura di Brave New World, Nicola Berdjaev sintetizza la
preoccupazione dell’autore: “Le utopie appaiono oggi assai più realizzabili di quanto non si
credesse un tempo. E noi ci troviamo attualmente davanti ad una questione ben più angosciosa:
come evitare la loro realizzazione definitiva?”.

Bisogna evitare in tutti i modi che l’uomo, credendo in buona fede di avanzare verso un progresso
positivo, crei con le proprie mani un potere forte e intoccabile perché impalpabile e insito
inconsapevolmente dentro di noi. Se attraverso l’educazione e la propaganda il potere costituito
riesce a far accettare per vero e a non mettere in discussione qualche elemento costitutivo dei suoi
poteri accentrati, sarà inutile qualsiasi tipo di lotta. Dopo 30 anni di evoluzione, tanto intercorre
dalla redazione del Brave New World a quella di Island, finalmente Huxley riesce a trovare una
risposta soddisfacente a questo problema, spostando il punto di partenza del cambiamento, dalla
politica e dalle riforme al cambiamento interiore; buttandosi sulla spiritualità, ma restando
lontano dalla religione. Anche, e soprattutto questa, infatti, giocando sul ruolo di consolatrice
dell’animo umano, può facilmente diventare uno strumento del potere politico. Io ritengo che sia
necessario analizzare approfonditamente Island e cercare al suo interno quelle che l’autore indica
come soluzioni ai pericoli e ai problemi che affliggono il nostro mondo “capitalista, commerciale,
guerrafondaio e impietoso”. Come in Hermann Hesse anche in Aldous Huxley c’è la
consapevolezza dell’ambiguità e dell’incertezza di cui è prigioniero l’uomo: attratto dai piaceri fisici
ed estetici legati alla sua esistenza terrena e da quelli spirituali. Huxley tenta di trovare una
soluzione a questo dilemma e a far coesistere entrambi gli aspetti nelle persone, superando le
differenze che per Hesse erano incolmabili, avendo lui supposto la percorrenza o del cammino
spirituale (Narciso) o, in alternativa, di quello fisico, pratico, corporeo ed estetico (Boccadoro).
Alla fine i due amici si rincontrano e ci si accorge che nessuno dei due ha commesso un errore,
semplicemente ognuno ha seguito la sua strada, rispettando quella dell’altro. E mentre nel
Siddharta Hesse ipotizzava di cominciare a prendere coscienza del proprio corpo e della realtà
per approdare alla consapevolezza spirituale in un secondo tempo, Huxley guarda alla continua
convivenza dei due aspetti nella quotidianità.

L’autore ci fa riflettere sul fatto chel’uomo ha nell’ironia uno strumento essenziale per mantenere il
proprio senso critico al di fuori dai condizionamenti. In quella che sarà la sua ultima opera, l’ironia
quasi scompare, come se l’autore avesse avuto fretta di scrivere quanto più poteva prima di
morire per indirizzare l’uomo con precisione verso la salvezza spirituale. Non c’era più tempo per
scherzare, Huxley probabilmente sentiva la morte che si avvicinava (sarebbe morto dopo un anno)
e si era imposto di descrivere dettagliatamente la strada che lui e sua moglie avevano individuato e
che consideravano una valida opportunità per operare un cambiamento profondo sulla realtà
quotidiana del vivere.

Brave New World é ambientato in un immaginario Stato totalitario del futuro, pianificato nel nome
del razionalismo produttivistico, qui simboleggiato dal culto di Ford. I cittadini di questa società
non sono oppressi dalla guerra né dalle malattie e possono accedere liberamente a ogni piacere
materiale. Affinché si mantenga questo equilibrio, però, gli abitanti vengono concepiti e prodotti
industrialmente in provetta sotto il costante controllo di ingegneri genetici. Durante l'infanzia
vengono condizionati con la tecnologia e con le droghe e da adulti occupano ruoli sociali
prestabiliti secondo il livello di nascita.

L'equilibrio si spezza quando John, un giovane cresciuto in una società più primitiva, entra in
contatto con questa società "perfetta". La sua ribellione contro la massificazione però é destinata a
fallire.

Nel Mondo Nuovo il Selvaggio John, proveniente dal mondo altro di una riserva indiana, utilizza
come strumento di comunicazione ampi frammenti delle opere di Shakespeare che, riesumate
dalla tomba in cui il regime le ha confinate, finiscono per porsi come una vera e propria lingua
straniera, che mette in luce le differenze fondamentali tra il mondo "vecchio" e quello di Ford. A
causa dell'isolamento fisico dal Mondo Nuovo e di quello sociale tra gli Indios, ostracizzato
perché figlio di Linda, una donna ex Beta che si era persa nella riserva durante una gita, il
Selvaggio cresce facendo coesistere dentro di sé due linguaggi: quello “pneumatico” (così Huxley
definisce tutto ciò che riguarda questa civiltà artificiale) della madre, e quello tradizionale degli
indiani. Si tratta quindi di un personaggio diviso tra due mondi, ma non inserito in nessuno dei due:
rifiutato da quello indio per la sua diversità; ignaro della realtà del mondo pneumatico, per
l'impossibilità di uscire dalla riserva. Questa viene mantenuta dal Mondo Nuovo come luogo nel
quale cercare di tanto in tanto una conferma delle scelte politiche operate ed una riconferma della
bontà degli effetti delle varie politiche sociali e genetiche e della propria bellezza estetica
artificiale.

E' evidente che Huxley istituisce una sorta di processo a carico di una tecnologia senz'anima e
mette in guardia l'uomo del XX° secolo dalle perversioni che possono nascere da una cieca fede
nel "dio progresso".

John trova nelle opere di Shakespeare, che egli divora e manda a memoria, lo strumento per la
messa a punto di un linguaggio privato che sottolinea la sua diversità e la sua superiorità, ma egli si
trova nell'impossibilità di poter comunicare per la mancanza di interlocutori che possano
comprendere. Nella prefazione di Huxley all'edizione di Brave New World Revisited del 1958,
l'autore si rammarica di aver offerto a John due sole, estreme alternative: "un'insana vita in Utopia,
o la vita primitiva in un villaggio indiano". Ma é proprio da questa trappola senza uscita del
Selvaggio che nasce il pathos del racconto e che ci si può rendere conto appieno della follia del
Mondo Nuovo descritto dall'autore. Nei dialoghi tra John, uscito dalla riserva e catapultato nel
mondo di Ford, e il Governatore Mondiale, assistiamo a quello che a mio parere é l'aspetto più
inquietante della realtà del mondo di Ford: Mustapha Mond sovrasta il Selvaggio per quanto
riguarda la conoscenza dei classici ( e nonostante il fatto che i libri fossero vietati e che nessuno li
potesse trovare) , dimostrando che la cosa dalla quale l'uomo deve guardarsi é la stessa
intelligenza umana scatenata contro l'umanità. Fondamentale a questo proposito, é il dialogo finale
tra il Selvaggio e il Governatore Mondiale in cui quest’ultimo, davanti allo smascheramento da
parte di John della filosofia folle che sta alla base del Mondo Nuovo, argomenta in modo
impeccabile e con perfetta logica la bontà del sistema e la scelta dolorosa ma necessaria tra libertà
e felicità, la necessità di ridurre il gruppo a branco indifferenziato e il fondarsi sull'ossessione
capitalistica e sul nirvana chimico, il tutto basandosi, cambiandoli deliberatamente, sui messaggi di
libertà, individualismo e amore dei testi di Shakespeare.

Dai dialoghi tra i personaggi e il Selvaggio, emerge chiaramente che al mondo di passioni
individuali racchiuso nelle opere di Shakespeare, il Mondo Nuovo non é in grado di opporre
nulla. L'inconsistenza dei discorsi di queste "anime pneumatiche" e la loro assoluta mancanza di
idee e di volontà personale trovano le loro certezze in due cose, fondamentalmente: nel soma (la
droga che fa passare ogni forma di malessere fisico e mentale) e negli slogan che si ripetono
senza sosta, mezzo per celebrare l'idiozia del popolo. Gli slogan ripetuti sovente nel testo sono il
corrispondente dei condizionamenti prenatali subiti in vitro ed il risultato di un martellamento
pubblicitario assurto a pratica pedagogica per eccellenza. Huxley intende far risaltare quel
processo di massificazione dell'uomo accettato dai più quale prezzo da pagare per una società
prospera e sicura. Il carattere del Mondo Nuovo come distopia anche linguistica, come nota
Stefano Manferlotti, é ulteriormente ribadito dalla povertà creativa che segna i tentativi poetici di
Helmholtz Watson, unico possibile omologo moderno del Selvaggio. La sua poesia sulla
solitudine, che egli recita pieno di speranza a John, é infatti un repertorio di luoghi retorici desueti
dove il vuoto delle forme é letteralmente riempito dai seni e dai deretani di improbabili Ninfe:

...assenza, dico, di Susanna

l'assenza di Egeria

delle loro braccia e rispettivi seni,

labbra e, ah, deretani...

E' facile per John opporre i versi di Shakespeare e lasciare senza fiato il povero Helmholtz, ma
quando la citazione arriva a nominare padri, madri e morte (parole vietate nel mondo di Ford),
questi non riesce a trattenersi e scoppia in una fragorosa risata che simboleggia la sconfitta del
vecchio mondo e, soprattutto, della letteratura. Nella terra degli Alfa e dei Beta, la distruzione
pianificata della libera emotività (di quella individuale, almeno, essendo quella collettiva gestita
dall'alto), degli oggetti concreti che possano attrarre la speculazione poetica e dei segni linguistici
che possano darle forma, fa terra bruciata attorno al potenziale poeta. Il Selvaggio, alla fine,
comprende che la resistenza é vana e preferisce isolarsi e tentare di ritornare al mondo della
riserva ricostruendolo in un faro abbandonato, dove alla fine, frustrato dalla continua presenza di
curiosi e di giornalisti, si impiccherà. Ormai non parlava più per citazioni shakespiriane ma con il
suo dialetto indio sconosciuto a tutti, a simbolo della incolmabile cesura tra mondo nuovo e
vecchio. Brave New World é l’opera forse più famosa e più letta nel mondo di Aldous Huxley. E’
una distopia acuta, che vuole dare un’immagine di come sarebbe diventato il mondo dopo 600
anni di evoluzione sulla strada imboccata dopo la seconda rivoluzione indutriale. Se da un lato é
sicuramente positivo che questo importante libro sia conosciuto e diffuso, resta il rammarico che
Island, il romanzo che é costato più fatica all’autore, e che rappresenta il punto di arrivo del suo
cammino filosofico, spirituale e politico, non sia conosciuto come Brave New World. Questo
romanzo assume ancora più rilevanza se posto in relazione ad Island perché evidenzia la
complessa evoluzione interiore di Huxley attraverso momenti di scoraggiamento per la sorte
dell’umana natura portata inevitabilmente all’autodistruzione, momenti di ottimismo dati
dall’introduzione dell’importante tema spirituale, momenti di entusiasmo in cui espone ipotesi di
riforma sociale razionali e promettenti. Il riferimento costante alle droghe, che verrà affrontato nel
cap. III, ha dato adito a numerosi fraintendimenti e ha consentito alla critica di isolare l’autore e di
evitare così il confronto con temi scottanti quali la critica all’educazione, alla politica sociale e alla
religione che soprattutto negli Stati Uniti, a parere di Huxley, andavano contro il reale benessere
politico, sociale e spirituale dell’uomo. Parlo di “isolamento” subito dall’autore anche supportato
dal fatto che secondo la biografia di Sybille Bedford, non gli fu mai possibile prendere la
cittadinanza americana proprio a causa della forza della sua critica sociale ai danni degli Stati
Uniti, che lui riteneva specchio di quello che sarebbe diventata l’Europa con un ritardo di dieci
anni. Non si dimentichi che era periodo di Maccartismo e di regime ultra conservatore anche in
America. L’amicizia, poi, con intellettuali dirompenti e contestatori come Thimothy Leary,
sicuramente non era ben vista. Ironia nell’ironia, critica nella critica, anche il fatto che Mustapha
Mond sia vincente nella sua difesa del Mondo Nuovo rispetto all’opposizione del Selvaggio
costituisce una critica alla razionalità cieca applicata ad un campo vasto come quello della vita
umana. E’ folle, ma al tempo stesso logico, che la razionalità estrema sia in grado di giustificare la
schiavitù mentale dei cittadini, in nome della pace e della felicità. Dopo Brave New World Huxley
comincia a produrre opere in cui la spiritualità e la religione cominciano a prendere più
importanza, a dimostrazione del fatto che ritiene importante bilanciare quelle che sono le esigenze
fisiche e pratiche dell’uomo con quelle spirituali. In Island l’autore difenderà la possibilità per
l’uomo di continuare ad essere completamente libero e, al tempo stesso, di non generare
un’anarchia. Si aprirà però un nuovo problema: in una società in cui la libertà é sacra ed è tutelata
fortemente, anche la libertà di essere incoerenti e di lottare contro il sistema viene difesa,
provocando così non pochi problemi. E' convinzione di Huxley che tutto lo sviluppo occidentale
moderno abbia arrecato un continuo peggioramento delle condizioni sociali e politiche e che
questo sia stato provocato da una cieca fiducia negli esiti invariabilmente positivi del "dio"
progresso. L’autore indica le colpe di questo andamento in modo assolutamente imparziale.
Progressisti e conservatori, radicali e reazionari, socialisti e capitalisti: tutti hanno contribuito al
disastro in maniera pressoché uguale. Indicativo, a questo proposito, il fatto che Huxley dia ai suoi
personaggi nomi che simboleggiano le figure che più lo disturbano. Insieme costituiscono
un'accusa globale al pensiero e ai risultati del mondo occidentale a partire dall'illuminismo.

La sinistra si prende una reprimenda nel nome dei personaggi di PollyTrotsky, Sarojini Engels,
Herbert Bakunin, Lenina Crowne e Bernardo Marx. Per Huxley, infatti, "socialismo e marxismo,
ultime varianti del razionalismo scientifico", si distinguevano da altre tendenze solo per maggiore
arroganza e fanatismo, un giudizio che la rivoluzione russa e il nuovo Stato sovietico non avevano
fatto nulla per smentire. Naturalmente anche i dittatori di destra e i grandi capitalisti vengono presi
di mira, ad esempio in Benito Hoover e Morgana Rotschild. La tecnologia riceve la sua parte di
critica in Johanna Diesel e Clara Deterding , e la scienza riceve la sua in Darwin Bonaparte,
Bernard Marx e Helmholtz Watson. Watson, tra l'altro, richiama il fondatore del
comportamentismo in psicologia e, come tale, influenza chiave nella nuova società. Benito Hoover
alza il tiro verso l'incubo ad aria condizionata: quel rendere la vita sempre più agevole, spensierata
e fisicamente confortevole attraverso l'incessante ricerca di sistemi per il risparmio di manodopera.
E' in Island che Huxley esprime chiaramente quale dovrebbe essere la ripartizione del lavoro per
gli uomini: tutti, classi dirigenti comprese, dovrebbero fare anche del lavoro manuale, e
dovrebbero variarlo regolarmente per non essere insoddisfatti. Questo provoca sì una diminuzione
dell'abilità manuale di ogni lavoratore, ma impedisce che si possa essere resi schiavi dal lavoro.
Un ruolo particolare é riservato a Mustapha Mond. Il suo nome non gioca solo sul fatto che é uno
dei dieci Controllori del Mondo Nuovo, ma allude indirettamente al nazionalismo rappresentato
da Atarturk e, cosa ancor più significativa, si riferisce ad Alfred Mond (poi Lord Melchett),
fondatore e presidente dinamico del gruppo chimico ICI. Mond rappresenta i nuovi giganteschi
conglomerati che iniziavano a dominare il mondo dell'industria; scelta particolarmente felice non
solo in quanto Mond faceva parte della nuova stirpe di industriali scienziati, ma perché sia la
destra che la sinistra salutavano con entusiasmo questi conglomerati come l'ultima e più avanzata
forma organizzativa del mondo moderno: la destra perché costituivano un passo verso la
"razionalizzazione" e la sinistra perché erano a metà strada verso la nazionalizzazione. In Brave
New World il posto d'onore, comunque, tocca a Ford, ossia Henry Ford, "questo missionario
asceta e santo" innalzato a venerata divinità della società futura.

Huxley sottolinea due aspetti: isola il fordismo come ideologia e pratica centrale che ingloba tutte
le tendenze più disumane della società scientifico industriale ed evidenzia che é l'America, in
qualità di genitrice nonché di più sistematica praticante del fordismo , che finora si é
maggiormente inoltrata sulla via della dannazione.

"Il fordismo, o filosofia dell'industrialismo, (...) richiede il sacrificio della parte animale dell'uomo
(ma anche dell'uomo spirituale e pensante) (...) alla macchina. Nelle fabbriche odierne, e
specialmente in quell'enorme fabbrica moderna che é il mondo industrializzato, non c'é posto né
per l'animale, da una parte, né per l'artista o il mistico, insomma, per l'individuo, dall'altra. Di tutte
le religioni ascetiche il fordismo é quello che richiede le più crudeli mutilazioni della psiche umana
ed é più svantaggioso nei termini della ricompensa spirituale. Se praticato rigorosamente, tra
qualche generazione questa tremenda religione della macchina finirà col distruggere la razza
umana". Il fordismo era nato negli Stati Uniti quando Henry Ford riorganizzò la produzione della
celebre automobile "modello T", che aveva avuto un enorme successo commerciale, inventando la
catena di montaggio, un nastro continuo su cui passavano i pezzi e gli operai, restando fermi alla
loro postazione, potevano assemblarli. Questo nastro continuo, in quanto emblema della civiltà
occidentale, era stato il bersaglio di Charlie Chaplin nella satira del film Tempi Moderni e
probabilmente l'inizio di Brave New World non é una pura coincidenza. Il direttore
dell'Incubatrice e del Centro di Condizionamento mostra l'impianto ad un gruppo di studenti,
consentendo al lettore di entrare subito nel vivo di questa società incredibile progettata dall'autore.
"Su di un nastro in lento movimento una specie di rastrelliera carica di provette stava entrando in
una grande cassa metallica (...)". Il romanzo si apre con la descrizione della produzione a catena
non di beni, ma di esseri umani! Come dice il direttore, "é il principio della produzione di massa
finalmente applicato alla biologia." In questa strana e terribile realtà la vita umana é prodotta
artificialmente in provetta. Gli embrioni sono messi in provette, etichettati e passati alla stanza di
predestinazione sociale, dove, secondo la richiesta sociale corrente, vengono trattati chimicamente
e condizionati psicologicamente in modo da dar luogo ai futuri Alfa, Beta o a membri di caste
inferiori. Dopo la nascita vengono inviati nelle stanze di condizionamento neo - pavloviano, dove il
loro condizionamento biologico é messo a punto e completato con un ulteriore trattamento
intensivo sociale e psicologico. L'intera operazione é condotta con la facilità e la precisione
automatica della fabbrica moderna. Non era indispensabile, ovviamente, che Huxley andasse in
America per vedere il fordismo in azione. Tuttavia la sua prima visita negli Stati Uniti nel 1926, per
quanto breve, aveva lasciato in lui un'impressione indelebile: visitò Los Angeles, "la grande città
della gioia dell'ovest", dove si rese conto che l'America non era la brutta copia della vecchia
Europa ma, al contrario, rappresentava l'immagine del suo stesso futuro. In un articolo scritto per
l'“Harper Magazine”, ad un anno dal suo rientro dagli Stati Uniti, Huxley notava: "Il futuro
dell'America é il futuro del mondo. Le circostanze materiali spingono tutte le nazioni nella stessa
direzione dell'America. (...) Nel bene e nel male, sembra che il mondo debba americanizzarsi.
L'America non é unica, é semplicemente in testa nella strada intrapresa dalla gente di ogni nazione
e di ogni continente; discutendo il futuro degli Stati Uniti, discutiamo il futuro dell'uomo civilizzato".
L'attenzione su questo paese come emblema del futuro dell'uomo indicava anche che ogni profezia
deve basarsi ampiamente sullo studio del presente: "il futuro é una proiezione del presente", e
riguardo agli utopisti, Huxley afferma: "gli utopisti sono troppo presi dal futuro per occuparsi del
presente".

L’autore teme, da parte di chi gestisce il potere, l'abuso della promessa di un futuro migliore per
far sopportare meglio il presente. In Brave New World la sua analisi é portata a dimostrare che la
democrazia é una vera e propria frode, basata sulla premessa scientificamente infondata che gli
uomini nascono uguali per intelligenza e abilità. "Questa convinzione, essenzialmente prodotto
dell'illuminismo del diciottesimo secolo, aveva portato alla fede parimenti infondata nel potere
dell'ambiente e dell'istruzione di "livellare" le diseguaglianze causate da una diversa provenienza
sociale. L'ineguaglianza umana era un fatto naturale, il risultato di differenze ereditarie di
intelligenza e capacità". E continua dicendo che "...non esiste alcun valido motivo per supporre
che con uno scambio di istruzione i due bambini che divennero rispettivamente Shakespeare e lo
scemo di Stratford avrebbero potuto scambiarsi quelli che sarebbero stati i loro futuri ruoli". Da
queste argomentazioni emerge, secondo Kumar, la figura di un Huxley elitario, certamente più
chiuso rispetto a quello di Island, in cui uno dei punti cardine era quello di consentire a tutti,
ognuno attraverso il percorso a lui più adeguato, il raggiungimento della conoscenza spirituale. Ma
la preoccupazione principale di questo periodo era ancora quella del potere e della sua gestione.
Sempre nei Proper Studies Huxley sostiene che "oligarchi plutocrati aspirano a dominare, con la
copertura delle istituzioni democratiche, impersonalmente e senza responsabilità". L'autore sembra
(provocatoriamente?) non apprezzare il suffragio universale da poco introdotto in Inghilterra
(1919), perché ai suoi occhi uomini e donne erano per lo più ignoranti di politica e non se ne
interessavano affatto, se non nelle rare occasioni in cui interferiva direttamente con la loro vita
quotidiana. Di conseguenza erano giunti al potere demagoghi e truffatori politici, dando un potere
enorme a pubblicitari e a proprietari di giornali. Sempre nei Proper Studies Huxley dice che "il
bambino che viene esposto ad un eccesso di insegnamento, sarà il padre del lettore di giornali,
seguace della pubblicità, ingoiatore di propaganda e dominato dai demagoghi, cioé l'uomo grazie
al quale la democrazia si trasforma in quella farsa che é". Per l'istruzione moderna, sottolinea
Krishan Kumar, la necessità di produrre abilità socialmente utili e di instillare quelle qualità che
vengono ritenute indispensabili al successo nel mondo moderno era diventata un'ossessione. Ma
che tipo di uomo aveva creato? Un uomo passivo ed obbediente, aperto alle influenze dei
propagandisti perché privo di spirito critico. Questa enfasi sul "buon cittadino", nel senso più
limitato del termine, diede luogo a personalità ad una dimensione, incapaci di gestire tanto la
propria vita individuale che quella sociale: "Quando gli uomini sono allevati con la finalità di farne
cittadini e nient'altro, prima di tutto diventano uomini imperfetti e in secondo luogo saranno anche
carenti come cittadini.(...) Abbiamo cercato di produrre buoni cittadini per gli Stati altamente
organizzati e industrializzati e siamo solo riusciti a ricavarne una messe di specialisti, che sono dei
pessimi cittadini proprio a causa dell'insoddisfazione per la completezza negata". Già nel 1927
Huxley ha le idee chiare su cosa deve dare un'educazione e sul pericolo di specializzare troppo gli
studenti. L'America e il fordismo erano, secondo Huxley, alla base di questo processo che
portava alla perversione della società e delle personalità moderne. Nonostante questo, non nega i
benefici reali dell'idustrializzazione, non é un luddista. Semplicemente si trova impotente di fronte
ad un cambiamento della società che non arreca nessun vantaggio all'uomo, nel senso che lo lancia
nella mischia della vita costringendolo a mettersi in competizione con i suoi compagni: "la
razionalizzazione ha portato alla sovrapproduzione che, a sua volta, richiede un consumismo di
compensazione. Le necessità economiche diventano pertanto facilmente e rapidamente virtù
morali e il primo dovere del consumatore moderno é consumare, non poco, come nell'era
pre-industriale ma molto, e continuare a consumare sempre di più. L'ascetismo non ha più il diritto
di cittadinanza, mentre l'eccessiva autogratificazione é diventata una virtù sociale".

Huxley, ribadisco, non é conservatore, legato al passato e suo difensore a tutti i costi, ma di fronte
a cambiamenti radicali di questa portata, che non seminano nell'animo dell'uomo nulla di
costruttivo, non può non preoccuparsi. Egli é doppiamente spaventato, poiché questa
massificazione, questo abbassamento del livello morale e questa standardizzazione dei gusti al
livello minimo non sono limitati alle masse. Infatti questo processo compromette radicalmente la
capacità e la possibilità della minoranza colta di perseguire le cose migliori della vita. Huxley vede
nel progresso della civiltà industriale la legge dei profitti decrescenti; sempre in Music at Night
sostiene che "esperienze che erano preziose quando erano appannaggio di pochi,
automaticamente cessano di esserlo quando sono a disposizione di molti". "L'istruzione, una volta
generalizzata, non solo si rivela deludente per chi é incapace di apprezzarne l'intrinseca
ricompensa, ma diventa socialmente non remunerativa, poiché quello che hanno tutti perde valore
o distinzione". La filosofia del fordismo, il principio della riproduzione meccanica, domina così
chiaramente la società industriale che i suoi effetti sono visibili nell'arte, nella morale e nella
politica, oltre che nel più ovvio ambito dell'economia.

Huxley non é contrario al progresso, ripeto, ma alla natura della rinuncia che si é costretti a fare in
cambio di questo. La perdita di valori importanti, che lui ritiene persi irrimediabilmente, lo colpisce
e lo fa schierare in difesa dell'individuo e della sua unicità. L'arrivo della standardizzazione e della
massificazione lo inquieta non poco; anche se vedremo che poi supererà questo momento buio
gettandosi nella ricerca interiore, personale, unico campo in cui ognuno é solo con sé stesso, non
sottoposto a nessun procedimento di standardizzazione e di massificazione e libero di procedere
secondo le sue preferenze.

Possiamo vedere in questo suo momento di crisi e di rabbia, la spinta che lo porterà ad
approfondire i temi spirituali, fino a testare le droghe allucinogene, che amplificano, se così si può
dire, l'esperienza personale interiore. Huxley aveva intravisto il danno prodotto dalle tecniche più
avanzate e dalle menti più colte del mondo moderno, e, spaventato, divenne profeta intransigente
e produsse in Brave New World quella che Isaiah Berlin ha chiamato "l'espressione moderna
certamente più influente della delusione per un progresso puramente tecnologico".

In ogni caso, la critica sociale contenuta nei suoi saggi deriva da fonti di tradizione conservatrice.
Non si tratta della "tradizione Tory", ma di quel filone di critica culturale che "da Coleridge a F. R.
Leavis, ha usato il passato, in qualche modo idealizzato, come punto di riferimento per giudicare il
presente". E in questi saggi la voce e i modi di Huxley sono spesso quelli del più influente di questi
critici, il suo prozio Matthew Arnold. La preoccupazione é la stessa: la preservazione del meglio
dalla minaccia al gusto e, al livello culturale, l'insorgenza della civiltà della meccanizzazione di
massa. Gli scritti giovanili di Huxley fino a Brave New World, lo mettono in luce come un
sostenitore del governo di un'oligarchia illuminata, di una nuova aristocrazia dell'intelligenza.

Per esempio in Crome Yellow, del 1921, questa proposta di governo affiora, sebbene
scherzosamente. E' infatti, il signor Scogan a descrivere in toni provocatori la fondazione di uno
"Stato Razionale".

Il fatto che questa descrizione sia stata messa in bocca ad un grottesco razionalista ci dà la
conferma che per l'autore si tratta solo di un’espressione ironica e non della volontà di perseguire
un progetto del genere. "Lo Stato ideale é quello in cui esiste una democrazia materiale controllata
da un'aristocrazia intellettuale, uno Stato in cui a uomini e a donne sia garantita un'esistenza
decente e sia data a tutti la possibilità di sviluppare i propri talenti individuali, e dove i più dotati
siano al potere." Pochi, a parere di Huxley, sono in grado di gestire sé stessi, e in ogni caso é un
grave errore supporre che la maggioranza voglia farlo. Questa illusione dei democratici, tradotta in
azione, porterebbe all'anarchia sociale. Nelle parole di Mustapha Mond, Huxley intona: "gli Stati
funzionano senza troppe difficoltà, perché la maggior parte della popolazione non é molto
intelligente, teme le responsabilità, e desidera che qualcun altro decida per lei. A condizione che i
governanti non interferiscano con il suo benessere materiale e con le sue convinzioni più radicate,
la gente é felicissima di essere governata".

Alla luce di queste affermazioni, Krishan Kumar sostiene che "con questo credo “machiavellico”,
Huxley ha esposto la filosofia fondamentale di Brave New World. Su questa base, avrebbe
potuto presentarlo come utopia “neo - platonica” piuttosto che come anti - utopia". E' molto
interessante però notare come l'utopia di Huxley si trasformi sotto i suoi stessi occhi in anti-utopia
e come lo spinga a cambiare posizione. Infatti l'aristocrazia dell'intelletto diventa la norma per i
Controllori del Mondo Nuovo, e l'autore sosterrà un tipo di utopia non più, per così dire,
oligarchico, bensì anarchico in Island, proprio a dimostrazione del fatto che chiunque detenga il
potere viene in qualche modo corrotto e se ne appropria in maniera esclusivistica ed egoista. Il
modello di Island é stato definito da Huxley come "anarchico - confederativo" ed effettivamente é
profondamente diverso da quello del romanzo del 1932. I motivi che secondo Kumar, spinsero
Huxley a rivedere le sue “posizioni elitarie” non sono sicuri e sono soggetti a supposizioni. Passa
dalla difesa di un’aristocrazia illuminata alla guida di una società ottusa, al monito che la stessa
aristocrazia abbia in sé i germi della sua fine. Tra tutti i commentatori di Huxley esclusivamente
Krishan Kumar non ignora questo aspetto dell'evoluzione dello scrittore, e si spinge a ipotizzare
che un'esperienza vissuta in Italia lo abbia spinto a cambiare posizione. Kumar, infatti, spiega che
durante l'affermazione del movimento fascista in Italia, Huxley, come molti altri intellettuali,
inizialmente acclamò. Egli visse in Italia per gran parte degli anni '20 e così ebbe l'occasione di
essere testimone diretto degli avvenimenti dell'epoca. Sembra che il suo mutamento d'opinione sia
stato anche provocato da un episodio particolare: l'irruzione di quattro teppisti fascisti in casa sua.
Di lì a poco, infatti, prese la decisione di lasciare definitivamente l'Italia e finì col denunciare il
fascismo. Non é chiaro, però, cosa intenda Kumar per “elitarismo”: tutte le istituzioni politiche di
governo, infatti, si fondano sul principio che una parte ristretta di persone debba governare,
possibilmente quella migliore. Questo non é elitarismo, é la logica di ogni sistema di governo
democratico. Bisogna fare in modo che i migliori possano provenire anche dalle classi inferiori,
questo sì, ma l’elitarismo cui Kumar fa riferimento ha i contorni sfumati e rischia di confondere le
idee sulla posizione di Huxley, invece che di chiarirle. Ho contattato personalmente Krishan
Kumar per approfondire direttamente con lui il tema di questo elitarismo, ma questi, dopo aver
inizialmente acconsentito ad aiutarmi, alla mia domanda diretta su cosa intendesse indicare con
questo termine, ha risposto di non avere nulla da aggiungere a quello che aveva scritto nel suo
libro e che non intendeva discuterne, dopodiché non mi è stato più possibile contattarlo. A mio
parere, comunque, il termine “snobismo intellettuale” può definire con più precisione quello che
intende Kumar col termine “elitarismo”.

Riguardo l’anarchismo di Island, invece, sussistono pochi dubbi poiché é Huxley stesso che
definisce le istituzioni di Pala basate su un modello “anarchico confederativo”. Non riesco a
comprendere come Kumar possa trovare ambigua l’ironia dell’autore in Crome Yellow quando,
ad esempio, si parla di uno Stato retto esclusivamente da intellettuali; oppure quando il signor
Scogan dice :”Ci vuole una classe i cui membri possano pensare e, nei limiti del possibile, fare
quel che piace loro...come in una Riserva...Dopo la rivoluzione sociale non ci saran più
Riserve...”. Effettivamente, da questa e altre frasi, si potrebbe pensare che Huxley parli attraverso
il suo personaggio, poiché egli considerava realmente preoccupante l’eventualità di una rivoluzione
sociale comunista, ma bisogna anche vedere a quale personaggio Huxley ha messo in bocca
queste frasi: al signor Scogan, caricatura del politilogo illuminato e che si crede un gran pensatore,
mentre la realtà é del tutto opposta. Sicuramente l’autore era già preoccupato dell’eventualità di
una società come quella che poi descrisse in Brave New World ed era sgomento di fronte
all’atteggiamento dell’aristocrazia intellettuale. Questa classe invece che prestare attenzione e
porsi come tutore per non far cadere il mondo in un incubo tale, si trovava, invece a propugnarlo
preferendo una schiavitù intellettuale che consentisse il mantenimento dei suoi privilegi ad una
schiavitù totale comunista.

E’ sempre il signor Scogan a parlare: “Se lei vuole che gli uomini agiscano ragionevolmente,
biso

CAPITOLO II LA PRODUZIONE SAGGISTICA di ALDOUS HUXLEY INDICE

Aldous Huxley ha completato l'esposizione delle sue idee e teorie in una vasta produzione di opere saggistiche. Sono, a parer mio, due le opere più significative per la completezza della trattazione: Ends and Means del 1937 e Brave New World Revisited del 1958 e su queste mi soffermerò in questa parte del mio lavoro. Nei vent'anni che separano la stesura delle due opere si verificano notevoli cambiamenti nelle idee dell'autore, e dal confronto tra i due saggi emergeranno spunti di notevole interesse. Gran parte degli autori di testi utopisti hanno sentito la necessità di esprimere compiutamente le proprie idee anche attraverso dei saggi, essendo consapevoli che qualche romanzo e addirittura una sola opera utopista non può valere da spiegazione completa ed esauriente di teorie sociali e morali.  

Inoltre, quando il paradosso e l’ironia sono i mezzi usati dall’autore per criticare e analizzare l’argomento prescelto, il rischio di essere fraintesi é elevato.Il romanzo, infatti, presenta notevoli vantaggi: é di lettura facile ed ha grande diffusione rispetto al saggio, ma non consente l’intromissione di dettagliate spiegazioni teoriche, pena la perdita dei suoi pregi. Non é possibile, infatti, infarcire un romanzo di teorie e dissertazioni, come ha in parte fatto Huxley in Island, senza renderlo pesante e poco agile.  

Ends and Means é stato scritto nel 1937 al ritorno di Huxley da uno dei suoi numerosi viaggi in India. Tutto lo scritto é permeato di considerazioni fondate sulla filosofia Buddhista e Tantrica, e viene considerato fondamentale, nelle pagine, un avvicinamento alle idee di base del Buddhismo come soluzione ai più gravi problemi del mondo.  

Parallelamente vengono anche proposte delle riforme sociali, politiche, economiche ed educative di grande interesse. Procediamo, dunque, in un’ analisi dei temi trattati in questo saggio al fine di approfondire lo sviluppo delle idee dell'autore e di confrontarle con quelle di Brave New World Revisited, nostro punto di paragone per seguire l’evoluzione delle sue concezioni politiche. Il tema del saggio viene dichiarato in apertura da Huxley ed é il seguente: “Come si può trasformare l’uomo sensuale medio e l’uomo ambizioso (eccezionale e pericoloso), in uno di quegli esseri distaccati che soli possono creare una società molto migliore della nostra”. Nella prefazione del saggio Huxley afferma subito che l'uomo ideale é quello "non attaccato", quello che deve praticare virtù disinteressate. Cosa intendeva con queste due qualità?  

E’ evidente il riferimento ai due principali messaggi della cultura religiosa indiana: l’uomo soffre nella vita, perché é in preda a due passioni principali, l’attaccamento e l’avversione. Superati questi due ostacoli attraverso la meditazione, la riflessione, la preghiera e altre pratiche di evoluzione spirituale, l’individuo esce dal ciclo Karmico, da quello, cioé, delle reincarnazioni che lo obbligano a vivere per superare questi due ostacoli, ed entra nel Nirvana, luogo in cui le passioni non si impadroniscono più di lui. Un uomo non attaccato, infatti, non subisce e non patisce le passioni negative e può operare libero dalle loro influenze. Evidentemente Huxley restò molto colpito dalle esperienze indiane, ed il suo insistere sul tema del “non attaccamento” come soluzione dei problemi della società, sembra confermarlo. E' importante notare come due caratteristiche religiose dovrebbero essere, secondo l'autore, prerogativa dell'homo politicus giusto ed equilibrato. Non sembra che Huxley si renda conto che la politica é il "gioco del potere" in cui il giusto e l'equilibrato sono figure perdenti. D’altra parte, Huxley ci dice come dovrebbe essere la realtà e non come realmente è.    

Dopo innumerevoli lavori in cui Huxley ha sempre continuato a spiegare come sarebbe dovuto essere e cosa avrebbe dovuto fare l’uomo per essere virtuoso, e a furia di constatare come le sue parole fossero lettera morta presso intellettuali, governanti e cittadini, penso si possa affermare che alla fine si distaccò dalla realtà politica concentrandosi su quella spirituale e personale. Sviluppò una teoria, poi espressa compiutamente in Island sulla possibilità di utilizzare le droghe allucinogene per scopi mistici e di coniugare gli aspetti migliori della filosofia orientale e di quella occidentale, determinando anche un nuovo tipo di homo politicus perfetto e illuminato. In linea di massima possiamo dire che il pensiero politico di Huxley si sviluppò a partire dai romanzi giovanili con l’analisi della situazione socio - politica, proseguì nei saggi con lo studio degli interventi tecnici correttivi e terminò in Island con una teoria spiritual - politica e con l’immagine di una società che avrebbe risolto tutti i problemi individuati.  

In apertura di Ends and Means Huxley sostiene che nella nostra civiltà esiste, ed è esistito per circa trenta secoli, un accordo generale su quale sia la meta ideale degli sforzi umani. “Da Isaia fino a Karl Marx i profeti hanno parlato con la stessa voce”: nell’età dell’oro a cui essi guardano vi sarà libertà, pace, giustizia e amor fraterno. “Nessuna nazione leverà più la spada contro un’altra nazione”, “il libero sviluppo di ognuna di esse porterà al libero sviluppo di tutte”. E’ sui mezzi che devono essere impiegati per raggiungere questa meta che regna una terribile confusione (nel 1937 come attualmente) e un terribile cozzare di opinioni contrastanti. Alcuni vogliono imporre dall’alto questi cambiamenti, facendo uso di mezzi militari o violenti. Ci sono altri che pensano che i desiderati cambiamenti sociali si possano raggiungere più efficacemente cambiando direttamente gli individui che compongono la società. Huxley concorda con questi ultimi. E' con vigore che Huxley sottolinea come non sia applicabile la massima "Il fine giustifica i mezzi": il fine buono deve essere perseguito con i mezzi adatti. L’autore ritiene che una riforma sociale su larga scala sia necessaria, ma, da sola, non sia sufficiente: deve essere supportata da un cambiamento morale della società. Quand’é che una riforma può dirsi riuscita? Quando trasforma le tendenze negative degli individui e della società in tendenze positive; tuttavia può anche non funzionare, può, cioé, trasferire le tendenze deleterie degli individui da una direzione all’altra senza annullarle o renderle positive.  

Un esempio di riforma morale non riuscita é quello dell'Unione Sovietica, dove la proprietà privata era scomparsa, ma l'ambizione e la sete di potere no: semplicemente, continuavano ad esprimersi attraverso altri mezzi. In questo saggio Huxley appare fortemente persuaso della possibilità di miglioramento dell’animo umano; ed è proprio da questo che l’uomo deve partire per supportare delle riforme che da sole fallirebbero inesorabilmente. Ogni età e ogni classe ha il proprio ideale: dagli antichi Greci ai Romani, dagli Indiani ai Francesi, dal feudalesimo al romanticismo, è sempre esistito un uomo “perfetto” cui fare riferimento. Quale scegliere tra tutti questi ideali? Huxley risponde “nessuno”. E’ evidente, infatti che ognuno di questi esempi di perfezione è il frutto di circostanze sociali particolari. E tutti gli ideali circa la condotta umana, formulati da persone che siano riuscite a liberarsi dai pregiudizi del loro tempo o del loro ambiente, sono simili. Dovremmo, quindi, rivolgerci a questi. La liberazione dalle convenzioni di pensiero, di sentimento e di condotta dominanti si ottiene nel modo più efficace praticando virtù disinteressate e mediante la diretta intuizione della vera natura della realtà umana. Anche l’intelletto critico è una forza liberatrice. Ma il modo in cui viene adoperato dipende dalla volontà, e quando questa non è disinteressata, l’intelletto tende ad essere adoperato solo come uno strumento la razionalizzazione della passione e del pregiudizio, per trovare la giustificazione del proprio interesse. Huxley trova difficoltà a trovare un termine unico che descriva adeguatamente l’uomo ideale ipotizzato dai filosofi, dai mistici e dai fondatori di religioni, e ritiene che quello migliore sia “non attaccato”. L’uomo perfetto è quello non attaccato alle sue sensazioni e ai suoi desideri materiali, alla sua sete di potere o di possesso e agli oggetti di questi diversi desideri. Non attaccato alla sua collera o al suo odio, ai suoi affetti esclusivi, alla ricchezza o alla gloria, alla posizione sociale o ai riconoscimenti. Non attaccato nemmeno all’arte, alla scienza, alla speculazione e alla filantropia. Il non attaccamento a sé stessi e a ciò che viene definito come “le cose di questo mondo”, è sempre stato connesso, negli insegnamenti dei filosofi e dei fondatori di religioni, con un attaccamento ad una realtà ultima maggiore e più significativa della propria persona, ed anche maggiore e più significativa delle cose migliori che possa offrire questo mondo.  

Praticare il non attaccamento implica, di fatto, applicare tutte le virtù, per esempio quella della carità e del coraggio, implica coltivare l’intelligenza, poiché la stupidità insensibile é la fonte principale di tutti gli altri vizi; implica praticare la generosità e l’altruismo, poiché l’avarizia e l’amore del possesso obbligano le loro vittime a parificarsi con dei semplici oggetti. E così via. Il non attaccamento impone a chi lo vuole praticare l’adozione di un atteggiamento intensamente positivo verso il mondo. L’uomo non attaccato è quello che, nella fraseologia buddistica, “pone fine al dolore”: non solo per sé ma, astenendosi da attività maligne o stupide, anche a quel dolore che potrebbe infliggere ad altri. Questi é al tempo stesso l’uomo felice o “beato” e l’uomo buono. Uno dei temi più ricorrenti in “Ends and Means ” é quello della carità e di come sia indispensabile alle riforme: secondo Huxley il vero progresso é esclusivamente quello portato avanti nella carità poiché la violenza non lo reca mai con sé, a meno che non sia compensata a titolo di riparazione da atti di benevolenza e giustizia.  

Nel corso della storia documentata, il vero progresso è stato fatto a balzi. Periodi di progresso nella carità si sono alternati con altri periodi di regresso. L’epoca contemporanea di Huxley è a suo parere umanitaria ad intervalli, ma dove si tratta di importanti questioni politiche l’autore non vede altro che un definitivo regresso. Infatti i pensatori del XVIII secolo furono unanimi nel condannare l’uso della tortura da parte dello Stato, e negli anni ‘30 non solo la tortura veniva regolarmente usata dai governanti europei, ma vi erano anche dei teorici pronti a giustificare ogni forma di atrocità organizzata dallo Stato, dalla fustigazione al massacro generale delle minoranze e alla guerra universale. Nel 1936 la guerra civile spagnola aveva dato un orrendo anticipo di quello che sarebbe successo, di lì a poco, nel resto d’Europa e i massacri di piccoli proprietari e contadini russi erano conosciuti. Un altro sintomo dolorosamente significativo che Huxley interpreta come una cocente sconfitta della carità, è l’indifferenza con la quale il pubblico del XX sec. reagisce ai rapporti scritti, alle fotografie e alle pellicole che illustrano i massacri e le atrocità. Poiché nessuno si cura dei crimini contro l’umanità che vengono commessi, questi vengono perpetrati in numero sempre maggiore. Huxley sostiene che un fatto strettamente legato al regresso della carità è il declinare del rispetto degli uomini per la verità. Stava scrivendo proprio in un’epoca in cui la menzogna organizzata veniva praticata impudentemente e, grazie alle nuove tecniche di comunicazione, molto efficacemente e su vasta scala. Rileva che la maggior parte della menzogna organizzata che veniva riversata nel mondo assumeva la forma di propaganda, inculcando l’odio e la vanità e preparando gli spiriti alla guerra. Lo scopo principale di chi gestiva queste informazioni tendenziose era quello di sradicare sentimenti e comportamenti caritatevoli nella sfera della politica internazionale. Un’altra annotazione importante che l’autore fa, è che la carità non può progredire verso l’universalità a meno che la cosmologia predominante non sia o monoteistica o panteistica, a meno cioé che non regni l’opinione generale che tutti gli uomini sono “figli di Dio” o, secondo l’espressione indiana, che “tu sei questo”, tat tvam asi. A partire dalla fine del 1800 fino agli anni quaranta, l’autore nota che si è assistito ad un vasto regresso del monoteismo verso l’idolatria. L’adorazione di un solo Dio è stata abbandonata in favore dell’adorazione di divinità locali quali la nazione, la classe e perfino l’individuo deificato.  

Dopo la fine della seconda guerra mondiale, e dopo il boom economico che consentì al mondo intero di rimediare alle distruzioni del conflitto, Huxley annoterà che le nuove divinità locali erano diventate quelle del consumismo e dello scarto pianificato dei prodotti ritenuti superati per alimentare l’industria. Qualsiasi tipo di progresso tecnico, sebbene rapidissimo, è perfettamente inutile senza un uguale progresso nella carità. Anzi, secondo Huxley è peggio che inutile, poiché procura all’uomo mezzi più rapidi per retrocedere. A questo punto si domanda quali siano i mezzi per fermare e rovesciare questo regresso, per trasformare la società imperfetta in cui viviamo in quella ideale ipotizzata dai profeti e per trasformare “l’uomo sensuale medio e l’uomo ambizioso (eccezionale e più pericoloso), in uno di quegli esseri distaccati che soli possono creare una società molto migliore della nostra”. La discussione che Huxley affronta sulla natura umana lo porta a concludere che la causalità nelle cose umane è multipla: in altre parole ogni evento ha molteplici cause, e per apportare qualsiasi modifica e trovare rimedio al disordine sociale è indispensabile operare simultaneamente in molti campi. A partire da quello politico ed economico per passare ai campi della condotta personale, l’autore suggerisce il genere di cambiamento necessario perché l’uomo possa raggiungere quei fini ideali verso i quali tutti affermano di tendere.  

L’ultima parte del saggio è quella che l’autore indica come la più importante: riguarda le relazioni esistenti tra le teorie e la pratica dei riformatori, da una parte, e la natura dell’universo dall’altra. Infatti è alla luce di quello che l’uomo crede riguardo la natura ultima della realtà, che formula le sue concezioni del bene e del male, ed è alla luce di queste sue concezioni che regola la sua condotta, non soltanto in relazione alla vita privata, ma anche nella sfera della politica e dell’economia. A parere di Huxley, lungi dall’essere irrilevanti, le credenze metafisiche dell’uomo sono il fattore che in definitiva determina tutte le sue azioni. Per questo motivo conclude il saggio con una discussione (abbastanza complessa e a tratti un po’ fumosa, a dir la verità) sui principi primi dell’uomo.  

L’autore individua tre massime fondamentali da seguire nella programmazione delle riforme: in primo luogo fare solo le riforme necessarie, in secondo luogo non imporre cambiamenti che possano generare opposizioni violente e infine operare cambiamenti con metodi famigliari . Inoltre la pianificazione di ogni singolo Stato va raffrontata e studiata in relazione a tutti gli altri Stati che possono influenzarla ed esserne influenzati. Questa posizione di Huxley si pone in netto contrasto con la tendenza protezionistica ed isolazionistica dell’Inghilterra di quel periodo, tendenza che, del resto, era conforme a quella mondiale. L’incomunicabilità tra le persone e tra le nazioni, costituisce, infatti, una delle più grandi fonti di fraintendimenti e di ostacolo per il cammino verso il bene della società. Huxley rileva giustamente che doveva cambiare la concezione mentale che stava alla base dei rapporti politici: finché la condizione per entrare a far parte del Consiglio delle Nazioni sarebbe stata quella di possedere un esercito, si sarebbe incoraggiato l’armamento invece che la pace e il dialogo. La necessità primaria è quella di cambiare alla base, e per farlo, secondo l’autore è indispensabile risalire fino alle credenze metafisiche che sono il fattore che determina tutte le azioni umane. Alla fine del capitolo in cui descrive le riforme, Huxley presenta un importante interrogativo: chi deve assumere il compito di prevedere le conseguenze del progresso tecnico sulla società? Lo Stato, gli scienziati, i sociologi, gli psicologi o gli ingegneri sociali? Prevedere é importante, infatti, ma al tempo stesso chi prevede assume un grosso potere. Proliferano nuove forme per esercitare il potere, e occorre restare in guardia per non rischiare di diventare succubi di qualche forma nuova e non ancora conosciuta che può agire indisturbata e senza controlli. Il fatto che Huxley si ponga il problema del controllo dello sviluppo della tecnica e della sua previsione é indicativo del fatto che il progresso, a quei tempi, non era ancora considerato un vero e proprio motore dello sviluppo umano, era una forza di cui non si valutava ancora esattamente l’entità e che non era ancora gestita né dallo Stato né da lobbies economiche.  

Questa annotazione é di rilevante importanza perché collega direttamente Ends and Means a Brave New World Revisited. Contiene in nuce l’argomento principale del saggio del 1957: il timore che uno Stato sempre più potente grazie ai progressi delle tecniche, dei mezzi di comunicazione e delle scienze, possa tutelare i cittadini senza essere a sua volta controllato. Da chi può e deve essere controllato, infatti?   

L’autore sta prendendo consapevolezza di quanto lo Stato stia assumendo un ruolo di dominio soffocante sempre maggiore sulla società, e dopo la II° guerra mondiale e l’esperienza del nazismo, affiorerà in Brave New World Revisited un grande timore per il rischio di “gestione impropria” dei cittadini da parte dello Stato. A causa della seconda guerra mondiale, infatti, si assiste ad un accentramento dei poteri nelle mani dei governi, allo scopo di potersi opporre meglio alle dittature fascista e nazista, e dopo il termine del conflitto si rende necessario iniziare un processo che riporti verso una diffusione maggiore dei poteri. La preoccupazione dell’autore è che questo processo sia soltanto apparente. Questo punto importante del rapporto cittadino - Stato e Stato - progresso, ci aiuta a collocare l’autore nella storia dell’utopia: si é passati dall’utopia satirica di Swift e Butler (che scrive solo vent’anni prima di Huxley) in cui vengono sondati i limiti della ragione e i diritti dell’istinto, e la relazione tra il progresso e la felicità e la libertà personale, alla distopia , in cui si critica la logica assoluta perché porta all’assurdo. Ape and Essence (1949) é il romanzo che più di tutti prende in considerazione il tema della logica assoluta e che ne svela i paradossali e tremendi sbocchi.   

Il tema principale su cui verte tutta la produzione letteraria, utopica o meno, di Aldous Huxley é quello della gestione del potere che si sta rinnovando e fortificando, che sta cambiando la sua fisionomia e i suoi canali di comunicazione. La scienza, il controllo del progresso tecnico, quello dei mass media rappresentano nuovi aspetti del potere e altrettanti potenziali pericoli per i cittadini che non hanno modo di intervenire nella loro gestione. Huxley aborre uno Stato che attraverso l’accurato uso di televisione e radio plagi i cittadini e li renda “uniformi” e “d’accordo”. Conscio del pericolo di ogni tipo di dittatura, l’autore è ugualmente consapevole che “la difesa della democrazia contro il fascismo implica inevitabilmente la trasformazione della democrazia in fascismo”. Questa trasformazione non è detto che sia violenta e brusca; rendersi conto di essere soggetti alle influenze pacate e sommesse che ci vengono somministrate é molto difficile. I messaggi che fanno comodo a chi detiene il controllo e il potere vengono instillati nelle teste ingenue dei tele e radio ascoltatori, dei lettori di riviste e di quotidiani goccia a goccia, senza violenza e senza fretta. Questo rappresenta un problema per Huxley che vuole trovare una soluzione a questa situazione che porta inevitabilmente ad un mondo non libero. Chi impedisce allo Stato di diventare una dittatura è l’uomo singolo, la sua volontà, il suo bisogno di libertà; uomo che si deve unire con altri per formare dei gruppi, tutti coordinati nella difesa della libertà. Nel campo sociale e del sistema di governo, quindi, Huxley ipotizza delle "unità autogovernantesi" costituite da circa 10 - 30 persone all'interno delle fabbriche, delle contee, dei comuni, delle parrocchie ecc.  

I gruppi composti da un numero non troppo alto di persone, infatti, riescono a lavorare sommando l'energia di ogni singolo componente, senza subire le tendenze centrifughe causate dall'individualismo nei gruppi molto numerosi. Huxley è fortemente convinto che una riforma del sistema politico debba necessariamente passare attraverso il decentramento e l'autogoverno responsabile. Naturalmente occorre prestare attenzione a non trasformare l'autogoverno in amministrazione autoritaria. L’autore ipotizza, dunque, un’opera individuale di riforma cui tutti gli uomini dovrebbero essere tenuti. Un impegno in prima persona affinché ogni singolo individuo possa dare il suo contributo alla pace operando una chiarificazione intellettuale, spiegando, cioé, al maggior numero di persone quale tipo di impegno sia necessario per una pacifica convivenza, e compiendo una grande opera di proselitismo al fine di formare altri gruppi, intesi come piccoli modelli funzionanti della società ideale ipotizzata da quelli che lui riunisce sotto la definizione di “profeti”.  

A parte l’indeterminatezza in cui é lasciata questa figura dei profeti, il discorso di Huxley presenta il primo problema di fattibilità: queste piccole realtà isolate dovrebbero essere costituite da individui selezionati “uniti da una fede comune e dalla fedeltà ad un comune ideale”. Il metodo ipotizzato dall’autore per raggiungere scopi positivi, sembra dunque essere analogo a quello utilizzato normalmente nella società attuale e che raccoglie esiti negativi: il richiamo ad una fede comune, a una fedeltà ad un gruppo e ad un ideale è anche espressione del nazionalismo, da esempio. Fede e fedeltà sottintendono sempre un qualcosa di non consapevole e di non assimilato criticamente e ciò determina il pericolo. Il discorso di Huxley è retto da una logica ferrea: se un sistema del genere è collaudato e funziona bene, seppur dando frutti negativi per l’uomo, lo si può utilizzare modificandone il fine a favore dell’uomo. L’autore non pensa all’abolizione di pubblicità e propaganda, ma alla modifica dei loro contenuti. Se attraverso questi strumenti collaudati c’è la possibilità di educare alla comprensione e al rispetto, è necessario approfittarne. Tornando al discorso dei gruppi, Huxley determina il punto di partenza di queste piccole comunità nella non violenza. I gruppi diventano "resistenti alla guerra", e quando sono sufficientemente numerosi e forti, possono impedire al proprio governo di scatenare conflitti. I membri di questi gruppi devono essere liberi dalla sete di potere, e i regolamenti interni devono prevenire l'apparizione della brama di denaro. Questo argomento verrà poi accantonato molto presto: non se ne trova traccia in nessuna delle sue opere seguenti. In Island il funzionamento della società è fondato sull’autogoverno responsabile e sui CAR, e non si fa più alcun accenno alla teoria dei gruppi come quella riportata in questo saggio .  

Huxley sostiene la necessità di rifondare la società su una libertà responsabile alla periferia e su una moderna direzione scientifica al centro, senza essere, dunque, in opposizione ai progressi delle tecniche e delle scienze. Piuttosto sembra profondamente preoccupato dell'uso che si potrebbe fare del maggior potere che deriva da questi progressi.  

L’unico oggetto di controllo da parte della politica, secondo Huxley, dovrebbe essere il controllo della produzione. Huxley vede la società caratterizzata da un eccesso di potere e da un corrispettivo eccesso di obbedienza. L’obbedienza non é più dovuta ad un potere fisico ben visibile, come la Chiesa medievale, ad esempio, ma alla società stessa, società che viene gestita da un’elite tecnologica. L’autore nota con ironia e acume che l’idolatria teologica é stata sostituita dall’idolatria tecnologica, potente e pericolosa nei tempi moderni quanto l’altra nei tempi passati. Per modificare questa condizione, la riforma economica non basta, occorre modificare: il sistema di governo, l'amministrazione pubblica, l'organizzazione industriale, l'educazione e le credenze e i nostri credo metafisici ed etici. Dal momento che ogni evento ha molteplici cause, il rimedio al disordine sociale va trovato in più campi simultaneamente. Quello che mi fa definire quest’opera come “illusoria” é il fatto che Huxley voglia partire, per le riforme, dall’ultimo punto e non da uno qualsiasi degli altri, che sono sì difficili da modificare, ma non impossibili quanto la modifica dei nostri credo metafisici ed etici. Questi, infatti, sono il frutto della nostra evoluzione storico - culturale, un loro cambiamento verrà percepito a distanza nel tempo e sarà raggiunto gradualmente. Se dal punto di vista logico e formale Huxley può aver ragione a impostare le sue riforme su questo cambiamento, dal momento che è alla radice di ogni nostro pensiero e ragionamento, dal punto di vista pratico è senz’altro vero che una modifica del genere è, di norma, generazionale, e poco gestibile nella pratica di governo quotidiana delle istituzioni politiche. E’ tutto da dimostrare che non sia più pratico e più funzionale, al contrario di quello che pensa l’autore, riuscire a determinare piccoli ma significativi cambiamenti che preparino e influenzino una modifica più drastica nella “morale” collettiva. E’ evidente che agendo sulla realtà effettiva delle cose si determinano dei cambiamenti nella morale, e viceversa, che agendo sulla morale si ottengono cambiamenti nella sfera pratica e quotidiana della vita umana. Ma qual’è il procedimento più pratico e più sicuro? In Island Huxley racconta di come le riforme di Pala siano iniziate dalle piccole cose quotidiane, con l’eliminazione dei fastidiosi dolori inutili delle piccole operazioni e del parto, per poi agire sempre più in profondità sulle credenze metafisiche ed etiche, fino a modificarle e a generare quel mondo perfetto che noi lettori non possiamo che ammirare. E’ quindi rovesciato il procedimento studiato in Ends and Means. Ma qual’è il motivo per cui Huxley è così rigido riguardo il tema delle riforme, e non scende a patti con la realtà?   

Non so trovare risposte soddisfacenti a questo interrogativo, posso solo annotare che mentre in Island fa del suo meglio per riuscire a coniugare gli aspetti migliori di oriente e occidente, sacrificando qualcosa sia da una parte sia dall’altra, e sviluppa un elaborato progetto politico - sociale in cui giunge ad una serie di compromessi tra realtà e idealità, in Ends and Means segue con coerenza rigorosa e determinazione il principio secondo il quale gli uomini vogliono agire per il bene comune dell’umanità e che questo sia un fatto reale e indiscutibile. Huxley si preoccupa, quindi, di rispondere all’interrogativo principale di chi vuole attivarsi in prima persona per fare qualcosa di buono: da dove iniziare? Come procedere? Su cosa far leva? Huxley risponde approfonditamente a queste domande, evidenziando le soluzioni più logiche e razionali in quanto a potenza teorica d’azione, ma non le mette in rapporto con la realtà: si limita alla teoria e risponde in base ai principi teorici. E’ anche da questo fatto che alcuni temi appaiono trattati “ingenuamente”. Si potrebbe anche ipotizzare che questo suo atteggiamento sia stato deliberatamente scelto, dal momento che non se ne trova riscontro in altre opere, e cioé che sia provocatoriamente centrato sulla teoria e non sulla pratica e sulla realtà, per qualche motivo preciso. Posso solo azzardare un’ipotesi al riguardo, e cioé che in quel periodo storico, poco prima di una tremenda guerra annunciata, Huxley attraversasse uno di quei momenti di depressione e di sconforto riguardo i destini del mondo che talvolta lo assalivano, e che abbia volutamente individuato dei mezzi di miglioramento della condizione umana così difficili da impiegare perché la situazione era del tutto compromessa, ormai irrecuperabile. Un messaggio di protesta che voleva evidenziare lo stato di crisi in cui il mondo versava e da cui era impossibile uscire. Oppure si può anche ipotizzare che abbia scritto conscio della catastrofe inevitabile cui il mondo stava andando incontro, già nella prospettiva di applicare queste riforme nel dopoguerra. Al di là di queste ipotesi, resta il fatto che a mio parere Ends and Means è latore di un messaggio di sconforto e di sgomento di fronte alla situazione del mondo, che si sarebbe potuta modificare esclusivamente cambiando in maniera netta e decisa la morale umana, quell’insieme di valori di rieferimento a tutte le nostre azioni che, soprattutto in quel momento storico, stava incoraggiando alla distruzione e alla guerra invece che alla conservazione e alla collaborazione.  

Riguardo alla riforma del sistema politico, Huxley non dice nulla di preciso. Egli è fortemente persuaso che un miglioramento dell’animo umano sia sufficiente a garantire un miglioramento in ogni ambito della vita e che, una volta raggiunto, implichi per forza di cose una modifica del sistema politico verso un maggior decentramento amministrativo. Il suo pensiero politico, dunque, è particolare perchè parte dal presupposto che senza un miglioramento dell’uomo, qualsiasi tipo di modifica delle istituzioni sia del tutto superflua.  

Abbiamo detto precedentemente che un tema ricorrente negli autori utopisti anglosassoni è quello della riforma del sistema educativo, che, evidentemente, aveva lasciato in tutti un brutto ricordo. Attraverso la scuola occorre, secondo Huxley, educare l'uomo alla libertà e alla cooperazione reciproca, anche attraverso lo sport. La funzione primaria della scuola deve essere quella di insegnare a sfuggire alla propaganda che è uno strumento di potere gestito dallo Stato, direttamente o indirettamente. Huxley sottolinea come sia diverso il bambino che esce dall’asilo da quello che esce dal college: il primo viene educato alla libertà, all’intelligenza, alla cooperazione responsabile e volontaria; quando è più grande viene educato all’accettazione passiva della tradizione, e ad un’alternativa tra il potere e la subordinazione. Questo fatto, a parere dell’autore, è un sintomo dell’incertezza di propositi che prevale nelle democrazie occidentali, dove la vecchia tradizione patriarcale coesiste con una tensione nuova e incompatibile verso la libertà e la democrazia. Nell’entusiasmo per queste, la società abitua i bambini piccoli ad essere individui liberi e autogovernantisi, e dopo averlo fatto si spaventa e si ricorda che il mondo è ancora gerarchico e molto autoritario e cerca, così, di correre ai ripari.  

  

Lo scopo della società deve essere quello di educare gli esseri umani alla libertà, alla giustizia e alla pace. Fino a quel momento non c’era riuscita: come può ottenere un tale scopo ? A seconda della sua forma di governo lo Stato imposta una ben precisa forma di educazione. Ad esempio, nella Russia osservata da Huxley, si avevano delle scuole in cui veniva imposta una disciplina ferrea e un’obbedienza totale e servile nei confronti degli insegnanti. Ciò veniva considerato giustamente un metodo atto a produrre una mentalità militare, al tempo stesso ubbidiente e prepotente. Huxley si fonda sulle considerazioni della Montessori che spiega come un’educazione di questo tipo generi individui insicuri, timidi e scoraggiati non appena si trovino senza un “capo” e a dover agire da soli. Spesso questo complesso d’inferiorità generato da un’educazione così rozza, trova espressione e compenso nella brutalità e nella crudeltà. Nell’antichità l’educazione era sicuramente dura e severa, così pure quella puritana, ma non tutto il popolo veniva “educato”. A partire dalla prima metà del XIX secolo, fa notare Huxley, l’educazione secondaria per le classi medie e superiori venne estesa moltissimo e nella seconda metà l’educazione primaria venne resa universalmente obbligatoria. Per la prima volta tutti i bambini vennero sottomessi ad una disciplina stretta, sistematica, costante, proprio quella che a suo parere produce una mentalità militaristica. Il declino della democrazia avrebbe coinciso esattamente con l’arrivo al potere politico della seconda generazione legata all’educazione obbligatoria! Questa non è una coincidenza fortuita, avverte Huxley. L’educazione di quel periodo storico ha educato alla guerra e all’aggressività, ed è perfettamente riuscita nel suo compito. A titolo esemplificativo Huxley riporta che le scuole che seguivano il metodo Montessori in Germania vennero chiuse dal regime nel 1935, e in Italia l’anno successivo, proprio perché miravano a dare un’educazione rivolta alla pace e alla tolleranza. Attraverso lo sport, suggerisce Huxley, si può insegnare il coraggio e la pazienza, il senso di lealtà e il rispetto delle regole, la coordinazione degli sforzi e la subordinazione degli interessi personali a quelli del gruppo. Allo stesso modo però, se mal utilizzato lo sport può incoraggiare la vanità personale e di gruppo, l’avido desiderio di vittoria e l’odio per i rivali. Può costituire tanto una preparazione alla guerra quanto, in un certo senso, un suo surrogato che ne sublimi le valenze che fanno presa sull’animo umano; può educare dei guerrieri in potenza, o dei pacifisti in potenza. Sta alla società scegliere quale sarà la funzione che eserciterà il divertimento organizzato degli adulti e dei bambini. I paesi democratici, secondo Huxley, devono prendere una decisione precisa e immediata, e dare la giusta importanza allo sport, e servirsene per educare al pacifismo e al rispetto delle regole.  

Il divertimento cui l’autore si riferisce era costituito dalla radio, dal cinema e dai giornali. Dato il loro livello qualitativo, Huxley è dell’opinione che per evitare danni alla società sarebbe stato necessario vietarli o controllarli, oppure si sarebbero dovuti educare gli utenti allo spirito critico e all’analisi attenta di quello cui assistevano. Troppo alto era il rischio che diventassero inconsapevolmente il pubblico acclamante di dittatori e potenti di turno e dei loro messaggi volti all’adorazione della nazione. Troppo alto il rischio che la morale e l’etica che stanno alla base di qualsiasi gruppo sociale venissero lentamente ma inesorabilmente modificate fino rendere i cittadini fanatici del consumismo. La televisione non esisteva ancora, ma l’autore inglese aveva già capito i risvolti anche negativi dei mass-media e già si premurava di mettere in guardia i cittadini. Sulla scia del vento di guerra che nel 1937 era già ben avvertibile, Huxley sostiene che o si impostava un’educazione per creare individui liberi e non militaristi, oppure “sotto l’impellente minaccia di una guerra bisogna risolversi ad essere più prussiani dei nazisti e, sui campi sportivi di Eton e delle altre scuole, prepararsi a vincere dei futuri Waterloo”. Non solo lo sport può insegnare cooperazione e rispetto delle regole ma anche la musica (il fatto di cantare insieme, ad esempio) o lo studio dell’arte concorrono a creare individui equilibrati e a insegnare a rapportarsi col prossimo con un atteggiamento costruttivo. Recitando e interpretando personaggi della letteratura si può prendere coscienza di ciò che é diverso da noi. “La principale virtù educativa della letteratiura consiste nel suo potere di fornire ai lettori degli esempi che possono venire imitati”. La presenza di citazioni di Shakespeare e di altri classici, dai Greci ai Latini, nei libri di Huxley e di altri letterati quali Butler, Swift, More, Orwell, Burgess ecc. é costante e significativa. Nelle narrazioni anti-utopiche il topos del libro é sempre centrale. Nei testi di Huxley non si contano le citazioni di autori quali Omero, Pascal, Hegel, Shelley, Butler, Agostino, Wordsworth ecc. Tutti questi spiriti magni sono dei punti fissi che non mutano, vengono assurti a simbolo della grandezza passata, e si coagulano attorno alle figure di Shakespeare e del Libro per eccellenza: la Bibbia. Sono costanti, infatti, i riferimenti a questi due fondamenti della Letteratura. Come mai questa insistenza?   

La figura di Shakespeare sintetizza la descrizione laica, totale e individuale dell'universo; riafferma i diritti dell'individualità (cardine della distopia di Huxley), della capacità creativa, dell'interpretazione molteplice e multiforme dei dati dell'esperienza e si pone come baluardo contro l’uniformità. La Bibbia, invece, incarna la scrittura collettiva e religiosa, invita ad una sistemazione ontologica, immutabile, degli oggetti dell'universo e ad un processo di evoluzione spirituale collettivo capace di migliorare l'animo umano. L’autore è preoccupato dell’esistenza di un’etica non corrispondente ai bisogni attuali dell’uomo, e amalgama sempre più Bibbia, testi buddistici e tantrici nella strenua difesa di una metafisica comunque definita, più legata all’uomo e alla sua vita pratica, quotidiana. Huxley rileva la distanza incolmabile, ormai, che separa gli uomini moderni dagli uomini retti che la Bibbia mette in risalto. Ormai i tempi sono troppo diversi per continuare ad essere coerenti con valori e con un’etica che sì, è eterna, ma che deve anche essere compatibile con la situazione contingente in cui si vive. Non è il valore intrinseco del messaggio della Bibbia, come quello della Bhagavad Gita peraltro, a essere messo in discussione, bensì la rigidità tremenda delle istituzioni ecclesiastiche (soprattutto quelle cristiane) nell’interpretazione di questi testi e nell’applicazione delle regole e dei dettami contenuti in questi.  

L'atteggiamento dei nuovi mondi ipotizzati nei romanzi utopisti nei confronti dei libri e della letteratura classica è chiara: costituiscono dei pericoli e delle armi insidiose. Gli esempi sono numerosi e celebri: in Fahreneit 451 tutti i libri vengono bruciati e sopravvive uno sparuto numero di persone che impara a memoria tutti i libri che può per trasmetterli ai posteri; in 1984 i libri sono vietati o riscritti dal Grande Fratello; in Clockwork Orange vengono strappati i libri in mano all’insegnante aggredito, appena uscito dalla biblioteca; in Erehwon di S. Butler i testi di meccanica vengono bruciati; in Brave New World sono vietati tutti i testi precedenti all’anno 150 dell’era di Ford, e lo sono non perché pericolosi in sé, bensì per il fatto che sono inutili e non possono esser compresi dalla società “sintetica” descritta da Huxley. L’unico pericolo che costituiscono è quello dell’aspetto di novità che possono avere: in un mondo stabile e perfetto, tutto ciò che introduce un fattore di cambiamento, di novità, di emozione, rappresenta un pericolo. Le oligarchie dominanti soffocano la libertà del popolo e conservano il potere in due modi: vietando e bruciando i libri per la massa, e leggendo e conservando gelosamente i libri per sé stessi (tolgono l'arma al nemico e l'acquisiscono loro); oppure modificandoli e riscrivendoli, al fine di cambiare l'interpretazione e la finalità dei libri a proprio vantaggio. In tutti i Mondi Nuovi ipotizzati dagli autori utopisti troviamo la paralisi delle capacità critiche dei soggetti e la Letteratura viene vista da tutti gli autori alla stregua di un deterrente di questa paralisi. La ragione principale è che la letteratura è foriera di messaggi importanti quali la libertà, la mancanza di uniformità, la forza e la bellezza delle passioni ed è immagine della felicità, raramente presente sotto i regimi dittatoriali. Curiosamente, in Huxley il solo riferimento a mezzi che incoraggiano la libertà spirituale è quello alla letteratura; l’arte, il cinema, il teatro e l’architettura non vengono neanche prese in considerazione. Sembra che voglia contrastare il pericolo della prevaricazione della scienza sulla letteratura, che abbia il timore che la tecnica e la sempre maggiore richiesta di tecnici possa mettere in secondo piano l’uomo di lettere e quindi le ritaglia un posto di primo piano prima delle altre forme di espressione artistica esistenti.  

Che ruolo assumerà l’uomo di lettere in futuro? Nel presente di Huxley il ruolo era chiaramente quello di salvatore delle coscienze. Il letterato costituisce ai suoi occhi l’unico uomo di cultura capace di prevedere le conseguenze dell’andamento del mondo, l’unico dotato della lucidità d’analisi necessaria ad individuare i pericoli nascosti che minacciano la libertà, l’unico con un’arma in mano: la penna! Huxley cita Jefferson, uno dei padri della nazione americana indipendente: "Un popolo non può essere al sicuro senza il sapere. Là dove la stampa é libera, e ciascuno sa leggere, tutto é al sicuro." Un altro motivo che, provocatoriamente, voglio ipotizzare riguardo la difesa della letteratura classica (e molto meno della musica e dell’arte figurativa) è che così facendo gli stessi autori si danno un compito, un’importanza e un posto ben preciso in mezzo ai classici e ai mostri sacri! Difendendo cioé il loro ruolo a fianco di quello dei classici, si garantiscono un posto al loro fianco nella celebrità!  

LETTERATURA E SCIENZA: il ruolo della letteratura e del letterato nella produzione di Aldous Huxley  

Troviamo qualche chiarimento riguardo al rapporto tra scienziati e letterati nel saggio del 1963 (poco prima della sua morte, dunque) Literature and Science. Huxley apre il saggio dicendo che “...molto si é scritto sul tema della scienza nemica delle lettere umanistiche, e della scienza alleata delle lettere umanistiche”. Qual’è la funzione della letteratura, la sua psicologia e la natura del linguaggio letterario? In cosa differiscono la sua funzione, la sua psicologia e il suo linguaggio da quelli della scienza? Qual’era in passato il rapporto tra letteratura e scienza e qual’è adesso? E soprattutto: quale azione sarebbe utile che un letterato del ventesimo secolo svolgesse nei riguardi della scienza?  

Quest’ultima domanda, che tocca più da vicino l’argomento di questa tesi, é quella a cui Huxley dà la risposta più confusa. Leggendo le sue opere viene spontaneo porsi degli interrogativi sulla funzione della letteratura e dello scrittore nel mondo moderno, ma, a parer mio, non si trovano risposte definitive in questo saggio dove Huxley ripercorre, facendo sfoggio di una sconfinata cultura letteraria e filosofica e di una lucidità sorprendenti, il rapporto tra letteratura e scienza nei secoli soffermandosi sulle differenze tra autore e autore. Il saggio tocca argomenti estremamente interessanti, che però non sono del tutto pertinenti al mio lavoro; cercherò, quindi, di dare una risposta al nostro quesito, basandomi sul fatto che Huxley, a mio parere, non l’ha chiarito in maniera definitiva; procederò dunque per ipotesi. Il nostro obiettivo é quello di chiarire il senso della presenza di un grande numero di citazioni di autori classici in pressoché tutti i libri di Huxley e di svelare il ruolo che secondo lui deve avere la letteratura ( e quindi il letterato) nel mondo attuale. Il fatto che non abbia dato una risposta precisa a questo interrogativo è, probabilmente, indicativo del fatto che per lui questo ruolo era ovvio , e che lo riteneva sufficientemente spiegato nei suoi libri. La sua posizione su questo argomento, quindi, ritengo che non sia variata molto nel corso degli anni, e a conferma di questa mia ipotesi riporto qua un brano tratto da Literature and Science :”Pensiamo a T.H. Huxley, con la sua difesa di un’educazione fondamentalmente scientifica, temperata (come adesso fanno il California Technical Institute e il Massachusetts Institute of Technology) da un’abbondante dose di storia, sociologia, letteratura inglese e lingue straniere. Pensiamo a Matthew Arnold, il quale perora in vantaggio di un’educazione sostanzialmente umanistica e specificatamente classica, temperata da quel tanto di scienza sufficiente per far comprendere, a coloro che se ne imbevono, in quale mondo singolarmente “non ellenico” essi si trovino a vivere.” Il fatto che Huxley si trovi concorde ancora nel 1963 con queste due autorità, in fatto di arte letteraria, e il fatto che siano rispettivamente suo nonno e suo zio, mi fa pensare che questa sua posizione sia rimasta pressoché la stessa durante tutta la sua vita, probabilmente frutto delle discussioni con i suoi illustri parenti. Huxley, infatti, frequentò l’ambiente culturale familiare e si distaccò da esso solo a partire dal 1954 quando cominciò le sue ricerche sugli effetti delle droghe allucinogene. Il punto importante é che lui considera l’uomo di lettere un osservatore alla stregua dell’uomo di scienza, capace di riferire le esperienze più personali dell’uomo e di farle rivivere, lasciando ad ognuno lo spazio per accoglierle in maniera personale. Attraverso l’analisi degli autori letterari nel tempo, Huxley dimostra che l’analisi dell’uomo e dei suoi drammi, delle sue gioie e dei suoi dolori, é sempre la stessa a partire da Omero, ma che cambiano i motivi che provocano queste emozioni e queste reazioni. Il poeta descrive il suo proprio vissuto di un avvenimento e non qualcosa di effettivamente oggettivo e ripetibile immutato nel tempo; il mondo é cambiato col progresso delle tecniche e i letterati hanno rispecchiato questo cambiamento. La funzione dello scrittore é quella di osservare l’uomo, di descriverlo e basta. E’ il tempo che rende il suo lavoro importante, perché rimangono le testimonianze di quello che cambia e di quello che resta immutato. Egli ha una funzione di memoria storica e, in casi estremi di pericolo per la libertà personale o di Stato, assume de facto il compito di indicare all’uomo la strada giusta, quella avvalorata dai Grandi Temi. Tutto ciò può assumere valore esemplificativo: le grandi emozioni che non possono cambiare e quelle che invece sono di passaggio e che nascondono temporaneamente alla vista il percorso giusto; le esperienze di eroi e di personaggi illustri e quelle del popolo, il senso della libertà e quello della schiavitù, l’amore e l’odio.  

La libertà, l’amore e la guerra restano tra i grandi temi perenni (insieme a molti altri) che costituiscono fonte interminabile di ispirazione per poeti e scrittori. Sono sensazioni e sentimenti accertati, già esplorati e rimangono a disposizione, nelle loro numerose interpretazioni, di chiunque abbia bisogno di essere confortato o di chiunque voglia verificare e confrontare la propria esperienza con quella dell'Uomo. Le testimonianze di questi avvenimenti fanno da specchio alla natura dell'uomo. Ad esempio la paura dell’arrivo dell’anno mille, le leggende di fantasmi e le storie di draghi, sono temi superati, adesso, ma che restano nella memoria storica e nella coscienza collettiva per essere ricordati quando se ne dovesse sentire la necessità.  

L’uomo di lettere accetta la singolarità degli avvenimenti, accetta la diversità e multiformità del mondo, accetta l’incomprensibilità più radicale di un’esistenza grezza e non concettualizzata; infine accetta la sfida che singolarità, multiformità e mistero gli gettano in faccia. Non così gli uomini religiosi, che teoricamente dovrebbero essere vicini agli uomini: essi non accettano diversità e multiformità e non hanno l'apertura mentale necessaria (a parte poche eccezioni) per accettare senza cadere nella tentazione di correggere.  

Il letterato si pone automaticamente come tutore dell’ordine delle cose, in particolar modo delle cose soggettive, bizzarre, diverse, singolari e individuali, costituendo una barriera insormontabile contro ogni forma di appiattimento della società e di oppressione uniformatrice dall’alto.  

A questo proposito occorre evidenziare il fatto che a parere di Huxley è proprio Shakespeare l’autore che per eccellenza difende e tutela l’individuo e le sue proprie passioni e particolarità. Egli é testimone e interprete della soggettività della vita, è memoria storica delle individualità umane ed è colto: egli sa e quindi ha il potere di porsi come baluardo contro tutto ciò che può appiattire la vita dei singoli individui.   

“La conoscenza è potenza” sostiene Huxley “e, con un paradosso soltanto apparente, proprio attraverso la loro conoscenza di quanto accade nel mondo non sperimentato, fatto di astrazioni e di deduzioni, scienziati e tecnologi hanno raggiunto la loro enorme e sempre crescente potenza per controllare, dirigere e modificare quel mondo delle tante apparenze in cui gli esseri umani hanno il privilegio e la condanna di vivere”. La considerazione dei letterati espressa in precedenza presuppone una concezione ben precisa della tecnica e del progresso. E’ evidente che questi provocano dei cambiamenti nel mondo costituito dai molteplici universi (cosmico e culturale, interiore ed esteriore, diretto e simbolico) entro i quali gli esseri umani, per la loro versatile natura anfibia, sono predestinati a vivere, a muoversi e a condurre la loro perplessa esistenza”. Una rivoluzione materiale non è mai atomizzata, al contrario determina rivoluzioni parallele in parecchi altri regni: rivoluzioni sociali, politiche ed economiche, rivoluzioni nel pensiero filosofico e religioso, rivoluzioni nei modi di vita e nel comportamento individuale. Quindi anche una piccola evoluzione tecnica, che apparentemente può sembrare insignificante, innesca un processo di cambiamento a cascata che andrà poi a toccare una serie di ambiti diversi. In questo modo si verifica il progresso. Ulteriore compito dei letterati è quello di “sfondare la spirituale cortina di ferro”, di allargare dunque i confini e gli universi entro cui sarebbe, al contrario, confinato senza speranza. “In questo mondo in continua guerra (civile, fredda, calda che sia...)” i particolari talenti del letterato lo qualificano a recitare due parti ugualmente importanti: il corrispondente di guerra e il propagandista. Nella sua veste professionale di cronista delle più individuali esperienze dell’uomo, egli contempla le diverse manifestazioni, negative e positive, concettualizzate o grezze, dell’irragionevolezza “e si rende conto del loro rapporto col mondo delle organizzazioni sociali e dei sistemi filosofici. Essendo poi, come effettivamente è, in possesso d’un dono particolare per purificare le parole, egli è in grado di fare un’efficace propaganda per uno qualsiasi dei due combattenti. Si metterà dalla parte della ragione al servizio della dignità? Oppure dalla parte della razionalizzazione al servizio del “babbuino immanente”? Userà la sua capacità di lavoro per arricchire la vita, l’amore e la libertà o leccherà i piedi al tiranno?” Huxley è consapevole che molti scrittori hanno fatto la scelta sbagliata. Innumerevoli volte il genio e la fama sono stati posti al servizio del potere, degli interessi costituiti e della “irragionevolezza razionalizzata”, come la chiama Huxley in Island. L’autore avverte che bisogna sempre e comunque diffidare delle “eloquenti sciocchezze” che bombardano quotidianamente la gente, e che bisogna saper capire se il letterato è “corrotto nello spirito” oppure se lotta per la verità. Lo status di letterato, di per sé, non implica un giudizio positivo: il vero merito deve essere conquistato. E' necessaria, dunque, un'educazione mirata ad insegnare a smascherare i messaggi propagandistici in ogni forma di comunicazione mass mediologica e un approfondimento dei classici e dei temi umanistici, per avere un back ground culturale di riferimento valido e non fondato su valori di passaggio. Huxley sostiene che la religione è, tra le altre cose, un sistema di educazione per mezzo del quale gli esseri umani si possono abituare a conseguire dei cambiamenti desiderabili nella loro personalità e di conseguenza nella società. Inoltre possono elevare la loro coscienza e stabilire dei rapporti più adeguati con l’universo di cui fanno parte. Ma non tutte le dottrine e le pratiche delle religioni esistenti sono tese a migliorare il carattere o ad elevare la coscienza. Al contrario, gran parte di ciò che viene insegnato e fatto nel nome delle religioni anche più altamente evolute, è “nettamente pernicioso”, e una parte ancora maggiore è moralmente neutra, non particolarmente cattiva ma, d’altra parte, nemmeno specialmente buona.  

Huxley si identifica nella figura dell”’idealista razionale” e lo individua come il soggetto delle speculazioni che seguono. Verso quella specie di religione i cui frutti sono moralmente cattivi e oscurantistici, l’idealista razionale può mostrare soltanto “un’ostilità intransigente”. Azioni quali la persecuzione, la soppressione o la deformazione della verità, sono intrinsecamente cattive, ed “egli non può aver niente a che fare con organizzazioni religiose che favoriscono iniquità simili”.  

L’atteggiamento dell’idealista razionale (e l’invito dell’autore è quello di seguire questo esempio) nei confronti di cerimonie, abitudini e riti eticamente neutri della religione organizzata deve essere determinato esclusivamente dalla natura dei loro effetti. Se tutto ciò aiuta a mantenere un’organizzazione sociale soddisfacente, se serve a facilitare e ad arricchire le relazioni tra gli uomini e i gruppi, allora egli potrà accordargli un certo giustificato favore. In realtà l’idealista razionale sa bene che tali pratiche non aiutano gli uomini a raggiungere le più alte forme dell’evoluzione umana, ma costituiscono degli impedimenti su questo cammino. “Il Buddha indica il ritualismo come una delle Dieci Pastoie che legano gli uomini all’illusione e che impediscono loro di raggiungere l’illuminazione. Tuttavia, in vista del fatto che molti individui non aspirano certamente all’illuminazione, in altre parole, ad evolversi fino ai limiti della capacità umana, si può trovare qualcosa di buono nel ritualismo. L’attaccamento alle cerimonie tradizionali e la fede nell’efficacia magica del rituale, possono impedire agli uomini di raggiungere l’illuminazione; ma, d’altra parte, possono aiutare quegli individui che non hanno il desiderio né la capacità di raggiungerla, a comportarsi un po’ meglio di come farebbero altrimenti.”   

Huxley ritiene significativo il fatto che i fondatori di religioni e la maggioranza dei filosofi religiosi si siano trovati d’accordo su questo argomento: hanno diviso gli esseri umani in una minoranza di individui capaci di fare gli sforzi richiesti per raggiungere l’illuminazione, e una gran maggioranza che non ne è capace. L’utilizzo della “medicina” moksha per raggiungere l’illuminazione, in Island, vuole essere uno strumento quasi “democratico” dal momento che consente a tutti, capaci o no, di raggiungere i vertici della meditazione e delle pratiche spirituali indiane. Qual’è il motivo per cui la religione cristiana, soprattutto, non agisce per il bene dell’uomo? Perchè se è sicuramente vero che la fede in un Dio personale ha suscitato un’enorme quantità di energia indirizzata verso fini buoni, è senz’altro vero che ne ha suscitata una quantità uguale verso fini sciocchi o pazzi o assolutamente nocivi. Ha portato a quell’enorme “supervalutazione dell’ego individuale così caratteristica delle filosofie popolari dell’occidente”. Tutte le grandi religioni hanno insegnato la necessità di trascendere la personalità, dice l’autore, ma i cristiani hanno reso molto difficile agire secondo questo insegnamento. Essi hanno unito all’ingiunzione che gli uomini debbano dar la vita per salvarsi, l’asserzione che Dio stesso è una persona e che i valori personali sono i più alti che possiamo conoscere. Così facendo hanno posto le basi per tutte le aberrazioni a base religiosa che sono sotto gli occhi di tutti: i calvinisti, credendo che le opere buone e la vita interiore non avessero alcun significato eterno, rinunciarono alla carità e all’auto - educazione e volsero tutta la loro attenzione a farsi strada nel mondo. Traendo dal Vecchio Testamento la “sordida dottrina che la virtù merita una ricompensa materiale, poterono ammassare ricchezze ed opprimere i poveri con la coscienza completamente tranquilla”; erano convinti che la loro ricchezza fosse un segno del favore di Dio e la povertà degli altri una turpitudine morale.  

Huxley elenca numerosi altri esempi dei disastrosi effetti pratici derivati da una fede metafisica errata, uno di questi riguarda Hitler. “La teologia hitleriana afferma che esiste una razza nordica congenitamente superiore a tutte le altre. E’ quindi giusto che i nordici si organizzino per la conquista e che facciano del loro meglio per sterminare popoli come gli Ebrei, che appartengono ad una razza inferiore. Val la pena di notare che (...) la divinità tutelare è personale: per gli Aztechi il sole era una persona suscettibile di provare sete di sangue. Il Dio di Hitler è una versione ringiovanita del “vecchio Dio tedesco” del kaiser, una personalità divina che si interessa profondamente del destino dell’impero di Bismarck ed è pronto a combattere al fianco dei suoi eserciti...”. Insomma, gli errori teologici più “eccentrici” sono stati molto spesso associati alla fede nella personalità di Dio. Ogni qualvolta viene concepito Dio come il comandante in capo piuttosto che come l’ordinamento dell’esercito - come una persona trascendente invece che come un principio d’integrazione immanente e anche trascendente - tenderà sempre a sorgere la persecuzione. E’ un fatto estremamente significativo che, prima della venuta dei maomettani, in India non esisteva virtualmente la persecuzione. La violenza era bandita e sia gli Indù che i Buddhisti tentavano di convertirsi a vicenda, facendo solo uso della persuasione e dell’argomentazione. Huxley rileva che né il Buddhismo né l’Induismo si sono macchiati di qualcosa che corrisponda all’Inquisizione; né sono mai stati colpevoli di iniquità simili alla crociata contro gli albigesi o di pazzie criminali come le guerre di religione del cinque e seicento. I mussulmani che invasero l’India portarono con sé l’idea di un Dio che non era l’ordinamento dell’esercito delle creature, ma il suo generale.   

Dopo aver posto il problema in questi termini, Huxley ritiene necessario spiegare nei dettagli il metodo emotivo di auto-educazione religiosa: la meditazione. “Senza l’atto della riflessione o della concentrazione spirituale, non può esistere assolutamente vita religiosa”. Qualunque religione, sia essa teistica, panteistica o, come il buddhismo, ateistica, che incoraggi gli uomini al non - attaccamento alle “cose di questo mondo” e che insegni loro il lealismo verso il principio integrativo dell’universo è un anatema per il dittatore, che domanda ai suoi sudditi un attaccamento intenso, nella forma di un nazionalismo frenetico, e un lealismo rivolto soltanto a lui e allo Stato di cui è il capo. Spiegata in questi termini l’entità del problema di incomunicabilità e di aggressività che è alla fonte dei disastri dell’umanità, diventa più chiaro il motivo per cui non sono sufficienti, a parere di Huxley, solo riforme politiche o sociali per migliorare la situazione, ma esse debbano essere supportate da un cambiamento profondo dell’etica e della metafisica. “L’uomo ha poco da temere dalle altre specie. I suoi peggiori nemici, all’infuori della sua propria specie, sono gli insetti e i batteri. (...) Per l’uomo, la concorrenza è adesso specialmente intra-specifica. Un’analisi spassionata delle condizioni in cui vive ora la razza umana, rende chiaro che la maggior parte di questa concorrenza intra-specifica non è imposta da nessuna necessità biologica, ma è completamente gratuita e volontaria.” Huxley è giustamente convinto che l’uomo stia perseguendo deliberatamente e pazzamente una linea di condotta che non gli è necessario perseguire, e che le migliori ragioni scientifiche gli dicono essere disastrosa per l’insieme della specie. Si domanda il motivo per cui l’uomo adopera la propria intelligenza per adattarsi sempre più efficacemente alle condizioni della concorrenza intra-specifica e non per arrestarla e per renderla una collaborazione intra-specifica.  

Anche in questo contesto Huxley si ritrova a citare il Marchese de Sade, e ne spiega il motivo: “Possiede il mondo nel suo insieme quel valore e quel significato che noi attribuiamo costantemente a certe parti di esso (come per esempio, agli esseri umani e alle loro opere)? E se lo possiede, quale sarà la natura e il valore di questo significato? Questa è una domanda che alcuni anni fa io non avrei nemmeno fatta. Perchè, come molti miei contemporanei, ero certo che fosse priva di senso (...). Avevo dei motivi per non desiderare che il mondo avesse un senso; di conseguenza, deducevo che non ne avesse e riuscivo senza nessuna difficoltà a trovare delle ragioni soddisfacenti per questa ipotesi. (...) La filosofia del de Sade è la filosofia dell’assenza di ogni significato portata alle sua conclusioni logiche: la vita è priva di senso; i valori sono illusori e gli ideali non sono che le astute invenzioni dei preti e dei re. Le sensazioni e i piaceri animali soltanto possiedono una realtà e sono le sole cose per cui valga la pena di vivere; non esiste alcuna ragione perché un individuo debba avere per un altro la benché minima considerazione. Per chi trova piacere nella violenza e nel delitto, queste attività sono pienamente legittime; e così via.”  

Perché Huxley si dice così affascinato dal Marchese? Perché questi predica la rivoluzione violenta non soltanto nel campo della politica e dell’economia, ma anche in quello dei rapporti personali, inclusi i più intimi, quelli sessuali. E dopo tutto, “perché no?” si chiede Huxley. Se è legittimo torturare e uccidere in un dato ordine di circostanze, deve esserlo egualmente in tutte le altre circostanze. Sade è l’unico rivoluzionario della storia interamente coerente e completo. Allo stesso modo Huxley vuole essere l’unico riformatore della storia interamente completo e coerente. E’ per questa coerenza cui avevo fatto riferimento precedentemente che l’autore inglese non si ferma ad individuare solo le riforme pratiche, quelle economiche e sociali, ma si sofferma a lungo su quelle del sistema di pensiero su cui ogni uomo si basa per esprimere qualsiasi giudizio. Huxley spiega come la filosofia che lui aveva seguito, che negava ogni significato del mondo, fosse essenzialmente uno strumento di liberazione. La sua generazione desiderava contemporaneamente essere liberata da un certo sistema politico ed economico e dal sistema morale vittoriano. Si opponevano alla morale perché questa osteggiava la libertà sessuale; e si opponevano al sistema politico perché era ingiusto. Chi sosteneva il sistema vittoriano, spiega Huxley, pretendeva di incarnare “ in qualche modo il significato del mondo (un significato cristiano, beninteso). Esisteva un metodo semplicissimo per confutare questa gente e al tempo stesso per gustificare la nostra rivolta politica ed erotica: negare che il mondo avesse un senso qualsiasi”. E’ chiaro ormai il motivo per cui la Chiesa non concorre ad educare alla pace: perché i moralisti cristiani, al contrario di quelli buddhisti, ad esempio, commettono l’enorme errore di non insistere sui giusti mezzi di guadagnarsi la vita. La Chiesa tollera che ci si possa ritenere buoni cristiani pur riscuotendo i dividendi di fabbriche d’armi, pur mettendo in pericolo il benessere dei nostri simili con speculazioni di borsa, pur essendo imperialisti e partecipando alla guerra. “Tutto quello che si richiede ad un buon cristiano è di osservare la castità e di praticare un minimo di carità nelle sue immediate relazioni personali”. I moralisti cristiani, osserva giustamente Huxley, non insistono sulla comprensione intelligente e sulla valutazione delle più lontane conseguenze degli atti. Al contrario, il buddhista non si deve impegnare in occupazioni socialmente dannose come fare il soldato, fabbricare armi e droghe inebrianti. Questo non significa che non l’abbia fatto, ma per lo meno il messaggio religioso è costruttivo e tende al bene comune! La base di ogni tipo di dittatura è l’accettazione indiscussa dei modelli consuetudinari di condotta, di pensiero e di sentimento. Un numero enorme di individui, anche intelligenti, usano la loro dote solo allo scopo di fare bene ciò che per tradizione considerano il loro dovere. Questo atteggiamento mentale, spiega Huxley, è difeso dalla Chiesa stessa, che per la sua sopravvivenza si fonda su questo meccanismo mentale che sta anche alla base delle dittature. Oltre che in Brave New World Revisited e in Ends and Means, Huxley procede in un’analisi della propaganda e delinea le maniere per sottrarvisi. Rispetto all’analisi del 1937 le differenze sono ovvie: sono cambiati i mezzi di comunicazione di massa, i loro messaggi e i loro linguaggi; la televisione si stava conquistando uno spazio sempre maggiore e così anche il cinema. Evidentemente Huxley sente il bisogno, nel 1958, di aggiornare la sua analisi e di considerare anche la televisione e le nuove frontiere in campo medico e scientifico che in Ends and Means non aveva ancora approfondito, sebbene se ne fosse già interessato. Huxley ritiene indispensabile insegnare ai lettori una resistenza alla suggestione. Questa la si può ottenere in due modi. In primo luogo si può insegnare ai bambini a fidarsi solo delle loro risorse interne e a non dipendere dai continui stimoli provenienti dall’esterno. Questi, infatti, altro non sono che lo zucchero con cui i dittatori avvolgono le loro pillole ideologiche. Bisogna, quindi, boicottare ciò che fa da esca al propagandista: “le notizie sportive, le storie poliziesche, il jazz e il varietà, i film d’amore, d’avventura e di lussuria. Da ciò l’importanza vitale di insegnare al maggior numero di giovani il modo di divertirsi da sé e di indurli a desiderare di farlo”. Avevamo già preso in considerazione precedentemente questa ipotesi, e non possiamo far altro che sottolineare il valore provocatorio che assume: è ovvio che Huxley sta ragionando per assurdo, ma lo fa perché sente la necessità di evidenziare la gravità della situazione in cui il mondo versa.  

In secondo luogo, in modo puramente intellettuale, si arriva all’aumento della resistenza alla suggestione sottoponendo ad una approfondita analisi critica gli espedienti dei propagandisti e le parole da loro usate. (Ad esempio “nazione”, “interessi nazionali”, “onore nazionale” ecc. nonché tutte le personificazioni, le astrazioni e le metafore che si incontrano negli articoli e nei discorsi).  

Oltre all’analisi della propaganda verbale, é necessario soffermarsi su quella che si basa sulle associazioni visive. Essa consiste, spiega Huxley, in un’associazione arbitraria dell’idea che si vuole suggerire con qualche oggetto o immagine o suono intrinsicamente delizioso che ne suggerisca il piacere, in qualche modo. Ad esempio il reclamista di un sapone mostrerà l’immagine di una donna giovane e bella che fa il bagno in una vasca elegante e spaziosa e così via. Ancora una volta la resistenza alla suggestione può venire aumentata soltanto con l’acuire la facoltà critica degli interessati. L’arte di dissociare le idee, dice acutamente Huxley, dovrebbe far parte di ogni corso di studio! Bisogna insegnare a dissociare l’idea del godimento estetico dal giudizio riguardo al valore della guerra come strugno di nota l’apprezzamento dell’autore del metodo Montessori, che viene lodato ampiamente e la cui attuazione da parte della scuola inglese viene caldamente raccomandata. A parere di Huxley l’educazione dei giovani deve essere intesa al recupero, al rispetto e alla tutela integrale delle diversità individuali: il suo timore è quello dell’uniformità e del conformismo cui questa società tende inesorabilmente. La tutela delle diversità deve essere integrata in una coesione collettiva che utilizzi le tecniche del controllo comportamentale per coagulare le diverse tendenze della comunità sociale. La tutela dalla centralizzazione, dal dominio e dalla propaganda deve essere rigorosissima e gestita di comune accordo dall’intero gruppo sociale. Diventa necessario insegnare a scuola come sfuggire alla propaganda e come riconoscere quella nascosta. A questo proposito Huxley fa notare rammaricato la chiusura di un "Istituto per l'Analisi della Propaganda” che restò attivo dal 1937 al 1941 a Londra, e che aveva lo scopo di smascherare ogni tipo di propaganda, nascosta o meno, cui il popolo era soggetto. Fu fondato quando quella nazista era quanto mai efficiente e rumorosa da Filene, un noto filantropo del New England. Sotto gli auspici dell'Istituto si condussero analisi della propaganda irrazionale e si approntarono numerosi programmi d'istruzione per le scuole medie ed universitarie. Poi, con la guerra, si assistette anche alla "guerra psicologica" oltre che da parte dei nazisti anche da parte degli alleati, e parve "...privo di tatto insistere ancora sull'analisi della propaganda..."! L’Istituto venne dunque chiuso.  

Anche prima della chiusura alcuni disapprovarono l'insegnamento dell'analisi e sostennero che in questo modo i giovani sarebbero diventati cinici. Né l'accolsero di buon grado le autorità militari, timorose che le reclute si mettessero ad analizzare le parole del loro sergente maggiore invece che ubbidirle ciecamente. La chiusura stessa dell’Istituto viene portata ad esempio di due fatti principali: in primo luogo era evidentemente molto alta la quantità di propaganda cui si era (e si é tuttora!) soggetti normalmente, avendola messa in luce chiaramente l'Istituto; in secondo luogo il fatto che il Governo stesso aveva interesse a sfruttarla. In ogni caso, specifica l'autore, occorre insegnare ai fanciulli l'analisi della propaganda quanto basta perché non credano acriticamente nelle sciocchezze, ma non al punto da indurli a respingere tutte le affermazioni, non sempre razionali, di coloro che in buona fede stanno a guardia della tradizione, ad esempio. E’ inoltre ferma convinzione dell’autore che l’educazione alla libertà debba passare attraverso un “retto uso del linguaggio” e uno studio approfondito della letteratura come esempio di non accettazione indiscussa di modelli di condotta, di pensiero e di sentimento.  

Nel 1937 il secondo conflitto mondiale era alle porte e Huxley si sofferma su di esso. Si dilunga in un'analisi della guerra, della sua origine e della sua natura, cercando i metodi per evitarla o fermarla.  

Il IX° capitolo di Ends and Means , intitolato, appunto, “la natura della guerra”, è il primo di una lunga serie di capitoli fortemente collegati tra loro: il suo lavoro si divide in schematici e chiari paragrafi in cui tratta della natura della guerra e dei rimedi, delle alternative e degli equivalenti psicologici che possono arrestarla. La prima cosa che l’autore dice sulla guerra, é che “esiste perché la gente vuole che esista!” Quest’affermazione può apparire a prima vista infondata e assurda, ma l’autore conduce con lucidità un’analisi che porta alla dimostrazione di quello che sostiene. Il fatto che colpisce é che proprio il popolo, e non i governanti o coloro che possono avere interessi economici, tendono alla guerra! Le cause principali di ogni conflitto vengono identificate nel nazionalismo e negli interessi economici, affiancati dalla noia della pace e dall’eccitazione (cause psicologiche). La trattazione di Huxley mostra come la guerra sia fonte di sicurezza per il popolo: esalta la figura di una nazione in cui credere e fini e lavori diventano chiari e abbondanti per tutti. Viene citato come esempio, di questa sicurezza, il fatto che i suicidi, in tempo di guerra, subiscono una brusca diminuzione. Per evitare la guerra, occorre pertanto agire su due livelli: bisogna trovare alternative politiche a livello di rapporti esteri e bisogna trovare equivalenti psicologici per quanto riguarda i rapporti interni.  

Riguardo le alternative politiche Huxley sostiene l’impossibilità di trovarne attraverso la Società delle Nazioni finché Stati Uniti, Unione Sovietica e Germania ne sarebbero state fuori. Vediamo così l’autore inserirsi in questa polemica che tenne banco in quei tempi, con forza e lucidità. La critica di Huxley colpisce nel segno quando mette in risalto la contraddizione per cui poteva far parte della Società delle Nazioni solo lo Stato che avesse un esercito! Si trattava, in realtà, di un incoraggiamento al riarmo piuttosto che alla pace. Gli equivalenti psicologici: Huxley ne trova uno nell’insegnamento di una cosmologia più corrispondente alla realtà di quanto non lo fossero le “grottesche filosofie che sono alla base delle idolatrie nazionalistiche e comuniste”, ma l’equivalente più funzionale lo trova nel “soma” di Brave New World e nel moksha di Island. Si tratta di due droghe da prendere regolarmente allo scopo di evadere dal corpo e di scaricarsi dei pesi della vita, trovando pace interiore e benessere fisico. Quando l'uomo è in pace con sé stesso, non ha bisogno delle scariche adrenaliniche offerte dall'adorazione del ”dio” nazione. E’ da rilevare che l’autore parla di “alternative” politiche e di “equivalenti” psicologici. Qual’è la differenza tra i due termini? Sia per il discorso politico che per quello psicologico, Huxley constaterà ( e ce lo confermerà in Brave New World Revisited ) che l’uomo non è mai stato disponibile a trovare alternative o strade diverse da quella che porta alla guerra. L’autore parla di alternative allo scontro armato perché si può fare a meno di questo. Sono, invece, necessari degli equivalenti alle emozioni intense provocate dalle situazioni di tensione emotiva e di scontro tra le nazioni. L’uomo, osserva Huxley, vive di emozioni e ne è alla continua ricerca, sarebbe controproducente privarlo di queste.  

L’unica cosa che agisce da deterrente è la droga, non da intendersi con l’implicito giudizio negativo dei nostri tempi ma intesa positivamente poiché svolge una funzione utile per la società. La droga accostata alle pratiche religiose, può concorrere alla crescita spirituale dei cittadini.    

L’autore sostiene che in condizioni favorevoli gli uomini sono in grado di governarsi da sé e che il liberalismo fiorisce in un’atmosfera di prosperità e declina col venir meno di quest’ultima. Sovrappopolazione e superorganizzazione privano il corpo sociale della possibilità di far funzionare il corpo democratico. Ma se l’uomo trova dei rimedi a questi problemi, si può sperare in un po’ di serenità. Alla fin fine, è sempre nelle istituzioni democratiche che l’uomo trova i mezzi per conciliare l’ordine sociale con la libertà e con l’iniziativa individuale.  

L’ineguaglianza porta necessariamente o alla guerra o al disagio sociale; a sua volta questo pone le basi per l’introduzione di un sistema di governo dispotico. Quale grado di ineguaglianza può essere tollerato in una società, si chiede Huxley? L'unica forma di uguaglianza che esista realmente é la buona condotta reciproca. L'uguaglianza indotta dal Mescal (Moksha o Soma) e descritta nei romanzi, permette anche a chi non è ad un alto livello di conoscenza di sé e delle pratiche esoteriche, di poter meditare profondamente come un iniziato. Tutto ciò rende gli uomini uguali e tutti indirizzati sulla stessa strada di progresso spirituale. Se si rende gratificante e piacevole percorrere questa strada (tramite l’assunzione di droghe allucinogene), si può affermare con ragionevole certezza che gran parte degli uomini la percorrerà, perché vi troverà un equivalente alle emozioni che è bello vivere, ma che talvolta generano conflitti all’interno della società. Bisogna agire come dei pubblicitari: bisogna fare in modo di vendere meglio e al meglio le cose positive per l’umanità, come per esempio una sana religione dedicata realmente all’uomo oppure come il reciproco rispetto. Huxley invita ad utilizzare a fin di bene gli stessi mezzi che invitano con così grande successo al nazionalismo e al conflitto! E' da notare come non si parli mai di ineguaglianza come stimolo al miglioramento e alla lotta! Solo nella parte finale di Brave New World troviamo questo concetto: Watson viene esiliato dal Governatore Mondiale e può scegliere la destinazione: o la Nuova Guinea o le isole Falkland. L’esiliando sceglierà di andare alle isole vicino al Polo Sud, perché l’asprezza del luogo e la severità del clima gli sarebbero stati di stimolo per la creazione letteraria delle sue poesie.  
   CONCLUSIONI 

Il primo capitolo di Ends and Means si apre con la descrizione dell'UNICO uomo che potrà essere virtuoso e che potrà trovare positive le riforme: si tratta dell'uomo "non attaccato" agli oggetti e alle persone, al denaro e agli agi, libero, insomma, da ogni schiavitù mentale. E' ovvio che quest'uomo "non attaccato" auspicato da Huxley non è verosimile, politicamente parlando, e se esistesse sicuramente non avrebbe la forza necessaria per farsi valere con la sua virtù; tanto meno sarebbe in una posizione di potere. Quello di Ends and Means è un Huxley che non mette in discussione il primato dello “spirituale” e che ne ipotizza con coerenza rigorosa lo sviluppo anche nel campo dell’azione politica. Caratteristica peculiare di questo saggio sembra, dunque, essere una tensione tra la fattibilità delle riforme che Huxley ipotizza, e la condizione su cui si devono fondare per funzionare: che siano, cioé, uomini "non attaccati" a gestirle. Nella trattazione le riforme spiegate sono molte, alcune anche radicali, ma fondamentalmente fattibili; nel momento in cui Huxley le fa diventare un corollario alla riforma pricipale, quella dell’etica e della metafisica, il tutto si complica e diventa più aleatorio. Se dovessi giudicare con un solo aggettivo questo saggio, soprattutto in confronto a Brave New World Revisited, direi che si tratta di un testo ingenuo, nel senso che Huxley sembra, da una parte, avere ancora fede e fiducia nell’uomo, se gli presenta cambiamenti così difficili da attuare. D’altra parte sembra invece che abbia sfiducia, poiché sembra porre come condizione alla salvezza della specie umana la riforma più radicale che si possa immaginare: quella dell’etica e della metafisica di riferimento all’uomo. Quella che appare “ingenuità” in Ends and Means, suppongo sia il frutto dei viaggi in India, un paese particolarissimo e molto coinvolgente sotto il profilo spirituale, che sappiamo aver avuto una grande importanza per l’evoluzione interiore di Huxley. Non sembra errato pensare che l’autore abbia redatto il suo saggio influenzato fortemente dalle esperienze dei suoi viaggi. Ends and Means può essere forse considerata l’opera saggistica più spontanea e che rappresenta il difficile tentativo di coagulare le teorizzazioni di una riforma politico-sociale e di una riforma mentale, etica e religiosa. In Brave New World Revisited troveremo un Huxley sociologo e teorico politico disilluso e disincantato piuttosto che, come in Ends and Means, un Huxley entusiasta e speranzoso verso dei cambiamenti dell’animo umano che non possono, ragionevolmente, avvenire come li immagina lui.  

Alla domanda iniziale "come si fa a trasformare l'uomo sensuale medio e l'uomo ambizioso in uno di quegli esseri distaccati che soli possono creare una società molto migliore della nostra?" Huxley risponde "basta che queste persone lo vogliano!". Ma è difficile rinunciare a posizioni di successo, egocentriche e stimolanti dal punto di vista delle passioni e delle emozioni. Piuttosto che perdere tutto questo, l'uomo sensuale medio preferisce continuare a vivere l'eccitazione delle passioni anche nella vita politica, consentendo così a dittatori e a regimi fondati sulle passioni delle folle, di trovare terreno fertile su cui attecchire.   
   BRAVE NEW WORLD REVISITED INDICE

"Nel 1931, quando scrivevo Brave New World, ero convinto che ci fosse ancora tempo, e parecchio (...)". Questo l'incipit del saggio in cui Huxley si mostra sorpreso dalla velocità con cui si è arrivati al momento da lui temuto in cui la nostra società sarebbe stata più vicina all'ordine eccessivo di quanto fosse lontana dal disordine. L'autore sperava di poter vivere quello che chiama "l'intervallo felice tra il disordine e l'incubo dell'ordine eccessivo" e che anche i suoi figli e i suoi nipoti lo potessero, ma nel 1958 si deve ricredere: "L'incubo dell'organizzazione totale (...) è sortito dal futuro (...) e ora ci attende, lì all'angolo".  

Questo saggio é datato 1958 ed é una delle ultime opere di Huxley prima di Island , l’ultimo dei suoi romanzi; seguirà solo più il saggio Literature and Science nel 1963. Rispetto a Ends and Means l’attenzione si sposta verso il sovrappopolamento del mondo e l’analisi dei vari tipi di propaganda e dei loro meccanismi diventa approfondita e accurata. I concetti di “non attaccamento” e di “carità” scompaiono e lasciano posto ad una visione più disincantata della realtà. Vedremo in seguito se si tratta di un superamento di questa visione o se si tratta, in realtà, di un temporaneo accantonamento al fine di affinare il messaggio da trasmettere e di adattarlo al target di lettori che l’autore si era prefissato. Huxley sostiene che è più probabile un avvicinamento della società alle condizioni del Brave New World rispetto che al mondo ipotizzato in 1984 di Orwell. Il suo messaggio è che con il progresso di scienze e tecniche anche la tirannia si aggiorna, e lungo tutto il saggio perdura il tema del timore di un governo che eserciti un controllo non violento per mezzo di premi e manipolazioni di pensieri, sentimenti e ambienti. “Non ci sono motivi per pensare che uno Stato totalitario nuovo debba per forza assomigliare ai vecchi. Governi di oligarchie e squadre con la camicia nera, deportazioni di massa e imprigionamenti sommari non sono solo inumani, sono anche inefficienti.(...) Uno Stato totalitario realmente efficiente dovrebbe avere un esecutivo di capi politici coadiuvati dal loro esercito di managers che controlla una popolazione di schiavi che non sono tenuti a bada con mezzi coercitivi, perché amano il loro stato di servitù”. Questo lo scrisse Huxley per la quarta di copertina di una riedizione di Brave New World nel 1946. In un mondo che ha fatto dell’efficienza (industriale e produttiva) il comandamento principale, assistiamo al cambiamento verso questa direzione anche da parte degli Stati, quelli dittatoriali in testa. “Per far amare ai sudditi il loro status di schiavi ci sono a disposizione ministri della propaganda, editori di giornali e insegnanti scolastici. (...) Semplicemente non menzionando certi temi, i propagandisti totalitari hanno influenzato molto di più l’opinione pubblica di quanto sarebbero riusciti a fare se si fossero sforzati di denunciare qualcosa palesemente. (...) La verità è grande, ma ancora più grande, da un certo punto di vista, è il silenzio sulla verità.” La cosa più interessante di questo saggio è che Huxley torna su alcuni aspetti dei libri da lui scritti nel passato per reinterpretarli, per svelare parti che potevano destare dubbi o sembrare oscure e per aggiungere nuove idee e “controllare” il futuro da lui ipotizzato in Brave New World. Questo saggio, a mio parere, è molto più concreto rispetto a Ends and Means. Risalta l'evoluzione compiuta dal pensiero di Huxley: la sua posizione su temi quali la guerra, la dittatura e la propaganda già impostata nei romanzi giovanili, viene approfondita in Ends and Means e viene aggiornata e definitivamente conclusa in Brave New World Revisited. Certi temi che nel 1937 sembravano essere fondamentali come il risveglio delle coscienze personali e il tema della carità vengono accantonati nel momento in cui l'autore si accorge dell’impossibilità della loro realizzazione concreta. L’occhio analitico dell’autore si sposta su temi nuovi come quello del sovrappopolamento. E’ questo l’argomento principale che viene trattato e sviscerato per un gran numero di pagine in questo saggio, ed è la base da cui Huxley parte per trattare anche altri argomenti connessi ad esso: "Il problema del rapporto tra rapido accrescimento della popolazione e risorse naturali, stabilità sociale e benessere dei singoli, è oggi il maggior problema per l'umanità."    

Da un eccesso di popolazione, a parere dell’autore, possono nascere due situazioni diverse: l’anarchia o il totalitarismo. La logica del ragionamento è sicuramente ferrea: sostiene che il crollo della mortalità grazie all’introduzione di vaccini e al DDT non ha un corrispondente crollo nella natalità, o in alternativa, un aumento di risorse tale da sostenere le persone scampate alla morte; la conseguenza è una brusca crescita della popolazione. Quando la vita economica di una nazione si fa precaria a causa del sovrappopolamento, il governo centrale è costretto ad assumersi nuove responsabilità per evitare di essere rovesciato dal disagio sociale. Così la ricerca del benessere generale da questo perseguita è motivata, in realtà, dalla volontà di non perdere il potere. Questo significa, in parole povere, un accentramento del potere che non sempre è controllabile o evitabile dalle costituzioni nazionali. Huxley sostiene che entro 20 anni (dalla data di redazione, quindi entro il 1978) tutti i paesi sovrappopolati e sottosviluppati sarebbero caduti sotto un dominio di tipo totale politiche di controllo delle nascite sia agendo con leggi, premi e offerte di opportunità, sia intervenendo sulla religione e sull’etica. Il controllo delle nascite diventa un punto fondamentale, nella trattazione di Huxley, perché assume il valore di una conditio sine qua non ad un regime politico di libertà civile. Il controllo delle nascite comporta la cooperazione di un popolo intero deve essere praticato da innumerevoli individui e richiede un’intelligenza e una volontà che quasi mai “ritroviamo nel formicaio di analfabeti che popolano il mondo”.  

Mentre non esistono tradizioni religiose contrarie al controllo delle morti (e qua Huxley è realmente sarcastico!) assai diffuse sono le tradizioni religiose e sociali che si oppongono al controllo della riproduzione. Nel Mondo Nuovo della sua favola, era ben risolto il problema del rapporto tra la popolazione umana e le risorse naturali. Si era calcolato il numero ideale per la popolazione del mondo (poco meno di due miliardi) e si provvedeva a contenerla entro quel limite, una generazione dopo l’altra. Huxley individua nel rapporto tra il rapido accrescimento della popolazione e le risorse naturali disponibili, il maggior problema per l’umanità.   

I farmaci consentono di salvare persone che, altrimenti morte, “contagiano” la società abbassandone la media genetica di intelligenza e vigore. Sorge il problema delle risorse a disposizione di questa gente salvata al suo destino che fino a poco prima sembrava scontato: con cosa le si vestirà, si domanda Huxley? Con cosa le si nutrirà? Che qualità di vita si riuscirà a garantire loro? La loro situazione di debolezza in che modo interferirà con lo sviluppo della società? L’autore sostiene che la genetica, in futuro, potrebbe aiutare l'uomo nella risoluzione di questo problema. In Brave New World il tema della genetica viene trattato ampiamente, ma da un punto di vista diverso da quello di Island : viene infatti approfondito l'aspetto negativo e viene messo in evidenza il pericolo dell'avere in mano il futuro delle vite altrui. Nella distopia del 1932 si ipotizza una genetica in mano allo Stato e a suo favore, contro il cittadino. In Island , invece, l’autore pone la genetica al servizio dell’uomo, ipotizzando una modalità di gestione di questa potente risorsa che eviti gli inconvenienti di un potere così forte e irresistibile: ha, infatti, la capacità di influenzare il futuro attraverso la manipolazione dei corpi e delle menti di persone ignare. Si tratta di una doppia azione di influenza: dall’interno (influenza della coscienza delle persone) e dall’esterno (le persone che hanno ricevuto il “trattamento” vivranno per molti anni e interagiranno con altri soggetti influenzando il corso della realtà). In Island la genetica è usata a fin di bene da persone responsabili che pensano e agiscono nell’ottica del progresso della società. Un potente mezzo come la genetica è effettivamente molto pericoloso: può produrre risultati veramente positivi, così come ne può produrre incredibili danni. Se fosse utilizzato nell’ottica di tutti i potenziali Mondi Nuovi, le prospettive di un futuro felice sarebbero notevolmente fosche: lo Stato, o chi per esso, determinerebbe individui corrispondenti alla necessità di stabilità e di ordine sociale, livellandoli e uniformandoli nel nome della semplicità di gestione delle risorse e del controllo della produzione, bloccando sul nascere tutte le tensioni e ciò che può portare alla destabilizzazione di un mondo immobilizzato in un vero e proprio rigor mortis.  

Parlando di genetica Huxley tocca (nel 1958) un argomento ancora inesplorato nella letteratura. Nel momento in cui scrive, la genetica comincia ad essere una realtà e si sondano i confini che si stanno profilando. Quello di Brave New World Revisited è un Huxley più scientifico e più tecnico rispetto a quello di Ends and Means, dove era, forse, più concentrato sull’aspetto spirituale. L’autore inglese indica il problema morale che assilla il mondo moderno: lui è consapevole che la bontà dei fini non giustifica l’uso di mezzi cattivi. Ma che dire delle situazioni in cui i mezzi buoni danno risultati finali che si rivelano cattivi? Ecco l’esempio famoso del DDT: col suo uso si blocca la diffusione della malaria e si salvano centinaia di migliaia di vite umane. Non c’è più la morte rapida per la malattia, ma viene sostituita da quella lenta per inedia. “Siamo presi tra le corna di un dilemma morale: per trovare la soluzione occorrerà tutta la nostra intelligenza, tutta la nostra buona volontà”. Huxley si preoccupa molto del progresso della tecnologia e dei mezzi di comunicazione. Questo stava portando ad una centralizzazione del potere tremendamente pericolosa per la libertà. La tecnologia è sempre più complessa e costosa, ha bisogno di più soldi e mezzi e ne consegue che ci sono sempre più grossi imprenditori che hanno disponibilità di mezzi e facilità a procurarseli, e sempre meno piccoli imprenditori. Ecco ritornare il discorso di Ends and Means sui piccoli gruppi con interessi ristretti ma che insieme hanno un grande potere di influenza. L’apparato della produzione di massa, migliorando la sua efficienza, tende a farsi sempre più complesso e costoso, meno accessibile quindi all’imprenditore che abbia mezzi limitati. Non solo: la produzione di massa non sta in piedi senza la ditribuzione di massa, e la distribuzione di massa crea problemi che soltanto i grossi produttori possono risolvere adeguatamente. Scomparendo “l’Uomo Piccolo”, una quantità sempre maggiore di potere economico si riduce nelle mani di un numero sempre minore di individui. Sotto la dittatura la Grande Impresa, resa possibile dall’asfissia delle Piccole, cade sotto il controllo dello Stato, che diventa così il padrone assoluto di ogni mezzo di comunicazione e di produzione, e che può operare indiscriminatamente un lavoro di influenza dei pensieri e della morale dei cittadini. Anche economicamente, dunque, è fondamentale difendere piccoli imprenditori e piccoli gruppi, occorre tutelare le diversità e le piccole realtà a tutti i livelli, compreso quello economico, al fine di non cadere nell’”uniformità economica”, che significa monopolio detenuto da un’elite incontrollabile. Questo discorso è fondamentale, perché rappresenta lo sforzo di impostare la nuova etica sociale di cui Huxley sente il bisogno, e l’applicazione di una logica, sempre uguale, a tutti i livelli di vita sociale: economico, religioso, sociale, politico ecc.   

La tecnologia moderna ha portato alla concentrazione del potere economico e politico, e alla formazione di una società controllata dalla Grande Impresa e dal Gran Governo, per usare le definizioni dello stesso Huxley. Il pericolo risiede nel fatto che nelle società democratiche il controllo è “pulito e nascosto” e non consente di difendersi.  

Tutti quelli che cullano l’”illusione dell’individualità” sono, in realtà, adattati alla realtà e, quindi conformi e disindividualizzati. Se fossero pienamente uomini, non dovrebbero o potrebbero adattarsi. Uniformità e libertà sono incompatibili. Uniformità e salute mentale sono incompatibili. Molte persone sono “normali” solo perché l’educazione ha messo a tacere la loro voce di uomini. I sintomi di nevrosi sono, in questo caso, positivi, perché indice di un conflitto intimo che riporta in superficie la loro voce. Viene in mente G.B. Shaw: “L’agente di progresso della società non è l’uomo ragionevole, che adatta sé stesso alla realtà, che si uniforma, ma è l’uomo “irragionevole”, quello, cioé, che tenta di adattare l’ambiente a sé stesso.” "Il perfetto adattamento degli uomini a questa società anormale," dice Huxley, "è la misura della loro infermità mentale. Nel corso dell'evoluzione la natura si è adoperata in ogni modo perché ciascun individuo fosse diverso da tutti gli altri (...). Qualsiasi cultura che, nell’interesse dell’efficienza o in nome di un dogma religioso o politico, cerca di standardizzare l’individuo umano, commette una offesa contro la natura biologica dell’uomo". Huxley ci spiega che il Mondo Nuovo voleva essere un quadro fantasioso, a tratti irrispettoso, di una società nella quale il tentativo di ricreare gli esseri umani a somiglianza delle termiti si è spinto fino ai limiti del possibile. E' con orrore che l'autore si trova a constatare che la direzione intrapresa dal "progresso" della società è proprio quella da lui temuta. Al nostro sistema etico tradizionale, in cui l'individuo ha importanza primaria, si va sostituendo un'Etica Sociale. Le parole chiave che stanno emergendo sono: "adattamento", "condotta socialmente orientata", "appartenenza", "lavoro di squadra", "lealtà di gruppo", "pensiero di gruppo", "creatività di gruppo". Il presupposto fondamentale che si sta profilando è che il complesso sociale ha maggiore importanza e significato delle parti individuali, che le differenze biologiche innate devono sacrificarsi all'uniformità culturale cui si tende e che i diritti della collettività vengono prima di quelli che nel diciottesimo secolo si chiamarono Diritti dell'Uomo. Huxley è allibito e sconcertato di fronte alla realtà che sta emergendo, ma soprattutto è spaventato, e cerca un modo per interrompere questa tendenza. A partire da questo momento sembra che interpreti i gruppi esclusivamente come fautori di una resistenza al potere granitico e costituito, e non più come una base proponitiva per l’azione economica e sociale. Avverte con chiarezza che l’organizzazione è sì necessaria, perché la libertà sorge e acquista senso solo entro una comunità che sappia regolarsi da sé, composta da uomini liberi e cooperanti. Ma l’organizzazione, seppur indispensabile, può anche essere letale. Se è eccessiva trasforma gli uomini in automi, soffoca lo spirito creativo, toglie ogni possibilità di liberazione. Come sempre, dice l’autore, la via sicura è quella di mezzo: fra l’estremo del laissez faire da una parte e il controllo totale dall’altra. Proprio in anni in cui diventava tecnicamente possibile stabilire l’uguaglianza e la libertà, era sorta una nuova aristocrazia di burocrati, scienziati, giornalisti, sociologi e politici di professione affamata di pura potenza tecnologica. L’avvertimento dell’autore è importante: attenzione a chi dovrebbe essere artefice della libertà e dell’uguaglianza nella nostra società, perché la posta in gioco è cambiata: è il potere mass mediologico quello che va ricercato e, dal quale é molto difficile sfuggire. Gli uomini non possono creare un organismo sociale sull’esempio delle api o delle termiti, possono creare solo un’organizzazione. Se tentano di creare un organismo, finiscono per mettere in piedi un dispotismo. La società attuale si sta spingendo nella direzione del Mondo Nuovo! Al nostro sistema etico tradizionale, che ha per fulcro l’individuo, si va sostituendo un’etica sociale che per presupposto ha l’importanza del complesso sociale rispetto alle parti individuali e che per la sua continuità sacrifica l'individualità.   

Questo, in definitiva, è il tema centrale del pensiero di Huxley, e tutti gli argomenti che vengono trattati in tutte le sue opere politiche a partire dal 1949, sono in relazione a questo. A lunga scadenza, dice Huxley, il controllo è meno efficace se ricorre al castigo della condotta indesiderata, anziché indurre la condotta desiderata mediante premi; è chiaro che un governo del terrore funziona nel complesso meno bene del governo che, con mezzi non violenti, manipola l'ambiente e i pensieri e i sentimenti dei singoli, uomini donne e bambini. Nel mondo immaginario della "mia favola" il castigo è raro e di solito mite, il governo realizza il suo controllo, quasi perfetto, inducendo la condotta desiderata col ricorso a varie forme di manipolazione fisica e psicologica e alla standardizzazione genetica. L’uomo “ideale” è, ormai, quello che ha “conformismo dinamico”, colui che ha la volontà di far parte del gruppo e che è devoto alla ditta (ad esempio il moderno operaio giapponese!), che riesce a conformarsi velocemente alle mode e ai gruppi che cambiano velocemente. Huxley sostiene che l’odierna etica sociale non è altro se non una giustificazione a posteriori di alcuni effetti indesiderabili della superorganizzazione. Chi controlla l’etica sociale è l’ingegnere sociale: una figura negativa ma di cui non viene specificato nulla di preciso. Devono logicamente far parte parte della categoria tutti coloro che possono, in qualche modo, decidere cosa "somministrare" al popolo attraverso la televisione e le radio, quindi si va dai commentatori ai giornalisti, dai sociologi ai pubblicitari, dai produttori agli attori. Alla domanda “Quis custodiet custodes? “, cioé “chi regolerà l'ingegno agli ingegneri?”, la società risponde che non occorrono supervisori. Huxley, al contrario, giudica "(...) commovente la convinzione che pare diffusa tra i professori di sociologia: cioé che questi non si lasceranno mai corrompere dal potere". E' evidente che in un mondo in cui arma del potere è il condizionamento delle masse, le figure che conoscono le dinamiche di gruppo e i funzionamenti delle grandi società, saranno le più richieste da chi gestirà il potere. Di fronte al successo e al denaro, Huxley dubita che molti di questi professori rinuncerebbero per amore della libertà. E' lo stesso discorso del giornalista che può essere testimone oggettivo della realtà cui assiste, oppure leccapiedi del tiranno. Propaganda è un termine generico che racchiude al suo interno almeno tre sottogruppi: la propaganda politica; la pubblicità; i programmi televisivi, cinematografici e i giornali. Attraverso questi strumenti, più o meno sofisticati, si può influire sullo spettatore / lettore fino a fargli assumere gli atteggiamenti "politicamente corretti" che il potere avrà stabilito. Attraverso la pubblicizzazione dei più svariati prodotti, si fa riferimento a valori e a comportamenti consumistici, ad esempio, e si può indurre il pubblico a modificarli e a orientarli inconsciamente come fa comodo all'azienda e al sistema economico intero.   

Huxley sostiene che la propaganda politica si possa distinguere in razionale e irrazionale. Quella razionale è stimolo all’azione consona all’interesse illuminato di chi la esercita e di chi la riceve (utilizzo positivo). Quella irrazionale non è consona all’interesse di nessuno, fa appello a prove false, viene dettata dalla passione, e alla passione fa riferimento (utilizzo negativo). Huxley analizza a fondo chi fa la propaganda, il modo di farla e chi ne è oggetto. Nel paragrafo sull'educazione spiegherà come accorgersi di esserne vittima e come difendersi, fondandosi sull’esempio del funzionamento della propaganda nazista.    

Le istituzioni democratiche sono mezzi per conciliare l’ordine sociale con la libertà e con l’iniziativa individuale, secondo Huxley, e per mettere il potere immediato dei governanti sotto il potere finale dei governati. Il fatto che in Europa e negli Stati Uniti questi mezzi abbiano funzionato dimostra che in condizioni favorevoli gli esseri umani sanno govervarsi da sé e si governano meglio, anche se magari con minor efficienza meccanica, che se fossero sottoposti ad un’autorità indipendente dal loro volere! Ma il liberalismo fiorisce in atmosfera di prosperità e declina col venir meno di questa stessa, quando è necessario che il governo intervenga in modo sempre più frequente e drastico negli affari dei soggetti. Sovrappopolazione e superorganizzazione, insiste l’autore, sono due elementi che privano il corpo sociale della possibilità di far funzionare efficacemente gli istituti democratici. Ad esempio, in un contesto di superorganizzazione in cui si alzino i costi e si concentrino i mezzi di comunicazione nelle mani di poche grosse imprese o, peggio, dello Stato, di fatto si esercita una censura.   

Tutto questo ragionamento si fonda sul presupposto che l’uomo ha bisogno di avere delle distrazioni: nella Roma antica erano gli spettacoli dell’Arena, adesso sono i programmi televisivi, cinematografici e i giornali di pettegolezzi e costume. Nel Mondo Nuovo questo flusso inarrestabile di distrazioni veniva usato deliberatamente quale strumento di politica, per distogliere la gente dal pensare alla realtà della situazione sociale. Nelle democrazie capitaliste occidentali, afferma Huxley, sono sorte un gran numero di industrie della comunicazione di massa che non danno al pubblico né il vero né il falso, ma semmai l'irreale; ciò che, più o meno, non significa nulla. Al giorno d’oggi i dittatori si avvalgono di 3 mezzi per influenzare le masse, e sono proprio gli stessi che sono alla base della comunicazione pubblicitaria: la RIPETIZIONE di frasi fatte che essi vogliono fare accettare per vere, la SOPPRESSIONE di fatti che essi vogliono ignorati e il SUSCITAMENTO e la RAZIONALIZZAZIONE di passioni che possono poi usarsi nell’interesse del partito o dello Stato (o dell’azienda nel caso della pubblicità). Prendiamo ad esempio la reclame di un sapone: lo spot viene ripetuto innumerevoli volte alla televisione e i manifesti sono visibili dappertutto. Vengono ripetute frasi e proiettate immagini che lasciano supporre che utilizzando il tal sapone il nostro successo sociale aumenterà considerevolmente. Viene evidentemente taciuto il fatto che si tratta di un sapone comune semplicemente profumato e in una confezione più elegante. Si fa in modo di collegare le immagini del successo sociale del protagonista dello spot all’uso del tal sapone. Evidentemente tutto ciò comporta l’assimilazione del precetto consumistico per cui è bene acquistare sempre più (e cose sempre più inutili) e quindi vediamo che il messaggio pubblicitario è unito ad un messaggio di comportamento sociale. Il rischio maggiore consiste proprio in questo: attraverso un canale ormai famigliare come quello della pubblicità televisiva, far arrivare al pubblico dei messaggi rivolti ad influenzare asata sulle migliori prove possibili".  

Huxley insiste sul fatto che non è sufficiente, seppur sia positivo, conoscere il funzionamento della propaganda. E’ necessaria un’educazione preventiva e diluita nel corso degli anni di scuola per difendersi adeguatamente da essa e per evitare che le passioni si impossessino del nostro animo. Quest'educazione si deve fondare principalmente su due aspetti: quello prettamente scolastico (un metodo e delle conoscenze di base) e quello spirituale. E' necessaria, infatti, un'educazione dello spirito per fronteggiare le passioni che portano l'uomo a ragionare non seguendo la logica e la razionalità.  

Come riuscì Hitler, col solo uso di altoparlanti e radio a togliere il pensiero a ottanta milioni di persone? Huxley cita il discorso di difesa di Albert Speer, ministro hitleriano degli armamenti, al processo di Norimberga, in cui questi descriveva con notevole acutezza la tirannia di Hitler e ne analizzava i metodi. “La dittatura di Hitler” disse “differiva per un aspetto sostanziale da ogni altra dittatura. Fu la prima nel nostro periodo di moderna evoluzione tecnica, e quindi si servì di tutti i mezzi tecnici disponibili, per la dominazione del paese. Strumenti tecnici quali la radio e l’altoparlante, servirono a togliere il pensiero indipendente a ottanta milioni di persone. Fu così possibile assoggettarli alla volontà di un uomo solo...I dittatori del passato avevano bisogno di collaboratori qualificatissimi anche a livello minimo: uomini capaci di pensare e di agire in modo indipendente. Ma nel nostro periodo di evoluzione tecnica moderna si può anche fare a meno di questi uomini; grazie ai metodi di comunicazione moderni, è possibile meccanizzare la direzione a basso livello. In questo modo si è potuto formare un dirigente di tipo nuovo: quello che riceve acriticamente gli ordini”. Huxley, tra le altre cose, mette in luce come il condizionamento al “basso livello” sia già una realtà nelle dittature comuniste cinese e russa. Per quanto riguarda la dittatura nazista, può essere costruttivo analizzare su quali basi si fondasse Hitler per muovere le masse: in primo luogo riuniva sovente il popolo in folle determinando quella che Huxley chiama sindrome da “avvelenamento da gregge”. Adunata in folla, infatti, la gente perde la capacità di ragionare e di compiere una scelta morale. Diventa suggestionabile al punto di non avere più un giudizio o una volontà propria. Facilmente si eccita, perde il senso della responsabilità, collettiva e individuale, si lascia prendere da improvvisi accessi d’ira, d’entusiasmo, di panico.    

Su una massa del genere, la ripetizione di messaggi stereotipati e meccanicamente accettati corrisponde al secondo punto fondamentale per dirigere a proprio piacimento il popolo. Inoltre, facendo compiere atti meccanici e inutili, quali le marce, ad esempio, si facilita l’accettazione cieca e automatica degli ordini.  

Questo il procedimento che consente di manipolare istinti e passioni, e tra le masse l’istinto è supremo, e dall’istinto viene la fede. Il dittatore non si rivolge mai all’individuo (come lo scrittore), ma alla massa, e vive della fede di questa in lui. Attualmente, con la diffusione di TV e di nuovi mezzi di comunicazione, il pericolo è maggiore rispetto a quello della Germania di Hitler. Dal momento che la stanchezza aumenta la suggestionabilità, i dittatori prediligono i raduni di piazza serali, e non è una combinazione che i pubblicitari prediligano gli orari serali per gli spot! Quello della suggestionabilità dei consumatori e del funzionamento della pubblicità, è l’argomento del celebre libro di Vance Packard del 1958 The Hidden Persuaders,. L’analisi dei due scrittori porta alla stessa conclusione: le dottrine possono essere vere o false, ma se il metodo è corretto, esse vengono recepite.   

Il punto debole delle teorie di Huxley, a mio parere, è che secondo lui occorrerebbe utilizzare lo stesso metodo usato nelle dittature per ottenere il risultato opposto: quello di avere individui liberi, sani, che tutelino la pace ecc. Sarebbe non privo di una certa logica, perché se è un metodo che funziona, si ha la certezza del risultato; lo reputo debole, perché non è facile coniugare l'interesse economico che domina il mondo con il fine della pace e della serena convivenza. Come si può restare tranquilli e tutelare la società quando si accetta di mettere in mano a qualcuno uno strumento di questa portata?  

Huxley sostiene che soprattutto negli Stati Uniti la propaganda ha due facce, una doppia personalità: a dirigere la stampa c'è un "dottor Jekyll democratico", un propagandista che persegue la verità a tutti i costi per  

il bene dei lettori e dei cittadini tutti. Ma questa degna persona controlla solo una parte dell'apparato della comunicazione di massa. A dirigere la pubblicità troviamo un "antidemocratico, in quanto antirazionale, signor Hyde, anzi, dottor Hyde, perché oggi Hyde è professore di psicologia e ha anche la sua brava laurea in scienze sociali". Non mi trovo d'accordo con Huxley sull' "antirazionale", perché, al contrario, ritengo che sia un argomento estremamente razionale quello che smuove il dottor Hyde: il denaro. Il fatto è che l'uomo fa una sorta di patto con la società: le giura eterna obbedienza in cambio della possibilità di arricchirsi. Questo patto è sottoscritto, consapevolmente o meno, dalla maggior parte degli uomini e mi colpisce che l'autore, dopo averlo rivelato, si stupisca del fatto che gli uomini lo osservino!  

In realtà ad Huxley preme sottolineare come sia labile il confine tra la propaganda "democratica" (e quindi, in qualche modo, lecita) e quella che ne può prendere il posto agevolmente, quella diretta a fini politici "negativi". Si studia come far breccia nella mente delle persone con la pubblicità, ma i risultati sono utili anche a chi vuole fare propaganda.    

In ogni caso, la pubblicità diventa, suo malgrado, strumento di affermazione del modo di vivere "corretto", cioé quello fondato sui valori che sono più redditizi per le imprese e più utili allo Stato. Agisce determinando nei consumatori stessi il pensiero che consumare sempre di più è il comportamento politically correct.  

Tornando al nostro dottor Hyde vediamo che si occupa di analisi motivazionali: studia le debolezze e i difetti dell'uomo, investiga le paure inconsce che determinano il pensiero e l'azione consapevole dell'uomo. Il suo scopo, però, non è quello di migliorare il suo simile, bensì quello di scoprire come meglio si possa approfittare della sua ignoranza e delle sue debolezze, come si possa sfruttare la sua irrazionalità per ottenere un beneficio finanziario . E' evidente che l'uomo si trova alla mercé sia di Jekyll che di Hyde, e che questi possono approfittare di lui molto facilmente, o, peggio, addirittura allearsi e non concedere così nessuno scampo all'uomo che cerca di essere libero.  

La pubblicità fa leva sulle paure degli uomini: non vende dentifrici, ma la liberazione dal timore di apparire ripugnanti dal punto di vista sessuale. Non vende lanolina, ma la speranza di apparire più belli.   

E’ questa la grande forza implicita della pubblicità, e in questo il suo pericolo: è uno strumento assai pericoloso, perché assai manovrabile e manovratore. Attraverso la pubblicità si riesce a vendere di tutto: anche la guerra!  

Nel Mondo Nuovo l’uso del soma (una droga tipo la mescalina) non era un vizio personale, ma un’istituzione politica; al tempo stesso un privilegio dell’individuo (così viene fatto credere grazie al condizionamento e alla pubblicità) e un’arma fortissima del dittatore.  

In 1984 la brama di potere si soddisfa infliggendo dolore agli altri; nel Mondo Nuovo infliggendo una forma di piacere, forse non meno umiliante. Il soma era l'essenza stessa della vita, della libertà e del perseguimento della felicità garantiti dalla Carta dei Diritti. E’ notevole il rovesciamento paradossale del senso di questa famosa Carta! Gli uomini del Mondo Nuovo considerano un loro diritto quello di ottenere soma dallo Stato, rendendosi così sempre più dipendenti da esso e privandosi della libertà che invece sono convinti di ottenere.  

La somministrazione sistematica di droga agli individui per il bene dello Stato (e anche, naturalmente, per il piacere dei singoli) era una piattaforma fondamentale della politica dei Controllori del Mondo.  

Mentre per Marx “la religione è l’oppio dei popoli”, nel Mondo Nuovo “l’oppio é la religione del popolo”. Attraverso la droga, infatti, il popolo veniva tenuto a bada e controllato, e creando dipendenza ad essa, lo Stato, unico elargitore del soma, diventava a seconda delle necessità il paterno somministratore di piacere o il tiranno che poteva far soffrire chi non teneva un comportamento adeguato. Il soma di Brave New World è, però, completamente diverso dalla moksha descritta in Island. La droga descritta nell'ultimo romanzo di Huxley è praticamente perfetta: non induce dipendenza e non provoca effetti irreversibili sul fisico degli uomini. Viene usata per "cogliere l'essenza della vita e della non vita", come dice Huxley e come coadiuvante alle pratiche religiose e spirituali.  
   CONCLUSIONI  INDICE

Un Huxley più pacato e più diretto, lucido e fulminante nel modo di scrivere e di trattare certi temi, quello di Brave New World Revisited. Sembrano tramontate, rispetto a Ends and Means, quelle sue speranze di cambiamento mentale e morale della società come premessa per le rifome da lui ipotizzate. Forse si è reso conto che non può rivolgere alla un invito teso al raggiungimento del non attaccamento e della carità, perché il messaggio non viene recepito. Resta immutata, invece, la sua speranza di avere il popolo tutto come interlocutore per quanto riguarda le sue analisi socio-politiche. Accantona il tema spirituale, che ognuno si deve coltivare singolarmente, e si concentra su un tema che dovrebbe interessare a tutti: la libertà personale e della propria nazione.  

Realista e disincantato, freddo ma non troppo distaccato, Huxley mette in luce i rischi insiti nella vita sociale con lucidità e chiarezza, senza fare riferimenti a etiche religiose e morali, come invece nel saggio del 1937.  

Il mio commento non è teso a dimostrare che in Ends and Means Huxley ha scritto di argomenti non chiari o irreali, anzi! Il suo entusiasmo e la sua genuina convinzione di poter produrre dei cambiamenti nella società facendo leva sulla carità non è folle, è semplicemente in contrasto con la realtà effettuale delle cose.   

Il grande entusiasmo di cui è permeato il saggio del 1937, nonostante tutto, è coinvolgente, indice di un grande ottimismo e di una grande energia. Mette, anzi, tristezza notare il cinismo e la disillusione cui approda nel saggio del 1958. Qua gli argomenti sono più legati alla realtà, più tecnici, ma non per questo più “veri” di quelli trattati in Ends and Means. Nell'economia della nostra tesi ha grande rilevanza tutta la parte sulla propaganda e sulla dittatura, poiché si tratta di un'analisi lucida e centrata su un aspetto di cui si conosceva ancora poco, ai tempi.   

Se Hidden Persueders, di Vance Packard, viene considerato una pietra miliare nel cammino verso una consapevolezza maggiore della nostra società, bisogna rendere atto ad Huxley che il primo autore del '900 in cui i temi della propaganda e della pubblicità e delle loro possibili conseguenze vengono affrontati, è proprio lui!  

Il saggio si conclude ipotizzando l’utilizzo di nuove tecniche di controllo sulle persone, come i messaggi subliminali proiettati in scuole e ospedali (bambini e malati sono molto suggestionabili) e come l’ipnopedia.   

Nel corso del saggio Huxley ha già illustrato in quale misura l’educazione può neutralizzare l’innata tendenza all’eccessiva suggestionabilità. Ma sono anche necessarie delle leggi che tutelino dallo sfruttamento della stessa; occorre poter arginare la forza incredibile che uomini d’affari, ecclesiastici e politici (al potere e non) hanno attualmente. L’educazione alla libertà è fondamentale e deve cominciare dalla constatazione dei fatti e dall’enunciazione dei valori, secondo Huxley; deve quindi ispirare tecniche che giovino alla realizzazione dei valori e alla lotta contro chi, per qualsiasi motivo, voglia ignorare i fatti o negare i valori. Dopo aver approfondito il tema dell’Etica Sociale che giustifica e fa apparire cosa buona i mali derivanti dalla superorganizzazione e dalla sovrappopolazione, l’autore approfondisce una delle basi su cui si poggiano: l’idea erronea che la nostra è una specie interamente sociale, che i piccoli dell’uomo nascono uniformi, e che gli individui sono il prodotto di un condizionamento dell’ambiente collettivo. Queste basi sono errate, sostiene Huxley, perché se fossero corrette, se cioé, gli esseri umani fossero in realtà membri di una specie davvero sociale, se le loro differenze individuali fossero trascurabili, riducibili del tutto mediante opportuno condizionamento, allora è chiaro che non ci sarebbe più il bisogno della libertà, e lo Stato avrebbe ragione di perseguitare gli eretici, all’occorrenza. “La soggezione al termitaio è libertà perfetta per la singola termite. Ma gli esseri umani non sono completamente sociali; sono soltanto, e in misura moderata, animali di branco. Le loro società non sono organismi come l’alveare e il formicaio, sono organizzazioni, cioé macchine strumentali del vivere collettivo”. Le enormi differenze tra gli individui sono innegabili: “un endomorfo estremo conserverà le sue caratteristiche sociali viscerotoniche, un mesomorfo estremo resterà in ogni caso spiccatamente somatotonico, e un ectomorfo estremo sarà sempre cerebrotonico, a dispetto del più intenso livello di livellamento culturale”. Allo stesso modo l’ambiente sociale non ha la forza di creare la personalità dei singoli individui. Ognuno è diverso perché ha geni e cromosomi diversi. La standardizzazione genetica degli individui è ancora lontana, ma il Gran Governo e la Grande Impresa già possiedono o possiederanno assai presto, tutte le tecniche manipolatorie descritte in Brave New World “e altre ancora che io non ebbi la fantasia di sognare”. Siccome non sanno ancora imporre agli embrioni uniformità genetica, i governanti di domani, in un mondo superorganizzato e sovrappopolato, cercheranno di imporre agli adulti e ai bambini l’uniformità sociale e culturale, punto di partenza per una riduzione progressiva di libertà personale. Per evitare una tirannia di questo tipo, occore cominciare ad educare noi stessi, dice Huxley, e i nostri figli alla libertà e all’autogoverno (quell’autogoverno responsabile già presente in Ends and Means ). Tale educazione dev’essere fondata soprattutto sui fatti e sui valori: sui fatti della diversità individuale e dell’unicità genetica, della tolleranza e della reciproca carità. Purtoppo, Huxley è consapevole che non bastano una giusta conoscenza e dei sani principi. Talvolta una falsità eccitante può eclissare una verità piatta. Uno scaltro appello alle passioni spesso ha più forza della migliore risoluzione. Gli effetti della propaganda falsa e perniciosa si neutralizzano solo con un completo addestramento all’arte di analizzarne le tecniche e di smascherarne i sofismi.  

Ma che tipo di uomo sarebbe quello completamente “consapevole”?   

Huxley è conscio del fatto che un individuo perfettamente attento all’analisi di tutti i messaggi che riceve quotidianamente, è per forza di cose uno scettico totale. Allora occorre trovare un giusto mezzo: gli individui devono essere suggestionabili quanto basta perché abbiano volontà e capacità di far funzionare la loro società, ma non suggestionabili al punto di cadere disperatamente sotto l’incantesimo di coloro che per professione manipolano il cervello del prossimo. Allo stesso modo bisogna insegnare l’analisi della propaganda quanto occorre perché non credano acriticamente nelle sciocchezze, ma non si deve neppure esagerare, non si deve indurre nessuno a respingere senz’altro tutte la affermazioni, non sempre razionali, di coloro che in buona fede stanno a guardia della tradizione. Una serie di valori importanti quali l’amore, il rispetto, la carità, la libertà individuale, la compassione e l’intelligenza forniscono un criterio con cui giudicare la propaganda. Quella che risulti assurda e immorale andrà senz’altro respinta. Quella che sia solo irrazionale, ma compatibile con l’amore e con la libertà, e non opposta in linea di principio all’esercizio dell’intelligenza, quella la si può accettare provvisoriamente, per quel che vale. Questo il risultato finale delle speculazioni di Huxley sulla propaganda e sui rischi che procura al vivere libero. Il tremendo problema è che chi è vittima di costrizione psicologica, conserva l’impressione di agire di propria iniziativa. La vittima della manipolazione mentale non sa d’essere vittima, si crede libera.  

Ma, secondo Huxley, può e deve esserci una legislazione preventiva: una legge che vieti la tratta psicologica degli schiavi, uno statuto che protegga la mente umana contro quelli che senza scrupoli conducono la propaganda tossica. Per cominciare, l’autore suggerisce una legislazione che limiti il diritto dei funzionari pubblici, civili e militari, di sottoporre il pubblico coatto da loro comandato o custodito all’insegnamento durante il sonno. Inoltre invita ad attuare una legislazione che proibisca l’uso della proiezione subliminale in luoghi pubblici o sugli schermi televisivi.  

“Libero come un uccello” diciamo noi e invidiamo quelle creature alate che si possono muovere a piacimento nelle tre dimensioni. Ahimè, ci siamo scordati la sorte del tacchino...” Quando un uccello impara ad ingozzarsi a sufficienza senza essere costretto ad usare le ali, rinuncia al privilegio del volo e se ne resta a terra, in eterno. Qualcosa di simile vale per gli uomini: basta dare all’uomo pane abbondante e regolare tre volte al giorno, e in paruando i tempi si faranno migliori. Per adesso qualche libertà resta ancora nel mondo, sottolinea l’autore inglese, e molti giovani sembrano non darle valore. Ma alcuni credono che senza libertà le creature umane non saranno mai pienamente umane, e che pertanto la libertà è un valore supremo. Allora, in caso di necessità, saranno in grado di lottare per essa.   

A posteriori, se Huxley avesse potuto vedere la forza della contestazione contro la guerra del Vietnam, ad esempio, e i giovani americani che bruciavano le cartoline di chiamata alle armi e le bandiere americane, si sarebbe certamente convinto che la tensione verso la libertà emerge sempre, anche nelle persone più insospettate!  
   CAPITOLO III  Island  INDICE

Un'ennesima isola sconosciuta, un ennesimo naufragio. Nel 1962 Aldous Huxley, lo scrittore inglese del nostro tempo forse più affascinato e, al tempo stesso, più inquietato dai progressi della scienza e della tecnica, scrive quello che sarà il suo ultimo libro, e che rappresenta il termine del cammino letterario e teorico costituito dalle sue opere. Island è un'opera molto particolare, un romanzo utopico, senza dubbio, ma criticato da molti per un eccessivo didatticismo che opprime e appesantisce la trama narrativa.  

E’ un'utopia che nasce fortemente legata alla cultura storica del tempo, ne è in qualche modo il risultato, risente di esperienze culturali di quegli anni, apre prospettive possibili ma discutibili per noi oggi, è, come tutte le utopie, più nowhere in quanto luogo inesistente che non paese ideale. L'isola immaginaria di Pala ha valore allegorico e, al tempo stesso, scientifico, è un "luogo" dell'uomo, un luogo di storia biologicamente possibile, ma forse la fine negativa vuole essere un messaggio dell'autore che indica l'impossibilità pratica di una realizzazione simile. La difficoltà di Huxley risiede nella ricerca di un equilibrio tra le esigenze individualistiche e quelle collettive che salvaguardi le libertà di tutti e non crei tensioni sociali. L’autore ha sempre insistito sulla solitudine in cui l'individuo è condannato a vivere dalla sua stessa società, che lui stesso ha creato e che lui stesso potrebbe modificare, se ne avesse la consapevolezza.  

Il sistema teorizzato in Island prevede un esteso uso di una "medicina - moksha ", cioé di una droga allucinogena. Questa verrebbe distribuita gratuitamente dal governo, e tutti, a partire dai quindici o sedici anni, vengono guidati alla loro prima esperienza mistico-spirituale con l'uso di questo potente allucinogeno. Su questo punto particolare si è instaurata una discussione tra critici e studiosi che perdura tuttora, al punto che mentre Brave New World è inserito nel programma delle scuole americane, Island non viene neppure nominato, proprio perché incoraggia all’assunzione di sostanze allucinogene. Cerchiamo, intanto, di capire cosa l’autore voleva comunicarci di importante a proposito dell'assunzione di queste sostanze, dal momento che parecchie sue opere trattano questo argomento, in più modi differenti, da più aspetti diversi. In Island l'uso delle droghe non é fuga dalla realtà o velo sulla realtà come in Brave New World , bensì ausilio ad uscire dalla propria individualità costruttivamente, con un atteggiamento mentale positivo e aperto, alla ricerca della luce e della penetrazione nel mondo "altro", alla ricerca dell'essenza delle cose e della realtà della vita. E', dunque, strumento per arrivare all’autocoscienza, mezzo al servizio dello spirito per incoraggiare una comprensione della totalità dell'uomo. La tesi di Adriana Corrado che vuole il sistema di Pala manipolatore dell'individuo in quanto distributore del moksha, non mi trova d'accordo. Secondo questa studiosa, è vero che l'individuo, a Pala, non viene manipolato per fini "rozzamente materialistici" o per farne uno strumento di produzione industriale e per aumentare la potenza dello Stato in senso economico o di controllo delle persone, ma sostiene che di condizionamento si tratta sempre, e che si tratta di un vincolo alla piena realizzazione dell’uomo. "E' una forma di collettivizzazione, più sofisticata, ma (...) non meno pericolosa".    

Non concordo con questa tesi perché la finalità che Huxley si è posto è esattamente l'opposta: con un connubio particolare di religione e pratiche spirituali, assunzione della moksha e suggestione, a Pala i ragazzi di sedici o diciassette anni vengono "iniziati" all'esperienza di "essere liberati dal proprio Io" senza, tuttavia, che nessuno sia obbligato ad assumere la medicina - moksha per forza. Dopo aver educato i Palanesi come cittadini dello Stato, si procede alla loro formazione come cittadini del cielo, con un rito particolare. L'esperienza di cui parla l'autore può essere raggiunta anche dopo anni e anni di meditazioni e di pratiche (indiane e buddistiche, secondo Huxley) per prendere consapevolezza del proprio IO e, di conseguenza, del proprio NON - IO. “La moksha è un banchetto raro, la meditazione costituisce il pasto quotidiano” dice un personaggio di Island cercando di spigare il senso di questo allucinogeno allo scettico Will Farnaby.  

La prima cosa, dopo poche pagine, che colpisce il lettore è la presenza di uccelli tipo cornacchie, detti mynah che urlano incessantemente "Qui e subito!" e "Attenzione!". Il senso di questa presenza ci verrà rivelato, nella sua profondità, più avanti nella lettura del romanzo. Per ora è sufficiente sapere che ripetono come pappagalli quelle due frasi perché sono quelle di cui l’uomo si dimentica: e cioé di fare attenzione a quanto sta accadendo e di essere presente a quello che lui stesso fa, poiché gli sfugge la sua stessa vita senza che nemmeno se ne accorga. In una parola, non é consapevole. Una delle prime notizie che Will Farnaby, il giornalista che riesce fortunosamente ad approdare a Pala, ottiene é che nell’isola vige una forma di politeismo. L'impatto del lettore con quest'isola, attraverso le avventure e le esperienze di Will Farnaby, é forte: si assiste subito all'applicazione di complesse tecniche psicologiche da parte di una bambina di 11 anni per far passare a Will Farnaby lo spavento del naufragio e della scalata della rupe che gli ha consentito di mettersi in salvo. Questa bimba è il frutto dell'educazione perfetta pensata da Huxley, è quindi importante analizzarne comportamenti e conoscenze per poter comprendere a fondo il progetto sociale dell'autore. La questione dell'educazione è centrale in tutta la produzione di Huxley, ma questa è la prima occasione in cui possiamo vedere di fatto in cosa si dovrebbero realizzare le sue idee. La possibilità di educare le generazioni future è il grande capitale su cui l’uomo deve investire; fino a quel momento storico non si era sfruttata questa possibilità, al contrario, la si era sprecata, perdendo tempo e impartendo sofferenze inutili ai bambini, fustigandoli perché diventassero buoni cristiani! “La teologia popolare rispecchia le natiche dei fanciulli!” dice il dottor Mc Phail a Will Farnaby. L’aspetto più grottesco dell’epoca di Huxley, a suo parere, è proprio il fatto che si continua ad impartire un’educazione traumatica negativa, obsoleta e crudele ai bambini, e il fatto che la religione non pensi al progresso delle anime dei credenti e che invece si preoccupi esclusivamente della propria autoconservazione. Uno degli esempi migliori di tutto il libro su quello che dovrebbe essere sempre il ruolo della chiesa e della religione, è quello della bambina che si arrampica sopra una statua sacra per porvi dei fiori. “...poi, fissando l’enorme viso dorato, mormorò poche parole, chiuse per un momento gli occhi (...) infine girò sui calcagni, discese e canterellando piano tra sé e sé, uscì...dal tempio”.  

“Incantevole” disse Will, seguendola con lo sguardo. “Ma che cosa crede di fare, precisamente, una bambina come quella? Che tipo di religione dovrebbe praticare?”. “Pratica la versione locale del buddhismo mahayana “ spiegò Vijaya “con una piccola aggiunta di sivaismo, probabilmente” (la statua era, infatti, della divinità di Siva).  

“E voi intellettuali incoraggiate questo genere di cose?”  

“Non le scoraggiamo e non le incoraggiamo: le accettiamo. Le accettiamo come accettiamo quella ragnatela lassù, sul cornicione.    

Tenuto conto della natura dei ragni, quella ragnatela è inevitabile. E, tenuto conto della natura degli esseri umani, altrettanto inevitabili sono le religioni”. Questo episodio è sintomatico di una religione aperta e non assolutista, tollerante verso ogni singolo credente. Inoltre il fatto che la bambina si arrampichi sulla statua è indice di una religione non intimidatoria. Il papà del dottore (co-fondatore insieme al Rajah del sistema di Pala) riteneva che la gente dovesse sorbire la religione “calda e appena munta. Non scremata e pastorizzata o omogeneizzata. E soprattutto non conservata in scatola in qualsiasi specie di recipiente teologico o liturgico.” Il suo ideale consisteva nella scienza pura sperimentale a un’estremità dello spettro, e nel misticismo puro sperimentale all’altra estremità. Un procedimento che prevede l’esperienza diretta ad ogni livello e poi un’analisi chiara e razionale su quelle esperienze. Il suo limite, però, era quello di non accettare un uomo romantico e artistico come ideale. “Avrebbe abolito arte e poesia: fu questo il suo limite: non le capiva”. Il fatto di abolire le istituzioni che stanno tra la religione e il popolo è sicuramente provocatorio, ma Huxley non prende in considerazione questa possibilità al solo fine di scrivere qualcosa dal forte impatto. Lui è realmente convinto della bontà della sua idea e della necessità per l’uomo di andare ad fontem, come diceva Erasmo da Rotterdam. In un siffatto contesto la già acre ironia di Huxley diventa davvero irresistibile quando prende di mira i cosiddetti “credenti della domenica”. Il dottore dice a Will Farnaby che “Una volta si sapeva con certezza che il 99,9% della razza umana era condannata alle fiamme eterne. E perché? O perché gli uomini non avevano mai sentito parlare di Gesù, o perché, se ne avevano sentito parlare, non credevano con sufficiente convinzione che Gesù le avrebbe liberati dal fuoco dell’inferno. La prova del fatto che la loro fede non era abbastanza salda consisteva nella circostanza empirica e osservabile che non avevano l’anima in pace. La fede perfetta era definita come qualcosa che determina la perfetta pace dello spirito, ma in pratica non la possiede nessuno. Ergo sono tutti predestinati alla condanna eterna.” Non male come sintesi del calvinismo!  

“Nessuno è impazzito, con questo sistema, perché per la maggior parte degli uomini queste cose sono vere solo la domenica!”   

Huxley é acerrimo nemico di un’educazione su base religiosa che prevede la flagellazione sulle natiche dei figli! Più si frustano i bambini, meno questi credono! “La teologia popolare rispecchia le natiche dei fanciulli!”. Cattolici, luterani, cristiani, ebrei, calvinisti, ricorda l’autore, sono tutti castigatori di natiche, buddhismo escluso poiché non è violento. Ogni personaggio di Huxley in effetti, da Will Farnaby di Island a Theodoro Gumbrill di Passo di Danza, dal Selvaggio John di Brave New World al giovane Denis di Chrome Yellow, si fa latore di una violenta protesta contro il metodo educativo allora vigente!  

Gli effetti di tale realtà educativa sono ben messi in luce dalle parole del dottore: “Il prussianesimo e il Terzo Reich: senza Lutero e la sua teoria della flagellazione, simili mostruosità non sarebbero mai esistite.”   

A questa affermazione Will ribatte che “se non si trattava di S. Agostino a impartire le fustigate e a dare la giustificazione alle Crociate con l’interpretazione errata di un passo della Bibbia, si trattava di Stalin, di Mao, di Robespierre”. E finalmente, attraverso le parole del Dottore, capiamo la concezione della Storia dell’autore, secondo lui, infatti, questa non è altro che ”...la documentazione di ciò che gli esseri umani sono stati costretti a fare dalla loro ignoranza e dall’enorme presunzione che li induce a canonizzare la propria ignoranza come un Dogma politico o religioso.” Il motivo per cui gran parte delle persone non sono impazzite sotto un regime educativo di tal fatta é che “... disgraziatamente per la religione organizzata e la dittatura politica, gli esseri umani sono assai meno attendibili dei cani (di Pavlov) come animali da laboratorio”. Il dottore stesso porta ad esempio la sua famiglia, composta da cinque figli tutti frustati e fustigati. Su tre figli il condizionamento funzionò; una sorella, la quarta, si suicidò incinta, invece; il quinto fratello andò in una compagnia di attori! Perché quest’ultimo non fu domato o distrutto, si chiede Huxley? “Perché la ruota della roulette dell’ereditarietà si era fermata su un numero fortunato”. Andrew, quello che poi diventò attore, doveva avere una costituzione più elastica degli altri, una diversa anatomia, una diversa biochimica e un temperamento diverso. L’ambiente in cui ci si trova a vivere e l’educazione non sempre riescono a condizionare gli uomini! Huxley ritiene che ogni individuo abbia una sua costituzione fisica e anche mentale diversa da quella di ogni altra persona. Non è solo il fisico ad essere diverso, è anche il carattere che si può ritenere in qualche modo innato. Con questo l’autore mette in evidenza la necessità da parte della scuola di adeguare i suoi programmi ad ogni bambino diverso, al fine di permettere il miglior sviluppo possibile delle sue diverse, singole qualità. Inoltre si pone in netto contrasto con quello che lui definisce la “mistificazione” delle sinistre, che sull’onda dell’Illuminismo settecentesco, sostengono che ogni bambino nasce uguale per potenzialità spirituale e intellettuale e che è esclusivamente l’ambiente a provocare differenze. Questo tema è già stato affrontato, in questo lavoro, nel capitolo II su Brave New World. Voglio provocatoriamente far notare, però, che la stessa concezione di Huxley fa sorgere qualche dubbio sulla reale possibilità della creazione di uno Stato come Pala. Infatti, quando dice che gli “uomini sono meno affidabili dei cani di Pavlov”, è spontaneo rilevare che allora anche l’educazione positiva di Pala può non dare buoni frutti con certezza assoluta. Infatti Pala è l’esempio vivente di come utilizzare in positivo quelle che sono le tecniche di condizionamento più efficaci: quelle che in mano a dittatori e ad una stampa corrotta portano le nazioni al conflitto; se gestite al meglio, invece, generano uno Stato di pace e di collaborazione, oltre che di cultura e di senso spirituale. Ma se si ammette che in mezzo a milioni di sostenitori di un regime dittatoriale ci siano anche dei dissidenti, si ammette la possibilità che sussistano anche in un “regime positivo come quello di Pala”. Alla fine del capitolo vedremo come Pala affronta questo problema.  

Una bambina come Mary Sanjoiny, educata come immagina Huxley, dice a Will, ferito, che le mamme che di fronte al dolore del figlio non fanno che ripetere "poverino, povero piccolo" ecc. non fanno altro che ribadire il ricordo di qualcosa di negativo. Riviverlo, invece, in forma distaccata lo fa superare. Così anche Will Farnaby dimentica lo shock subìto e rimane affascinato immediatamente dalla cultura incontrata. Per ogni forma di problema fisico, ci sono due livelli di intervento: il pronto intervento psicologico e quello medico, entrambi della stessa importanza. Sono i due aspetti, coniugati, dell'oriente e dell'occidente.  

Will si definisce "l'uomo che non accetta un sì come risposta". E' l'uomo comune che Huxley mette in luce: maligno, malizioso, malfido, che disperde le energie nell'autocompassione (in questo caso della caduta; di norma della vita stessa). Dopo sole venti pagine di lettura abbiamo già tutti i personaggi principali presentati e connotati: una bambina (Mary Sanjoyni) che ha la maturità di un adulto e le capacità tecniche di un buon psicologo, un giornalista testardo che si è dovuto adeguare alla vita nella società occidentale, pur non condividendone vari aspetti, un dottore saggio che rappresenta l'unione tra il sapere orientale e quello occidentale. In mezzo a queste figure fondamentalmente positive, ci colpisce in negativo la figura del giovane Murugan, erede al trono di Pala e succube, anche sessualmente, del colonnello Dipa, dittatore di una vicina potenza con mire espansionistiche. La figura di Murugan simboleggia il risultato dell’educazione occidentale: un giovane bellissimo ma insensibile, non aperto a nulla, ottuso, avido di beni di consumo, corrotto e soprattutto privo di qualsiasi senso dell’ironia, quell’ironia fantastico strumento dello scrittore inglese per criticare una società a suo parere fallimentare. Tutti i personaggi con connotazioni negative, nei lavori di Huxley, sono privi di ironia, tranne forse Mustapha Mond, il Controllore del Mondo Nuovo, che però è negativo fino ad un certo punto, poiché egli sinceramente agisce per il bene dell’uomo.   

La figura di Murugan ci colpisce, dicevo, perché al suo solo apparire si viene inseriti in un'atmosfera di malafede e di disonestà: questi, infatti, con un solo sguardo supplica Farnaby di far finta di non conoscerlo. S'erano incontrati, infatti, il giorno prima alla corte del dittatore Dipa e il giovane non aveva nessuna intenzione di far sapere all'isola della sua amicizia con lui. Questo è un punto importante perché ci consentirà, più avanti, di analizzare fino a che punto c'è effettivamente libertà a Pala. Se, cioé, come sostiene la Adriana Corrado, Pala rappresenti una dittatura tremenda perché tutti sono "obbligati" ad essere felici, oppure se, come sostengo io, la libertà è effettiva, al punto che per non eliminare una persona, Murugan appunto, che potrebbe distruggere l'isola intera, si sacrifica tutta Pala restando però fedeli alla propria filosofia. Dopo poche pagine in cui. "Il colonnello Dipa fa notizia perché è un dittatore nucleare. Questo significa che attorno c'è la morte. E la morte fa sempre notizia."  

In Island non mancano lunghe e dettagliate descrizioni dei procedimenti psicologici e di meditazione che devono portare l'uomo al controllo del dolore, delle emozioni, dello spirito e del corpo. Viene anche spiegato nei dettagli come operare una suggestione positiva su una persona tesa e dolorante, argomento che di norma sarebbe troppo tecnico per essere inserito in un romanzo. Ma Island non è solo un romanzo, è il testamento spirituale e pratico di Huxley, è il compendio di tutto ciò che lui ha compreso e cercato in tutta la sua vita.  

L'autore descrive l'unica via per rendere positivi e concreti ipnopedia, ipnotismo e, in qualche modo propaganda e pubblicità, dal momento che sono le due facce della stessa medaglia. Possono essere accettate, queste tecniche, solo se volte al beneficio dell'uomo, cioé come strumenti di lotta contro il dolore e come aiuto alla medicina.  

Bisogna, prima di tutto, insegnare a difendersi dalla propaganda, e in seguito imparare a sfruttarne le doti. Questo insegnamento viene iniziato fin dall’età scolare, poiché la vera funzione delle istituzioni scolastiche è quella di formare uomini liberi, attenti e consapevoli. Per questo motivo viene coltivato, negli alunni, lo scetticismo e gli si insegna ad utilizzarlo concretamente come uno strumento attraverso il quale osservare criticamente la realtà. Ad esempio trovo bellissima l’idea di Huxley di far lavorare i bambini nei campi, con il compito di far muovere con dei fili, come se fossero burattini, degli spaventapasseri dalle sembianze divine. Questo ha lo scopo di insegnare che sono gli uomini, in realtà, a raffigurarsi le varie divinità e a definirne i caratteri. Un po’ di sano scetticismo e si evita di cadere nelle trappole dei dogmi e delle fedeltà cieche a idee di natura religiosa o politica!  

L’episodio della morte della moglie del dottore è esemplificativo e fondamentale nel disegno di un’opera come Island. Viene introdotto, infatti, il tema della morte e della preparazione ad essa, rispecchiando le reali convinzioni di Huxley al punto che gli ultimi giorni di vita del personaggio di Island e l’episodio della sua assunzione di un’ultima dose di moksha prima della morte, costituivano un’anticipazione precisa di ciò che poi realmente avvenne quando Huxley stesso si trovò ad affrontare quei momenti. Proprio la moglie Laura gli somministrò un’ultima dose di mescalina poche ore prima della morte e lo guidò nel suo ultimo “viaggio”. Ogni particolare del libro è fatto in modo da consentire ad Huxley di esprimere qualche aspetto del risultato di quella che per lui é stata la ricerca di un equilibrio interiore e della felicità umana. Will Farnaby, che avrebbe il compito, da parte del suo editore/magnate del petrolio di aiutare la sua compagnia petrolifera ad accaparrarsi il monopolio dello sfruttamento delle risorse di Pala, nel corso della sua breve permanenza trova il coraggio di rinunciare alla sua missione. Ha compreso il senso di quel vivere lontano dai pericoli del progresso, ritenuto indiscriminatamente positivo. Will non combatte, ma capisce dove sta il bene e dove il male. Nessuno combatterà a Pala, perché la violenza non è necessaria in un'isola senza ladri e criminali, senza invasori esterni (fino a quel momento, per lo meno) e senza velleità espansionistiche. Superata con saggezza e successo la fase in cui un esercito e l’esercizio della violenza sono necessarie alla conservazione, i Palanesi non tornano più indietro in una strada che non porta alla felicità: sono superiori, ormai. Pala é vincente, perché segue fino alla morte, con estrema coerenza, la propria filosofia e la propria purezza, e non la baratta con nulla. Piuttosto che un passo indietro verso la realtà che l’occidente ben conosce, è preferibile la morte. Will Farnaby sceglie l'utopia, e non se ne fa profeta per l'occidente: la sua è una scelta personale e individualistica. Del resto la forza dell'utopia realizzata a Pala consiste nel fatto che si tratta di un'esperienza singola, di autocoscienza, di progresso personale, che compiuta da tante persone crea la "società perfetta". Non c'è una necessità di collaborazione tra i cittadini, forzata o imposta dall'alto. Non c'é un "senso sociale" che spinge i singoli cittadini a cooperare con un obiettivo di perfezione sociale. Partendo dal proprio io ognuno compie un progresso spirituale personale che realizza, di fatto e senza altri sforzi o forzature, la società di Pala. Se una qualche speranza di salvarsi c'è per l'uomo dei nostri tempi, sembra voler dire Huxley, questa risiede nelle forze dell'individuo e nella sua capacità di scegliere tra bene e male, capacità che nessun sistema può imporre (anche se è per il bene collettivo) né, per quanto forte, dovrebbe essere in grado di annientare. Quando attraverso la moksha, un controllatissimo metodo educativo e un misticismo buddhista spurio l'individuo ha raggiunto un equilibrio, è consapevole del suo Io e del suo non Io e la politica non ha più ragione d'essere, poiché partendo dalle singole persone, anche l'equilibrio collettivo è raggiunto. La religione di Pala è un collage delle parti “migliori” di più religioni diverse, cosa che implica una libertà di critica notevole e la non accettazione passiva e cieca delle cose: il risultato di questo collage viene chiamato “agnosticismo tantrico con guarnizioni mahayana”.  

Anche quelle tecniche di condizionamento così potenti che di Brave New World rappresentano l'aspetto più inquietante, possono essere d'aiuto nel compimento della "rivoluzione individuale" che porta alla società perfetta. Perché non utilizzarle, dunque, per lavorare per il bene della società, per il bene del singolo individuo e, quindi, dell'intera collettività? Lo strano mondo di Pala è il risultato dell'incontro fortuito tra due strani personaggi: il Rajah dell'isola, un principe buono e illuminato, ed un dottore e uomo di scienza scozzese, il dottor Mac Phail. Oriente e occidente, dunque, ma soprattutto politica e scienza uniti nella ricerca della felicità di un popolo. A Pala la scienza e la religione aiutano la società, le sono vicine , al contrario di quanto succede in occidente. L'aiuto più visibile è la distribuzione di anticoncezionali per posta ogni mese, in modo da rendere facile il controllo delle nascite, base per poter garantire benessere a tutti. Infatti il sovrappopolamento, come Huxley ci spiega in Brave New World Revisited è il primo passo verso una società infelice, instabile e che non tutela i suoi componenti. Al contrario, per sopravvivere, è costretta ad aumentare il controllo su di essi.    

A questo proposito bisogna far notare che Huxley trova un modo per rendere il sesso sia uno sfogo piacevole, sia un esercizio spirituale e di controllo del corpo chiamato Maythuna, tale che non si rende necessario adoperare mezzi anticoncezionali. E se non si fosse all’altezza di fare il Maythuna, comandando interiormente il proprio corpo di non concepire, il governo procura anticoncezionali a titolo gratuito. La visione del mondo che ha e che vuole combattere, è quella di una terra abitata da 3 miliardi di persone e governata da poche decine di uomini politici, da alcune migliaia di uomini d’affari, capitani d’industria, generali e usurai!    

Per quanto concerne l’arte si può notare che a Pala non ne viene coltivata nessuna in modo particolare: Will non conosce artisti di sorta e non si parla, a eccezione di qualche composizione sparuta di versi da parte del vecchio Rajah o di Susila, di scrittori o letterati o pittori.  

Huxley mette in bocca a Will Farnaby queste parole, ad un certo punto: "...la letteratura è incompatibile con la verità filosofica, con l'equilibrio mentale individuale e con un decente sistema sociale, incompatibile con ogni cosa tranne che con il dualismo, la follia criminale, le aspirazioni impossibili e i rimorsi inutili. Ma non ha importanza. Il colonnello Dipa metterà tutto a posto. Quando Pala sarà stata invasa e salvata per la guerra, il petrolio e l'industria pesante, voi avrete senza dubbio un'età aurea della letteratura e della teologia"!  

In un mondo perfetto, infatti, senza problemi che toccano quotidianamente gli uomini, dove tutti sono gia "arrivati" spiritualmente, dove le devianze vengono prevenute o rieducate e dove non c'è sofferenza, che senso ha la letteratura? E il letterato, nella sua funzione di tutore dei veri valori, della libertà e dell’individuo, cosa può fare? E' facile il richiamo a Watson che, esiliato dal Mondo Nuovo, chiede al Governatore Mondiale di poter essere mandato alle Falkland invece che in Papuasia, per poter comporre poesie. In un clima così rigido, infatti, e in mezzo alle difficoltà di sopravvivenza, l'ispirazione poetica sarebbe sicuramente stata maggiore. In un mondo prefetto il letterato non ha compiti politici particolari. In questa realtà incredibile di Pala, assistiamo al cambiamento e alla presa di coscienza di Will Farnaby, esempio di quella che dovrebbe essere la faticosa conversione alla nuova filosofia di vita da parte di ogni uomo intelligente. Grazie alle amorevoli cure di Susila, il "nostro eroe" si libera dai suoi rimorsi e tormenti. Rivede in lunghi flashback i suoi familiari, l'infelicità del vivere disumano a Londra, città infernale in cui vivere e morire sono tormentosi percorsi verso il buio, verso il nulla. Per Will, e di conseguenza per l'autore, la frustrazione più grande del mondo "moderno" è proprio il fatto che non si compie nessun progresso personale, cioé per sopravvivere e per avere successo é necessario calpestare le altre individualità e compiere un percorso il cui sbocco è fatuo: soldi e letargo mentale, spiritualità bloccata e durezza nei confronti dell'esterno. I pericolosi meccanismi egoistici dell'occidente prevalgono su chiunque viva in quel mondo; il progresso, fine a se stesso, ha riportato l'uomo verso la barbarie, il più bieco materialismo, l'infelicità. Will sonda, ricorda, soffre, si tormenta, e solo così si salva, guarisce e può coscientemente ribellarsi ed abbandonare la missione per cui era stato inviato a Pala, ossia concludere la trattativa tra il petroliere inglese e la corrotta triade della Rani, la regina madre, Murugan, erede al trono e Mr. Bahu, emissario del colonnello Dipa, dittatore di Rendang. Il male viene simbolicamente incarnato in tutte le sue forme umane più vistose, attraverso Dipa, il dittatore politico; il giovane Murugan, viziato e frutto di un'educazione assurda e oppressiva legato al colonnello da un rapporto omosessuale; la Rani, incarnazione del capitalismo e pronta a vendere il suo paese all'occidente, mascherandosi però dietro la volontà di usare il denaro ricavato dal petrolio di Pala per attuare una sua rivoluzione culturale e religiosa: "la Crociata dello Spirito". Un'altra rivoluzione, quindi, e ancora una volta in nome dei diritti dello spirito e dell'uomo. La Rani, manifestando involontariamente la propria cattiva fede, si lascerà sfuggire davanti a Will queste parole: “L’onda dell’avvenire (di Pala) é senza dubbio un’onda di petrolio greggio”. Dietro ogni tipo di Crociata si annidano impostori ed approfittatori che la sostengono in malafede deviandone la rotta. Gli abitanti di Pala conoscono l'amore, quello fisico come quello spirituale ed anche Will riesce finalmente a capirlo, perché Dio é amore ed egli, come gli altri Palanesi, riesce, attraverso l'esperienza della droga, a superare i suoi confini umani e a percepire l'essenza che è il divino. La parte relativa alla droga è, secondo la Corrado, quella più delicata e quella che può suscitare nel lettore le maggiori perplessità, specie pensando al vissuto attuale della droga nella nostra società. Huxley ha avuto un rapporto personale con le droghe a partire dal 1954, da intellettuale alla ricerca di confini progressivamente più ampi per il proprio sentire, rapporto lungo, complesso e contradditorio , e non ha mai smesso di credere che le droghe fossero un mezzo per superare i troppo angusti confini umani e guardare o tentare di cogliere la luce.   

La droga a Pala viene considerata un aiuto alla collettività, uno strumento di equilibrio sociale democratico, uno strumento di ricerca individuale di confini percettivi più ampi. La droga é per l'autore una branca della scienza, l'unica che può aiutare concretamente l'uomo nel seguire la sua via interiore verso l'autoconoscenza e la consapevolezza di sé. Essendo tale, il fatto che venga coniugata con la politica diventa logico e inevitabile. Secondo l’autore l’unione tra politica e scienza è il presupposto necessario a qualsiasi tipo di evoluzione del mondo.  

Island, mentre ammonisce contro i pericoli connessi all'idea del progresso come totalmente positivo, ed agli esiti che esso ha comportato sia in contesti capitalistici che comunisti, e sembra volere recuperare modelli arcaici di vita, finisce con l'essere il più alto tributo alla scienza, ritenuta capace di selezionare in positivo l'uomo, condizionarlo psicologicamente, renderlo cittadino modello, aprirlo al divino, avviarlo alla contemplazione e alla meditazione, ricongiungendolo con la luce, l'essenza. Huxley ha una fede profonda nel progresso scientifico quale ausilio per rendere reale la felicità dell'uomo e al tempo stesso Island vuole essere un richiamo affinché la scienza raggiunga questo scopo. Secondo la Corrado, Island imporrebbe agli uomini la libertà e la felicità, venendo meno al suo scopo e alla sua essenza di isola libera, poiché toglierebbe ogni speranza di miglioramento all'uomo. Non so quanto sia corretta questa interpretazione, perché sicuramente non era questa l'intenzione dell'autore; mi sembra, anzi, una forzatura. Del resto tutti i Palanesi compiono viaggi all'estero per vedere la realtà del mondo circostante, e tornano in fretta e con gioia a Pala, scegliendo liberamente di restarci.  

Huxley ci riporta all'eterno problema connesso con ogni progetto utopico, ossia cosa si intenda per “felicità” per l'uomo: se un risultato dialettico, e come tale mai stabile, tra bene e male, e pertanto imperfetto ma perfettibile, o statica realtà di benessere, felicità come stato, secondo l'antico modello platonico. La Corrado sostiene che con la droga non si può ottenere un congiungimento con l'essere supremo, che non è un modo di risolvere problemi spirituali e che non dà accesso alla verità, ma Huxley non è di questo avviso. Per l'autore non si tratta di assumere droghe per fuggire da qualcosa, bensì per riuscire a raggiungere uno stato di grazia che si può ottenere, normalmente, solo dopo anni e anni di rigida pratica spirituale e fisica. In questo senso è un mezzo democratico, perché consente a tutti di raggiungere un risultato concreto, destinato, al contrario, a pochi eletti.    

Non è, quindi, fuga. E' raggiungimento! In ogni caso Huxley non vuole risolvere problemi sociali ed esistenziali per mezzo della droga, ma solo dare una fugace visione di quello che deve essere il risultato finale del nostro cammino spirituale.  

L’autore inserisce nella narrazione alcuni “Appunti sul Bene e sul Male” che riassumono un po’ la filosofia delle riforme di Pala. Il dottore dà a Will, bloccato a letto dalla gamba ferita, il libricino e gli spiega che espone “quello che sempre e ovunque deve essere fatto da chiunque abbia un’idea chiara sulla differenza tra il male e il bene”.  

Questo fatto è emblematico della complessità del progetto di Huxley: addirittura è costretto a riportare una decina di pagine di teoria politico - social - spirituale per evitare di appesantire troppo il racconto letterario. Leggendo questi appunti, il lettore/Will Farnaby “riuscirà a comprendere assai meglio ciò che è stato effettivamente compiuto, incominciando con il rendersi conto di quel che si doveva fare...”.  

Vale la pena di riportare le frasi che a mio parere sono più significative e di commentarle, poiché costituiscono la summa del pensiero di Huxley.  

I PRINCIPI DELLE RIFORME  

“Nessuno deve andare in nessun altro luogo. Vi siamo già tutti, se solo lo sapessimo.” Ecco finalmente spiegato il motivo della presenza degli uccelli mynah addestrati a ripetere sempre le stesse frasi. L’essere consapevoli di sé e della propria presenza è il punto fondamentale, anche secondo il buddhismo, che apre la strada a tutti i tipi di meditazione, dai più semplici ai più complessi. Se l’uomo non ne è cosciente, non può nemmeno incominciare a percorrere il cammino di evoluzione personale che lo porterà al nirvana. Gli uccelli mynah servono proprio a diffondere questo messaggio e a riordarlo con costanza.  

“Conflitti e frustrazioni: il tema di tutta la storia e di quasi ogni biografia. Quello che io sono in effetti - se soltanto il manicheo che io credo di essere mi consentisse di saperlo - è la riconciliazione del sì e del no (yin e yang) vissuti in un'accettazione totale e nella beata esperienza del Non Due.”   

Qua l’autore affronta il tema della non accettazione di sé stessi, origine dei conflitti e delle tensioni che hanno funestato sempre la storia dell’uomo. Accettare sé stessi è il primo passo per accettare gli altri e per essere tolleranti; l’invidia dovrebbe scomparire per lasciare il posto alla   

collaborazione tra le persone. A questo proposito é importante l’esempio della grassa signora Rao, che riconosce spontaneamente di essere meno intelligente di altri, ma che è brava in compiti che richiedono una sensibilità e una manualità che altri, sebbene più dotati intellettualmente, non hanno. Lei non invidia nessuno e non è invidiata, è consapevole di com’è, si accetta e valorizza le sue doti al servizio degli altri insegnando le tecniche dell’amore maythuna alle giovani palanesi.  

La non accettazione di sé comporta frustrazioni, la non accettazione degli altri e quindi conflitti.  

“Nella religione tutte le parole sono parolacce. Chiunque divenga eloquente sul Buddha o su Dio o su Cristo, dovrebbe sciacquarsi la bocca con sapone all'acido fenico.”(!)   

Da queste parole risulta chiaro che Huxley non si fida di chi interpreta le religioni e le ritrasmette al popolo. Lui è fautore di una religione in cui la gente “assume” la religione direttamente alla fonte, “né pastorizzata né scremata”, ma naturale, con le sue imperfezioni ma con la sua vera essenza. Tutti coloro che si pongono come interpreti del messaggio di qualsivoglia profeta, si lasciano corrompere dal potere che assumono sulla gente e distorcono il messaggio originale adeguandolo alle proprie esigenze. Così fanno le varie Chiese, cattolica, protestante, ebrea ecc.  

Assumendo questo potere sulle persone, le Chiese diventano dei preziosi alleati per il potere politico, che attraverso di esse assume un controllo maggiore sulla popolazione... Occore, quindi, diffidare sempre di chi dice di sapere, poiché non è necessariamente vero che sappia, e poiché chi parla non agisce. E’ necessario andare alle fonti per toccare con mano, per rendersi conto personalmente di quello che ci viene descritto normalmente da giornalisti e televisioni.  

“Poiché la sua aspirazione a perpetuare solo il sì in ogni dualità di opposti non può mai - per la natura stessa della cose - realizzarsi, l'isolato manicheo che io credo di essere condanna sé stesso a interminabili e ripetute frustrazioni e conflitti con altri manichei. Il sapere chi siamo in effetti dà luogo all'Essere Buono, e questi dà luogo al genere più opportuno di buone azioni. Ma le buone azioni non danno luogo, di per sé, all'Essere Buono. Possiamo essere virtuosi (diverso da buoni) senza sapere in effetti chi siamo. Queste creature che si limitano ad essere buone senza essere l'Essere Buono sono i PILASTRI DELLA SOCIETÀ'. Quasi tutti i pilastri della società sono i Sansoni di sé stessi: sorreggono, ma prima o poi fanno anche rovinare.  

Non é mai esistita una società nella quale la massima parte delle buone azioni sia stata dovuta agli Esseri Buoni. Questo non significa che non possa mai esistere una simile società, o che noi a Pala siamo sciocchi tentando di realizzarla.”  

L’uomo deve prendere coscienza del fatto che “l’uomo buono” non è quello in cui prevale yin su yang, o, meglio, quello in cui prevale il lato positivo su quello negativo, poiché questo è impossibile che accada, ma è quello in equilibrio. Chi opera bene ma non ha autocoscienza é virtuoso, ma é inconsapevole del "grande disegno"; è come una comparsa che entra a metà di uno spettacolo, fa la sua parte e torna a casa prima che lo spettacolo termini: non lo può raccontare.  

L'obiettivo politico - sociale ed etico di Huxley è quello di partire da un discorso educativo improntato all'autocoscienza per ottenere un uomo equilibrato che darebbe origine spontaneamente, a causa della sua stessa educazione, ad una società perfetta.   

“La ragione umana è la base delle scelte umane, è il fondamento della vita umana, ma può essere anche un enorme ostacolo: come la ballerina riesce a fare le piroette in funzione dello scheletro, così, dopo 50 anni, é su una sedia a rotelle sempre in funzione dello scheletro. (...)  

Così il saldo sostegno ad una civiltà è la condizione prima di ogni originalità e di ogni capacità creativa individuale, ma ne è anche il maggior avversario. La cosa senza la quale non possiamo svilupparci e divenire esseri umani completi, è troppo spesso quella stessa che ci impedisce di svilupparci. Non possiamo liberarci con la ragione della nostra fondamentale irrazionalità. Possiamo solo imparare l'arte di essere irrazionali in modo ragionevole, per mezzo della moksha.”   

Il discorso qua affrontato è quello sulla logica, poiché é la logica stessa a difendere e a permettere i comportamenti che sono dannosi all’uomo!  

E’ come se Huxley volesse dirci che troppa razionalità soffoca e che è proprio la ragione che dovrebbe evitare i comportamenti umani controproducenti riuscendo a trovare spiegazioni e giustificazioni valide e convincenti anche alle azioni più violente e negative. E’ necessario, dunque, non essere succubi di nulla, nemmeno della logica e della razionalità! A Pala è insegnata l’arte di fare le esperienze adeguate, né per forza logiche, né per forza razionali, né per forza “giuste”: cosa significa ormai, la parola “giusto”, si chiede Huxley?  

“IO SONO: quale enorme menzogna. E' una menzogna perché "io" afferma una sostanza - me stesso - separata e immutabile; e perché "sono" nega il fatto che ogni esistenza è rapporto e mutamento.  

"io sono": due parolette, ma quale enorme menzogna...”  

Con questa critica Huxley se la prende col principio di autodeterminazione che sta alla base della cultura occidentale, evidenziando così il cambiamento dal quale noi occidentali dovremmo partire per tentare di realizzare una società come Pala, o per lo meno di migliorare la nostra.  

“Chi fa yoga: virtuosa persona che ottiene risultati notevolissimi FINGENDO di essere qualcun altro (buono e saggio). Ma non fingendo di essere qualcun altro, noi possiamo passare da una situazione di manicheismo all'Essere Buono. Essere Buoni significa sapere chi siamo in realtà; e per saperlo dobbiamo prima di tutto sapere, attimo per attimo, CHI PENSIAMO DI ESSERE e che cosa questo pessimo modo di pensare ci COSTRINGE a sentire e a fare.”  

In queste frasi io ritrovo una grossa critica alla società occidentale moderna, che impartisce un’educazione che rende gli uomini “estranei a loro stessi”, costringendoli a recitare un ruolo ben definito alle dipendenze della società stessa. Nel personaggio di Will si ritrova questa problematica nelle descrizioni degli incubi che lo coglievano mentre camminava per la strada, vere e proprie visioni ad occhi aperti dei passanti tramutati in vermi disgustosi a simboleggiare la dignità scomparsa nel loro animo per potersi adeguare alla società.  

Farnaby si trova a disagio perché fa fatica ad accettare anche solo la necessità di conoscersi, o meglio, non vuole conoscersi perché sa già che ritroverebbe una persona viscida, approfittatrice e intellettualmente disonesta, che non rispecchia la falsa immagine che lui ha di sé.  

“Un attimo di limpida e completa conoscenza di quel che crediamo di essere, ma che in realtà non siamo, fa cessare, per il momento, la sciarada manicheistica. Se rinnoviamo, finché non diventino una continuità, questi momenti di conoscenza di ciò che non siamo, possiamo ad un tratto sorprenderci a sapere chi siamo in realtà. “  

Basta un attimo, un lampo. L'educazione non insegna all’uomo a conoscersi, lo oscura invece che illuminarlo, lo abitua ad uniformarsi in un ruolo diverso da quello che lui è in realtà; invece che stimolare la diversificazione, la personalità e le doti individuali, livella tutti e appiattisce la società. Il lampo sufficiente a risvegliare l’uomo può anche essere provocato dalla droga, o meglio, dalla moksha..  

“L'Essere Buono è quello che conosce chi é in effetti in rapporto a tutte le esperienze. SIATE DUNQUE CONSAPEVOLI, in ogni contesto, in ogni momento e qualunque cosa, meritoria o disonorante, piacevole o spiacevole, possiate fare o subire. E' solo questo l'autentico yoga, il solo esercizio spirituale degno di essere praticato. Quanto più un uomo sa sugli oggetti individuali, tanto più sa su Dio.”   

Dio è anche presente in un fiore, in un quadro, in una poesia e nella musica, e questo argomento viene spiegato a fondo in the Doors of Perception, quando l’autore descrive le sensazioni che, sotto lo stimolo della droga, gli provocano le visioni di fiori, di quadri e l’ascolto della musica. Di quelle occasioni, infatti, Huxley racconta : “vedevo ciò che Adamo aveva visto la mattina della sua creazione: il miracolo dell’esistenza nuda”. “E’ piacevole?” chiese qualcuno. (...) “Né piacevole né spiacevole. E’”. Huxley racconta che sotto l’effetto della mescalina poteva cogliere l’essenza, l’essere della filosofia platonica.  

“La FEDE è un qualcosa assai diverso dalla fiducia. Quest'ultima è prendere sistematicamente troppo sul serio parole non analizzate (da S. Paolo a Maometto, da Marx a Hitler). La fede è la convinzione empiricamente giustificata della nostra capacità di sapere chi siamo in realtà, di dimenticare nell'Essere Buono il manicheo intossicato dalla fiducia.” Come un cerchio che si richiude, torniamo al discorso sulla fiducia, che è terreno fertile per la propaganda e la pubblicità.   

In queste due intense pagine di “Appunti”, Huxley ci dà una sorta di sintesi di quello che è il suo credo. Si tratta della sintesi di cinquant’anni di ricerca interiore personale. E’ la spiegazione del modo corretto di vivere, di essere sé stessi. Una volta intrapreso il cammino indicato da Huxley tutto il resto viene di conseguenza. E' questa la forza del suo pensiero: lui ha indicato una via per costituire le basi di quella che dovrebbe poi diventare automaticamente, se poggiata su quelle basi, la società perfetta e ideale. L'uomo frutto dell'educazione indicata da Huxley e con una grande consapevolezza di sé, agirà politicamente e socialmente in maniera virtuosa, spontaneamente. E' evidente, però, la certezza dell'impossibilità della realizzazione di una società di Esseri Buoni. Troppo profonda è la conoscenza delle debolezze e dei vizi umani, da parte di Huxley, per illudersi che possano rimanere in sonno, o che possano essere prevenuti come a Pala. E' indicativo che a Pala non ci siano forze negative criminali, truffatori o dirigenti in malafede, ma bastino due sole persone (Murugan e la madre) per distruggere tutto. Sicuramente, perché un sistema di tutela così perfetto delle individualità, tutela anche chi non accetta il sistema (questa possibilità non era stata presa in considerazione dai fondatori di Pala), e quindi è il sistema stesso, che, sicuro di essere accettato da tutti per la sua perfezione, non ha creato nessun sistema difensivo per auto conservarsi! A mio parere questa argomentazione priva la tesi della Corrado, che vuole Pala come una tremenda e subdola dittatura.  

“Un terzo, più o meno, di tutto il dolore che la persona che io credo di essere deve subire, è inevitabile. E’ il dolore implicito nella condizione umana, il prezzo che dobbiamo pagare per essere organismi senzienti e coscienti, anelanti alla liberazione, ma soggetti alle leggi della natura e costretti a procedere nel tempo irreversibile, in un mondo del tutto indifferente al nostro benessere, verso la vecchiaia e la certezza della morte. I rimanenti due terzi di tutto il dolore sono voluti da noi e, per quanto riguarda l’universo, non necessari.”   

L’attenzione di Huxley si sposta sul controllo del dolore e sulle tecniche di guarigione (accostate a parti della medicina occidentale) che per mezzo dell’ipnosi evitano o riducono il dolore fisico e psichico. Per evitarne una parte, l’autore suggerisce di iniziare col non costringere più i figli che non vanno d’accordo coi genitori a convivere con loro. E’ per questo che a Pala sono stati creati i CAR: i Centri di Adozione Reciproca. Huxley vuole dire che non si riduce il dolore solo tramite complicate tecniche meditative aperte solo a pochi eletti, ma anche socialmente si può fare qualcosa di concreto, e agendo sull’educazione dei fanciulli si ottengono risultati duraturi. (Naturalmente questi risultati duraturi si ottengono sia nel bene che nel male...)  

Inoltre, il dolore cui Huxley fa riferimento, non è solo quello fisico, egli pensa soprattutto al malessere spirituale, che sovente porta a comportamenti controproducenti per l’uomo stesso. Un’educazione sbagliata e severa, una religione, leggi o costumi oppressivi, un’etica sociale soffocante, sono tutti mezzi sicuri per ottenere uomini frustrati e quindi infelici, che a loro volta agiranno partendo da presupposti fallaci e non creando nulla di positivo.  

“Nel passato di Pala, l’etica buddhista e il primitivo comunismo di villaggio vennero abilmente incanalati in modo da servire gli scopi della ragione. LA RAGIONE SOPRA DI TUTTO, CHE SCONFIGGE PREGIUDIZI E COSTUMI RADICATI NEGLI UOMINI DA TEMPO IMMEMORABILE.”  

Io penso che Huxley voglia dire che è possibile, oltre che necessario, utilizzare tutti gli strumenti a disposizione dell’uomo per ottenere miglioramenti. Occorre utilizzare religione e costumi a favore dell’uomo, oppure, se costituiscono degli ostacoli, non aver paura di superarli. A questo proposito vediamo qual’è secondo Huxley il risultato dell’abolizione del concetto tradizionale della famiglia: prendiamo l’esempio di Susila, figlia unica di due persone che litigano e che non si comprendono. L’esito di una famiglia normale sarebbe stata una figlia ribelle o relitto, oppure ancora una conformista rassegnata ed ipocrita. L’esito di un’educazione di CAR non è né un relitto, né una rassegnata né una ribelle, ma una persona consapevole (cosa di primaria importanza), sensibile e serena. A pagina 107 di Island viene descritta la “ricetta” per una buona crescita e viene confrontata con quella utilizzata in occidente: “Prendere un lavoratore schiavo della paga sessualmente inetto, una femmina insoddisfatta, due o tre piccoli maniaci della televisione; marinare in un miscuglio di freudismo e diluire in una soluzione di cristianesimo; poi chiudere ben bene il tutto in un appartamento di quattro stanze e lasciarlo cuocere a fuoco lento per quindici anni nel proprio sugo. La nostra ricetta è alquanto diversa: prendere venti coppie sessualmente soddisfatte e la loro progenie; aggiungere scienza, intuizione e umorismo in quantità uguali; immergere nel buddhismo tantrico e far bollire pian piano indefinitamente in un tegame all’aria aperta su una vivida fiamma d’affetto”. Si ottiene così una famiglia aperta, senza predestinazione e volontaria. Si chiama “ibridizzazione delle microculture” come per le sementi o le diverse razze di galline. I CAR sono amministrati dai soci e non dal governo, per evitare tentazioni di influenze negative e mirate agli scopi del potere. In Cina, per esempio, i bambini vengono affidati ad educatori (addomesticatori) di fanciulli, ufficiali, il cui compito è quello di trasformare i bambini in servi ubbidienti di Stato. E’ fondamentale non corrompere il metodo dei CAR al punto da farlo assomigliare a questo! In Occidente la società condanna i bambini a trascorrere la fanciullezza in una famiglia esclusivistica con un’unica serie di fratelli e sorelle e una sola coppia di genitori. “Vi vengono imposti dalla predestinazione ereditaria, e diventa impossibile ogni cambiamento di atmosfera morale o psicologica. E’ libertà, se proprio vuole, ma libertà in una cabina del telefono”. I CAR non sottraggono i bambini alla disciplina e alla necessità di doversi assumere delle responsabilità. La fuga dalla propria famiglia è incoraggiata, ma non così la fuga dai propri doveri, che anzi, sono molti, poiché secondo Huxley solo in questo modo il bambino può “toccare con mano” la realtà in cui vivrà. In occidente “I giovani prigionieri sono affidati dalla LEGGE e dai COSTUMI e dalla RELIGIONE all’affettuosa mercé di genitori o stupidi/pazzi o bene intenzionati ma stupidi/incompetenti.” Già Montesquieu, nello Spirito delle Leggi, affrontava il tema dell’influenza di costumi, consuetudini e religioni sul carattere dell’uomo, e questo é anche il terreno di Huxley e della sua costante opposizione alle forme immutabili di potere costituito. Divide il tema dell’educazione in famigliare (CAR), spirituale (yoga e moksha ) e religiosa (cuscino pneumatico di Teodoro Gumbrill) e sostiene che l’educazione politica sarà il loro risultato spontaneo. Procede accostando i frutti dell’educazione ipotizzata da lui con quelli tradizionali, facendo emergere le contraddizioni del nostro mondo e portando il lettore a concludere che se si agisse normalmente per il nostro bene automaticamente otterremmo come risultato il bene dell’umanità tutta. Il punto è proprio questo, e cioé che l’uomo di norma agisce razionalmente ma non logicamente, se per logico intendiamo ciò che non ci nuoce. L’uomo consapevole ipotizzato da Huxley è anche in grado di provvedere alla propria autoguarigione se si trova in situazioni di malessere fisico o intellettuale. Per attuarla, spiega l’autore, è necessario “mandare in vacanza” la parte dell’IO che sente dolore e che si preoccupa, che pensa al peccato e al denaro e all’avvenire. Allora resta l’IO profondo, che può agire indisturbato per la propria guarigione. Peccato, denaro e avvenire: tre preoccupazioni insensate che costringono l’uomo entro i confini stabiliti per lui dalla società. Essendo solo portatrici di negatività e di ansia, è necessario liberarsene definitivamente per poter vivere con serenità. Per quanto riguarda il sovrappopolamento rileviamo la critica dell’autore alla follia del cattolicesimo secondo la quale é volontà di Dio che gli uomini si moltiplichino fino a precipitare in una miseria animalesca!   

Pala si fonda su una base Malthusiana: il controllo delle nascite per mezzo di antifecondativi e per mezzo dello yoga dell’amore mette al riparo da carestie e da momenti di scarsità di risorse. Ovviamente la modifica pricipale rispetto al malthusianesimo è quella che riguarda la continenza sessuale ipotizzata da Malthus: Huxley la sostituisce con l’uso dei contraccettivi per consentire agli uomini di essere felici anche sotto il profilo della vita sessuale. Toccare questo argomento nel 1960 significa anticipare di almeno 7 o 8 anni quel complesso movimento di idee e di protesta nei confronti del potere costituito che sarebbe poi sfociato nell’hippismo e nell’ideale dell’amore libero. Questo fu anche uno dei motivi per cui Huxley viene ancora adesso considerato dalla “cultura psichedelica” frutto di quegli anni, come una guida intellettuale.  

Abbiamo già visto che che l’educazione occidentale si limita a dare ai ragazzi nozioni teoriche e raccomandazioni futili, senza andare oltre.   

“Comportati bene, si dice, ma come? In che modo? Non glielo spiegate mai! I PIU’ NOBILI IDEALI POSSIBILI E NESSUN MODO PER REALIZZARLI, ECCETTO IL MODO SOPRANNATURALE DI FARLI REALIZZARE DA QUALCUN ALTRO. “ (e qua Huxley ri riferisce alla fede bigotta nell’intervento divino). A Pala insegnano ai bambini l’autodecisione, o autodeterminazione, invece, e cioé il controllo del destino. “Solo una parte del destino è controllabile, e raffigurandosi cosa si vorrebbe che accadesse, in molti casi si realizza sul serio”.  

“Straordinariamente semplice!” replicò Will. “Straordinariamente semplice - ammise Susila - eppure, per quanto ne so, siamo il solo popolo che insegni sistematicamente l’Auto - Determinazione ai fanciulli.Voi vi limitate a dir loro quel che dovrebbero fare e non andate oltre. Comportatevi bene, dite, e vi limitate a fare predicozzi e ad impartire castighi! PURA IDIOZIA. E se i figli prendono sul serio l’idiozia, crescono come miserabili peccatori, e se non la prendono sul serio, crescono come miserabili cinici; e se reagiscono al loro miserabile cinismo è probabile che diventino papisti o marxisti. Non c’é da stupirsi se voi avete tutte quelle migliaia di prigioni, di chiese e di cellule comuniste; a Pala non c’è nulla di tutto ciò.” “L’uomo occidentale é obbligato a vivere così, perché il presente è carico di delusioni, e lo è perché nessuno ha mai insegnato a colmare il varco tra la teoria e la pratica. Non nel senso che nessuno lo ha insegnato all’uomo moderno, ma in quello che nessuno, nella cultura occidentale, lo ha mai insegnato!” Per questi motivi Huxley è convinto che la società occidentale non consenta di sperare e che non presenti prospettive positive. Nella società in cui l’autore stava vivendo, l’arte, la religione e la droga avevano assunto il significato consolatorio che lui stesso ammonisce non avrebbero dovuto avere.   

Confrontando le varie opere dell’autore si può pensare che, appurata l’immutabilità di certe situazioni negative, a partire dal 1949 (Ape and Essence ) Huxley si “ritirò” e cominciò a pensare a sé stesso, concentrandosi su temi spirituali individuali, come se si fosse “arrabbiato”, se così si può dire, con un mondo sordo ai moniti provenienti dagli intellettuali di ogni parte del mondo. Egli stesso è costretto a riconoscere l’impossibilità di agire positivamente sul mondo, così come il Selvaggio John e le sue citazioni di Shakespeare non facevano nessun effetto sul Mondo Nuovo. Mustapha Mond, Controllore sì ma costretto, in pratica, ad esserlo, può rappresentare la classe intellettuale: è l’unico a comprendere Shakespeare ma non può agire per cambiare il sistema. Anzi, in pratica ne è succube. Così come la classe intellettuale: fa discorsi progressisti ma non ha la possibilità di mettere in pratica ciò che ne ricava. Sembra che debba costituire una guida e invece si ritrova a dipendere anch’essa da un sistema che è sordo ai messaggi inviati. Così come Mustapha Mond tiene i libri in cassaforte e non ne parla con nessuno, così Huxley si concentra su di sé e su nuovi orizzonti personali, essendo inutile condividere certi temi socio - politici quando non ci sono nemmeno le premesse per iniziare le riforme più elementari, quando non c’è un interlocutore. Ecco che riemerge, in tutta la sua drammaticità, il tema dell’incomunicabilità, che è sempre stato affrontato da Huxley fin dai primi romanzi, ma che è andato via via approfondendosi fino a riflettere l’isolamento della classe intellettuale dal mondo “reale” e la sua difficoltà ad influire positivamente sulla realtà in qualche modo. Per dare l’esatta misura della mancanza di libertà dell’uomo occidentale rispetto a quello della società di Pala, Huxley descrive quello che è accaduto a Will in Inghilterra. Questi, era sposato con Molly e dopo qualche anno di matrimonio entra in crisi, non l’ama più, non ha più intesa sessuale ed è costretto nonostante tutto a restare insieme a lei. Huxley fa una disamina sui motivi che lo costringono a non lasciarla, e mette in evidenza la morale conservatrice e il fatto che “un galantuomo rispetta sempre la parola data” e che quindi non avrebbe mai potuto infrangere la promessa fatta nel matrimonio. Will, dunque, si trova costretto a diventare un bugiardo abituale per non rivelare le sue scappatelle, al tempo stesso convive soffrendo con una donna che patisce la situazione e si ritrova addirittura a non volerle più bene, quasi al punto di odiarla.   

Tutta questa storia, direi abbastanza comune ai nostri giorni, inserita nel contesto felice di Pala dove i matrimoni si sciolgono se i due sposi non vanno più d’accordo, dove nessuno è obbligato a convivere con nessun altro, dove si insegnano le tecniche dello yoga dell’amore, dove le coppie hanno i mezzi (sociali) per vivere felici, assume una valenza di assurdità. Nel senso che Huxley individua degli strumenti semplicissimi e logici per trasformare una vita di coppia che può presentare dei problemi in una vita d’amore non ostacolata né da morali oppressive né da leggi costrittive: ipotizza semplicemente l’abolizione di tutti quei vincoli morali-religiosi che sanzionano comportamenti normali, razionali, logici, comportamenti tesi esclusivamente alla felicità dell’uomo e che non sono egoistici. Bisogna avere la possibilità di separarsi, di non convivere più, di cercare la felicità seguendo altre strade, di rendere il matrimonio non una prigione ma uno stimolo alla ricerca interiore e al progresso personale. Tutto questo significa semplicemente essere logici e applicare la ragione, liberandosi dalle convenzioni e dai legami che ostacolano il libero fluire delle emozioni e del nostro essere liberi. Questa valenza dei lavori di Huxley è sicuramente fondamentale, poiché costituisce, a mio parere, il messaggio importante di quest’autore, quello che lo fa uscire “fuori dal coro”. Partendo da questo punto, l’autore “rivoluziona” tutti i rapporti fondati su questa premessa, giungendo a darci una visione fuggevole, come se il lettore avesse ingerito una dose di medicina - moksha, di come potrebbe essere vivibile e bello un mondo in cui la logica e la razionalità fossero sovrane.  

Quando il nonno del dottor Mc Phail, anfitrione di Will, guarì il Rajah, divenne suo primo ministro e incominciarono le riforme. Il primo passo fu quello del perfezionamento personale. Partendo da questo si sarebbe poi arrivati al perfezionamento pubblico e sociale. Si cominciò a lavorare per trarre il miglior frutto possibile dai due mondi: quello occidentale e quello orientale, quello antico e quello moderno: “Trarre il miglior profitto possibile da tutti i mondi...un proposito folle ma perseguito da pazzi intelligenti”. Cominciarono dai metodi per mitigare il dolore, senza pretendere cambiamenti di religione o di credenze o di abitudini. In questo caso il buddhismo di base aiutò, perché è una religione che mette in relazione l’infelicità e il dolore con la mente. Bisogna notare che c’è un ritorno alle tesi di Ends and Means per quanto riguarda il distacco e il non attaccamento, nel senso che dopo anni in cui queste due parole non figuravano più nei suoi testi, eccole riapparire all’improvviso. Avevo pensato, dal momento che non ne aveva più parlato, che Huxley li ritenesse argomenti superati e invece, ritrovandoli, si può pensare che non ne avesse più parlato perché costituivano un messaggio effettivamente poco recepibile, soprattutto in un’opera come Brave New World Revisited che costituisce un’analisi tecnica politica e sociale delle caratteristiche degli Stati totalitari e dell’educazione scolastica da impartire per porre degli ostacoli all’eventuale ascesa di dittatori. Il primo passo, dicevamo, è stato quello del parto indolore. Ottenuto così l’appoggio delle donne, il secondo step fu quello di vincere il dolore dei piccoli fastidi quotidiani che disturbano un po’ tutti: dalla cataratta alle piccole operazioni, dalle emorroidi alle tonsille, dai calcoli alle distorsioni. “E’ meraviglioso quello che l’organismo è in grado di fare per noi se solo gliene diamo la possibilità”. Huxley descrive l’operazione sotto ipnosi che l’antenato del dottor Mc Phail fece all’anziano Rajah, guarendolo da un tumore molto grave e senza provocargli alcun dolore. E’ possibile che Huxley, che conosceva bene la Svizzera, volesse incoraggiare una pratica medica che adesso, a distanza di circa 30 anni dalla sua morte, comincia ad essere abbastanza diffusa, e che cominciò in Svizzera, appunto. Mi riferisco all’accostamento di un pranoterapeuta alla figura del chirurgo durante le operazioni. Si è notato, infatti, che la loro sinergia aumenta la velocità di guarigione del paziente e, di norma, ne diminuisce i tempi di convalescenza. Anche questo è un aspetto di quell’unione tra sapere occidentale e orientale che Huxley propugna. Venne quindi ottenuto il consenso e l’appoggio dei vecchi (tradizionalmente più conservatori) e degli infermi. Dopo aver affrontato, come punto di partenza, quello del dolore, vennero affrontati insieme l’agricoltura e il linguaggio. Si riconosce Huxley in questa fase: é presente la necessità di procurare il cibo per tutti (tema della sovrappopolazione) e la necessità fondamentale di comunicare (tema dell’incomunicabilità). L’isola venne interdetta a missionari, proprietari di piantagioni e commercianti per evitare la parte deteriore delle religioni, il latifondismo, e quindi lo sfruttamento indiscriminato del lavoro e della terra e l’arrivo costante di nuove merci che avrebbero incoraggiato una società “dallo scarto programmato dei prodotti”. Si impedì, così, che l’isola potesse attingere alla parte deteriore della cultura occidentale. Al tempo stesso venne incoraggiato lo studio delle lingue, per non essere isolati culturalmente e per acquisire un background letterario e culturale importante come quello inglese. Torna il tema della letteratura e dell’importanza della cultura; addirittura, essendone Pala priva, si assiste all’adozione da parte sua di quella inglese, per avere una base di riferimento, dei modelli sociali ed etici validi con cui confrontarsi: “Ogni scrittore ha bisogno di una letteratura come inquadramento mentale, di una serie di modelli ai quali conformarsi o dai quali scostarsi”.   

“...Pala aveva musica e architettura, ma mancava di una letteratura e di una poesia. Adottando l’inglese come seconda lingua(...) ci demmo uno sfondo, un metro spirituale, un repertorio di stili e di tecniche, una sorgente inesauribile di ispirazione. Ci demmo la possibilità di essere creativi in un campo nuovo”. Ma in questa società che è riuscita a proteggersi dal consumismo, assistiamo alla sofferenza di Murugan, il giovane nipote del Rajah appassionato di motociclette e di quant’altro dia prestigio nella società occidentale, che legge di nascosto, come se si trattasse di una rivista pornografica, un catalogo di acquisti per corrispondenza. In questa figura coesistono due parodie in una : quella del consumismo e quella dell’ignoranza, dal momento che invece che leggere qualcosa di più elevato, legge un catalogo! In Murugan vediamo presentarsi il “tremendo” dilemma: “andare o non andare in motoretta?” Secondo il dottore è questo “l’interrogativo al quale ogni paese sottosviluppato deve rispondere”! Bisogna riconoscere che la capacità di una sintesi così ironica e, al tempo stesso, così amara del consumismo è una peculiarità di Aldous Huxley, che attraverso il sarcasmo riesce a demolire qualsiasi fortificazione morale, sociale, tradizionale, etica e di costume!   

A Pala assistiamo all’adattamento dell’economia e della tecnica locali agli esseri umani, e non al contrario. Il dottore spiega che ”importiamo quel che non possiamo produrre, ma solo quel che possiamo permetterci” contravvenendo così alla legge del consumismo, che afferma che “niente che non sia tutto potrà bastare davvero”. Per difendere i Palanesi dal consumismo è fondamentale non aver nulla, per non poter avere di più. Le riforme furono radicali, dunque: si dovette convertire una società “normale” e si giunse ad ottenere quel fantastico modello di perfezione di Pala. L’applicazione delle riforme risponde ai criteri dettati dallo stesso Huxley in Ends and Means e dimostra (teoricamente) la loro fattibilità: se le cose vengono fatte con calma e seguendo un programma ben preciso, difficilmente si avranno delle crisi di rigetto da parte della società. Sotto il profilo strettamente logico, in questo romanzo non viene descritto nulla di folle o che si presenti come palesemente irrealizzabile. Non ci sono automobili che viaggiano da sole, proiettate in un futuro fantascientifico, ma c’è una società abbastanza semplice che applica con cautela le innovazioni tecnologiche, al fine di non sconvolgere negativamente lo status quo equilibrato di Pala.  

La parola “droga” richiama immediatamente un giudizio negativo ma, in questo contesto palanese, immeritatamente. Secondo Huxley è sufficiente chiamarla in un’altra maniera e provare i suoi benefici: lui la definisce moksha , o “rivelatrice della realtà”. La medicina ( si noti bene) moksha agisce sulle zone mute del cervello in modo da aprire una specie di chiusa psicologica, consentendo così ad un più vasto volume di Mente di scorrere nella mente. L’autore parte dal presupposto che se il cervello funziona in base ad una sua chimica, si può sfruttare la possibilità di variarla per espandere i confini della Mente. Per la prima volta dall’inizio di Island, ci troviamo di fronte ad un argomento che non si poggia su dimostrazioni storiche e su conclusioni logiche di ragionamenti razionali. Qua troviamo solo la testimonianza di Huxley, che seppur degna di credibilità, fa sorgere qualche dubbio. L’importante è che la droga, come del resto qualsiasi strumento di comunicazione e di controllo, venga usata a fin di bene, per aumentare le capacità spirituali dell’uomo e non per soffocarle. Effettivamente, se si vendono liberamente armi di ogni tipo, non sarebbe del tutto incoerente, seguendo la logica di Huxley, consentire e diffondere l’uso delle droghe allucinogene. Huxley presenta l’uso della moksha alla stregua di un banchetto raro, restando sempre la classica meditazione come il pasto quotidiano. L’effetto di questi rari banchetti è quello di generare visioni e di dare l’idea di quello che deve essere l’obiettivo spirituale da seguire attraverso il costante rivolgersi alla preghiera e alla meditazione; costituisce un’anticipazione, insomma, di quello stato spirituale cui tutti dovremmo tendere. O dopo anni di meditazioni, o con 0,4 gr. di moksha tutti possono cogliere una visione del mondo quale esso appare a chi sia stato liberato dalla schiavitù che lo lega all’ego.  

Questa esperienza è diversa per ognuno, è strettamente personale e difficilmente spiegabile; Huxley ha tentato di farlo in The Doors of Perception e ne ha messo in luce i risvolti fisici e pratici. In Island si spinge più avanti, e lega questa esperienza a quella religiosa.  

La prima volta che si somministra la moksha ai giovani, infatti, coincide con un rito di iniziazione che consiste prima in una pericolosa scalata e poi in una funzione religioso - spirituale che si completa, appunto, con l’assunzione volontaria di questo allucinogeno. “Noi non inculchiamo credenze nei nostri fanciulli, né li turbiamo con simboli emotivi. Quando giunge per essi il momento di apprendere le verità più profonde della religione, facciamo scalare loro un precipizio e poi diamo a tutti 400 mg. di rivelazione...e possono farsi un’idea molto precisa del reale” spiega il dottore a Will. Scalando si sublima la tentazione del potere ma si rischia la vita. “E’ meglio rischiarla che correre il rischio di rovinare la vita della società in cui viviamo. L’esperienza con la moksha rappresenta l’esperienza di essere liberati dal proprio IO” ; e ancora dice che “nell’ignoranza crediamo di essere qualcuno. Grazie alla moksha possiamo vedere ciò che siamo in realtà. Ma quando l’effetto è passato, dobbiamo continuare a perseguire ciò (la verità) che ci ha rivelato per un breve attimo. La medicina fornisce solo l’occasione, è una tecnica per poter osservare e provare a quale stadio di illuminazione e di grazia liberatrice si può arrivare. Sta all’uomo decidere se cooperare con la grazia e approfittare di questa occasione”.  

Murugan, contrario all’uso di questa sostanza, sostiene che “la moksha sottrae l'uomo dalla realtà”, ma il dottore gli ribatte che in realtà sono “il catalogo di vendite per corrispondenza e il libro di fantascienza ( che Murugan leggeva di nascosto) a sottrarre dalla realtà”. Si torna per l’ennesima volta al problema dell’utilizzo delle opportunità a favore o contro l’uomo. Un libro di fantascienza non è buono o cattivo, di per sé. Può costituire un passatempo, più o meno buono; può essere latore di un messaggio importante ed illuminante oppure può influire negativamente sul lettore. E’ l’intelletto di quest’ultimo a dargli una valenza qualitativa. Allo stesso modo anche un consumismo “corretto” dei suoi difetti congeniti può essere buono o, per lo meno, non così deteriore come lo presenta Huxley. Probabilmente la radicalità delle riforme da lui ipotizzate è dovuta al fatto che egli è consapevole della resistenza ai cambiamenti della società, e che per ottenere una piccola variazione è necessario puntare ad una grande rivoluzione.  

Dal punto di vista stilistico, bisogna rilevare che quella sulla droga è l’unica parte di Island in cui Huxley fa frequente uso di domande retoriche e dove fa meno affermazioni nette e circoscritte nelle sue frasi. Quando parla di droga il suo stile cambia, e sembra che si senta meno sicuro, che abbia paura di compiere passi falsi. E’ possibile che si sentisse attaccato dalla critica, forse, come possiamo dedurre dai pensieri su Aldous Huxley formulati alla sua morte da vari intellettuali che lo avevano conosciuto e che sono stati raccolti dal fratello Julian in un libro: Aldous Huxley, 1894 - 1963.   

Come a Pala, la droga, secondo l’autore, potrebbe essere utile alla prevenzione dei crimini, ricoprendo così una funzione costruttiva per la società e scaricandosi così delle critiche che vengono fatte a suo carico.   

A Pala hanno capito dopo anni di studi che a diventare criminali sono i bambini la cui maturazione avviene in ritardo, come per esempio nel caso di Hitler, cui l’autore fa spesso riferimento. Così a Pala si visitano tutti i bambini all’età di 5 anni e si individuano e si curano i casi devianti.  

Il problema del potere affonda le sue radici nell'anatomia, nella biochimica e nel temperamento, e la delinquenza, secondo l’autore, è un problema biochimico del sistema endocrino per cui il carcere e le prediche non servono a nulla. Giova ricordare che Huxley aveva un fratello noto biochimico e che si dilettò con lui in ricerche tecniche e specifiche. Nell’isola vengono identificate due tipologie di delinquenti: i “Peter Pan” e i “tutto muscoli”; per i primi la cura consiste nell’assunzione di tre pastiglie al giorno, e per i secondi nel lavoro fisico in grande quantità, determinando così, per di più in un contesto sociale che non offre la possibilità di tiranneggiare la famiglia o di dominare su scala più vasta, delle “valvole di sfogo” a tutti quei fattori che normalmente avrebbero provocato tensioni e confronti fisici tra due o più persone. Si incanala la passione per il potere e la si devia. La si allontana dalle persone e la si indirizza verso le cose e i lavori fisici.  

E' importante, a mio parere, l'esempio del padre di Will Farnaby che inveisce contro il “potere che corrompe” e in realtà, dall’altra parte, egli stesso era un tiranno e un despota familiare. Quanti padri di questo tipo esistono ancora? Essi sono il risultato peggiore di tutta la cultura occidentale: quella religiosa, educativa e sociale!  

Huxley è convinto assertore del fatto che il problema del potere non possa essere risolto da "saggi provvedimenti sociali integrati da una sana moralità e da un po' di religione rivelata".   

Arriviamo così alla teoria del potere; in Island dice: "Il potere dev'essere represso sul piano legale e politico, é ovvio, ma é altrettanto ovvio che dev'esserci una prevenzione sul piano individuale. Nella sfera dell'istinto e dell’emotività, delle ghiandole e dei visceri, dei muscoli e del sangue". Il risultato di questo atteggiamento che l’autore ipotizza è che a Pala c'è poca necessità di ricorrere alle leggi: se qualcuno, infatti, tiene un comportamento inadeguato, viene rispedito ai CAR per una rieducazione. “La forza vitale che un tempo trovava uno sfogo attraverso i muscoli striati, ripiega sui visceri e sul sistema nervoso, e lentamente li distrugge”, dice il dottor Mc Phail. Per evitare di creare dei cittadini nervosi e non realizzati, a Pala è anche previsto che i bambini lavorino; non si tratta di un ritorno al lavoro minorile, ma di un progresso rispetto alla moderna pigrizia della fanciullezza.  

“Voi non consentite ai ragazzi di lavorare, e così essi sono costretti a dare sfogo alle energie represse con la delinquenza, oppure reprimerle finché non sono pronti a diventare sedentari addomesticati”.  

Si tratta, evidentemente, di un lavoro manuale poco faticoso e dall’aspetto ludico ed educativo insieme; ad esempio i bambini vanno nei campi a manovrare degli spaventapasseri agghindati come dei, al fine di far comprendere che in realtà sono gli uomini che determinano il comportamento delle loro divinità.   

Riguardo l’organizzazione politica troviamo un’importante frase: “Lenin diceva che elettricità più socialismo uguale comunismo, noi diciamo elettricità meno industrie pesanti più controllo delle nascite uguale DEMOCRAZIA E FELICITA'“. Pala non è né capitalista né socialista, è un'organizzazione cooperativistica che mira al benessere individuale e collettivo, é una “federazione di unità autogovernantesi”. Il primo passo verso il benessere è quello di non mettere al mondo più figli di quelli che si possono mantenere e, in secondo luogo, quello di resistere alla tentazione del superconsumo.  

I tre pilastri della società occidentale, invece, sono: armamento, indebitamento universale e scarto pianificato dei prodotti superati; a loro volta questi sono supportati dai tre mali della società: ignoranza, militarismo e procreazione. Ogni aumento della popolazione comporta necessariamente una diminuzione della prosperità, che a sua volta provoca disagi sociali e ribellioni, che a loro volta giustificano, per essere controllati, un potere accentrato e forte. Occorre bloccare questo circolo vizioso agendo, come prima cosa, sul controllo delle nascite. Con l’educazione, poi, si può eliminare il fascino che il potere esercita su alcuni individui e che può portare solo esiti negativi.  

Il personaggio di Murugan, al contrario di tutti i cittadini di Pala, subisce molto il fascino del potere, al punto che si ritrova a magnificare al dottore: "(...) l'energia che il colonnello Dipa evoca nel suo popolo! pensi alla dedizione e ai sacrifici di quella gente!".  

"Io li ammiro come posso ammirare un tifone” ribatte Mc Phail “Purtroppo questo tipo di energie risulta incompatibile con la libertà, con la ragione e con la decenza umana".  

Questa grande tutela della libertà, a Pala si ritrova anche nella stampa: c'é un giornale con 6 direttori (per 6 partiti diversi) ognuno con un certo spazio, a differenza dei giornali occidentali che a parere di Huxley sono parziali, faziosi e pieni di slogan invece che di ragionamenti.  

Il loro scopo, infatti, secondo l’autore inglese, è quello di inculcare riflessi condizionati nei lettori e di occupare la loro mente con banalità tipo divorzi e pettegolezzi per distrarli e impedire loro di pensare.    

Nelle fabbriche di Pala il lavoro è frazionato: gli uomini non passano 8 ore al giorno per tutta la vita a fare sempre la stessa cosa, ma alternano la segheria con la cementifera, l’agricoltura con la pesca e così via. Si ottiene così un lavoratore da un buon rendimento, naturalmente più basso di quello di un'operaio specializzato occidentale, ma più sano e che non cade vittima di stress da lavoro, perché ottiene una maggior soddisfazione personale e umana. Viene ritenuto indispensabile avere un'esperienza di ogni tipo di lavoro! “Questo é materialismo concreto, che é ben lungi dall'essere negativo, perché é il primo passo nell'educazione di Pala che insegna la spiritualità concreta!”  

Essendo sempre consci di quello che si fa, essendo sempre presenti e consapevoli del lavoro che si sta compiendo, si trasforma il materialismo concreto nella spiritualità concreta.  

"Sia pienamente conscio di quello che fa e il lavoro diviene lo yoga del lavoro, il divertimento diviene lo yoga del divertimento ecc.  

Tutti gli yoga sono mezzi psicofisici per raggiungere un fine trascendentale. E' un mezzo per incanalare le energie delle migliaia di Hitler di provincia e di Torquemada di famiglia e di avidi di potere."   

Si può vedere chiaramente come l’organizzazione del lavoro sia coniugata con l’educazione spirituale e con la struttura politica, in una realtà allo stesso tempo semplice e complessa, e che ha nell’individuo, e non nell’impresa come nella società occidentale, il suo centro.   

L’uomo felice è un buon cittadino, lavora bene e ha la spinta (nonché il tempo) di lavorare su di sé nella direzione di una crescita spirituale. La cosa importante è che tutto il sistema è volto alla tutela dell’individuo e in sua funzione, ottenendo in cambio meno produttività, ma maggior disponibilità a collaborare, che si traduce in un taglio netto alle spese pubblicitarie e per le nuove tecnologie che la concorrenza spietata impone. Pala è un’ipotesi di realtà in cui l’organizzazione politica non è semplicemente una modalità di rappresentatività politica, ma una vera e propria filosofia di vita. Il governo è, in pratica, un’entità illuminata che coordina la collaborazione, già spontanea tra i cittadini.  

E’ un’organizzazione politica che sopravive in quanto non imposta ai Palanesi, ma frutto spontaneo della loro filosofia di vita.   

L’isolamento geografico in cui Huxley immagina questa realtà vuole significare la sua consapevolezza dell’impossibilità pratica di ottenere simili risultati in un contesto di concorrenza economica e politica.    

Il punto fondamentale di questa organizzazione politica, risiede nella tutela delle differenze individuali. A Pala, questa tutela avviene nel seguente modo: in primo luogo si analizza ogni singolo bambino, la sua tipologia di carattere e i suoi procedimenti mentali. Ciò per impostare un’educazione personalizzata alle esigenze di ognuno. In secondo luogo si ricercano le doti peculiari del bambino e i suoi talenti. Questo per coltivarli e far realizzare, possibilmente, il più alto numero di bimbi. Infine si analizza la sua influenzabilità alle suggestioni ipnotiche, una volta cresciuto. Secondo gli studi di Huxley, infatti, mediamente un 20% di persone sono particolarmente influenzabili e predisposte alla propaganda: è necessario capire da chi sia composto questo 20% per rieducarlo a vantaggio della società. Da un potenziale pericolo si riesce a ottenere un enorme vantaggio, poiché l’autore sostiene che questi individui particolari sono in grado di relativizzare il tempo: cadendo in trance hanno la capacità di vivere dieci minuti come se fosse un’ora, e di apprendere in dieci minuti reali quanto le persone normali in un’ora! Attraverso l’alterazione del tempo possono arrivare a risultati di apprendimento incredibili!  

“In una democrazia antiquata e pre - scientifica qualsiasi incantatore che disponga di una buona organizzazione può trasformare quel 20% di influenzabili potenziali in un esercito di fanatici irreggimentati, dediti alla maggior gloria e al maggior potere del loro ipnotizzatore”.  

Questa parte considerevole di persone che Huxley individua in seguito a studi comportamentali e biologici (fatti con suo fratello Julian), non è né buona né cattiva; può solo essere utile o controproducente. E’ compito della società renderla utile e a Pala si riesce...  

La tutela delle diverse individualità parte dal fatto di riconoscere le differenze che regnano tra gli uomini. Ai bambini vengono insegnate le differenze che ci sono tra di loro. Gli uomini si dividono in tre tipi: l’uomo-gatto è quello a cui piace stare per conto proprio e che può seguire la via dell’autoconoscenza. L’uomo-pecora ama stare in gruppo e partecipare a riti, cerimonie ed emozioni collettive; può seguire la via della devozione. (ma qua l’autore non approfondisce questo aspetto). Infine l’uomo-martora è colui che vuole fare cose manualmente, che vuole produrre. E’ fiero e non può essere addomesticato; la sua aggressività può essere deviata dalla società ad azioni utili alla società stessa (abbattimento di alberi ecc.).  

L’uomo palanese è, anche se potrebbe non sembrare, specializzato. Non nel senso occidentale del termine, che implica una concentrazione intensa e prolungata nel tempo, tecnica, ottusa e arida, ma quella a 360° che specializza gli uomini ad essere tali, felici e consapevoli del motivo per cui lo sono. La specializzazione è necessaria per l’uomo, ma il buon esito di questa dipende da come si arriva ad essa: gli occidentali non educano il complesso intelletto - corpo, ma solo il corpo.  

“L’educazione di ogni tipo dovrebbe sempre comprendere discipline umanistiche. Queste, di per sé, non umanizzano. Sono semplicemente un’altra forma di specializzazione sul piano simbolico”.  

Per mezzo di giochi si fanno comprendere anche ai bambini i principi fondamentali di chimica e fisica ecc. “Voi occidentali” dice Susila “siete irrimediabilmente legati alla fisica e alla chimica applicata, con tutte le loro lugubri conseguenze militari, politiche e sociali”. “Ma i paesi sottosviluppati non sono costretti a seguire il vostro esempio: hanno la grande opportunità (e non è una loro sfortuna) di restare al di fuori delle sfere d’influenza di USA e URSS; sono ancora liberi di essere come Pala, ma non vogliono, e poiché non possono fare quanto l’occidente ha fatto, sono condannati fin d’ora alla frustrazione e al disinganno, predestinati alle miserie delle crisi sociali e dell’anarchia, e in ultimo, all’infelicità dell’asservimento ai tiranni”. Questa idea di Huxley è rimasta inalterata a partire da Ends and Means .  

La moralità del fanciullo parte dall’insegnamento dei 260 equilibri ecologici che i Palanesi hanno individuato, tutti fondati sull’uguaglianza dare = avere, massima applicabile alla vita in società.  

Quando il bambino vede sabbie e burroni, gli riesce facile rendersi conto della necessità di conservazione e passare, poi, dalla conservazione alla moralità. Per mezzo delle favole si insegna ai bambini l’ecologia. Partendo dalla realtà ecologica, il bambino apprende una moralità e un’etica universali: “nella natura non esistono popoli eletti, non esistono Terre Sante né Uniche Rivelazioni Storiche”. L’ecologia elementare conduce spontaneamente e immediatamente al Buddhismo elementare e al messaggio cristiano :”fa quello che vorresti fosse fatto a te”.  
   CONCLUSIONI 

Occorre considerare che Island rappresenta l’estremo sforzo di Aldous Huxley nel tentativo di “convertire” l’uomo ad un comportamento più umano, più logico e più produttivo spiritualmente.  

La sua rabbia, urlata in Ape and Essence e riproposta in Brave New World Revisited e in Island in una veste più costruttiva, è dovuta al fatto che l’uomo non sembra in grado di agire a proprio vantaggio, come sarebbe logico aspettarsi. Tutti, se interrogati, rispondono che si deve collaborare e agire per ottenere un miglioramento della proprie condizioni sociali, economiche e di libertà, ma nessuno, di fatto, fa nulla di concreto. Ferito e stupito da questo comportamento, Huxley ribadisce l’aspetto che ho messo in luce nel capitolo dedicato a Ends and Means, e cioé che di fatto l’uomo prende un impegno con la società nel momento in cui si dichiara pronto ad agire per essa. In realtà, se così fosse, il mondo sarebbe pieno di isole come Pala.  

Allo stesso modo, poiché propugna un riutilizzo in positivo di tutto ciò che di norma è considerato negativo (pubblicità, propaganda ecc...), applica razionalmente questo concetto anche alla droga e finisce per incoraggiarne l’uso, se per fini costruttivi. Island rappresenta il trionfo della logica e della razionalità, insomma, e un provocatorio mondo perfetto che mai l’uomo, pur avendone le capacità, vorrà mai realizzare. E’ questa la grande sofferenza di Huxley: dimostrare inconfutabilmente che la vita sociale potrebbe migliorare decisamente, e constatare che in realtà non interessa a nessuno lottare per un simile progresso. La rabbia dell’autore è anche dimostrata dalla drastica riduzione, rispetto a Brave New World di spunti ironici, che sembra indicare la convinzione di aver presentato non un’utopia, ma un reale e realizzabile progetto sociale.  

Solo alla fine, coi carri armati invasori che occupano Pala e che uccidono il Dottore, si può scorgere il disincanto e la disillusione.   

La fantasia di Aldous Huxley ha prodotto un’isola che risolve il dilemma della scelta tra avere o essere, riuscendo a coniugare in maniera concreta e produttiva entrambe queste necessità umane.      B I B L I O G R A F I A INDICE 

R. ALBERES  
Romanzo e Antiromanzo Jaca Books, Milano, 1960.  

ALBERTINI  
Lo Stato Nazionale Giuffré editore, Milano, 1960.  

A. AMORUSO  
I Contemporanei, letteratura inglese, vol I°  

JOHN ATKINS  
Aldous Huxley, a literary study Calder, London, 1957.  

JOSEPH BEACH  
Tecnica del romanzo novecentesco Bocca Editori, Milano, 1965.  

SYBILLE BEDFORD  
Aldous Huxley a biography, Alfred A. Knopf/Harper & Row, New York, 1974.  

ISAIAH BERLIN  
Aldous Huxley, 1894 - 1963 Chatto & Windus, London, 1965.  

ROBERT BOGUSLAW  
I nuovi utopisti, una critica agli ingegneri sociali Rosemberg & Sehier, Torino, 1975.  

PETER BOWERING  
Aldous Huxley, a study of the major novels Atholone Press, London, 1968.   

JOCELYNE BROOK  
Aldous Huxley Longmans, London, 1958.  

ANTHONY BURGESS  
A Clockwork Orange Einaudi, Torino, 1969.  

S. BUTLER  
Erewhon Einaudi Editore, Torino, 1972.  
Ritorno a Erewhon Einaudi Editore, 1972.  
Così muore la carne Einaudi Editore, Torino, 1980.  

CARLOS CASTANEDA  
L’isola del Tomal , Rizzoli, Milano, 1978.  
Il secondo anello del potere , Rizzoli, Milano, 1980.  

AIKEN CONRAD  
Collected Criticism Browne & Nolan, London, 1961.  

ADRIANA CORRADO  
Da un’isola all’altra Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1988.   

A. EINSTEIN  
Come io vedo il mondo Giachini, Milano, 1952.  

PETER FIRCHOW  
Aldous Huxley satirist and novelist University of Minnesota Press, Minneapolis, 1972.  

FREUD  
Totem e tabù Boringhieri, Milano, 1969.  
Psicopatologia della vita quotidiana Boringhieri, Milano, 1961.  

ERICH FROMM  
Avere o Essere, Mondadori, Milano, 1977.  
L’arte di amare Il Saggiatore, Milano, 1963.  
L’amore per la vita , Mondadori, Milano, 1983.  

TILDE GIANI GALLINO  
Il complesso di Laio Einaudi, Torino, 1977.  

MAHATMA GANDHI  
Buddismo, Cristianesimo, Islamismo, le mie considerazioni, Newton Compton, Roma, 1993.  

A. L. HAIGHT  
Banned Books387 b.C. to 1978 A.D. R.R. Bowker Co, New York, 1978.   

HERMANN HESSE Siddharta , Mondadori, Milano, 1954.  
Narciso e Boccadoro, Mondadori, Milano, 1955.  
Il gioco delle perle di vetro Mondadori, Milano, 1957.  

ALDOUS HUXLEY   
After Many a Summer Chatto & Windus, London, 1939.  
Antic Hay Chatto & Windus, London, 1923.  
Ape and Essence Chatto & Windus, London, 1949.  
Brave New World Chatto & Windus, London, 1932.  
Crome Yellow Chatto & Windus, London, 1921.  
Island Chatto & Windus, London, 1961.  
Point Counter Point Chatto & Windus, London, 1928.  
Aldous Huxley, Exhumations: Correspondance and Letters Chatto & Windus, London, 1951.  
America and the Future Chatto & Windus, London, 1931.  
Brave New World Revisited Chatto & Windus, London, 1958.  
Ends and Means Chatto & Windus, London, 1937.  
Heaven and Hell Chatto & Windus, London, 1954.  
Literature and Science Chatto & Windus, London, 1963.  
Music at Night Chatto & Windus, London, 1931.  
Proper Studies Chatto & Windus, London, 1927.  

The Art of Seeing Chatto & Windus, London, 1937.  
The Devils of Loudun Chatto & Windus, London, 1960.  
The Doors of Perception Chatto & Windus, London, 1954.  
The Perennial Philosophy Chatto & Windus, London, 1946.  
The Gioconda Smile Chatto & Windus, London, 1953.  

LAURA HUXLEY   
You are not the Target Chatto & Windus, London, 1969.  
A Personal view of Aldous Huxley Chatto & Windus, London, 1968.   

THOMAS HENRY HUXLEY  
Evolution and Ethics (1893). Pilot Press, London, 1947.  
Agnosticism Weidenfeld & Nicholson, London, 1973.  

JULIAN HUXLEY  
Aldous Huxley, a memorial volume Chatto & Windus, London, 1964.   

K. KRISHNAMURTI  
De L’education Delachaux & Niestlé editeurs, Geneve, 1965   

K. KUMAR  
Utopia e Antiutopia Longo Editore, Ravenna, 1987.  

TIMOTHY LEARY & ERIC GULLICHSEN  
The Cybernetic Society, Huxley, Hesse and the Cybernetic Society, Los Angeles, 1987.  

CARLO LINATI  
Scrittori anglo americani d’oggi, Corticelli, Como, 1943.  

LORD LOTHIAN  
Il Pacifismo non basta 1923. Biblioteca Federalista, Il Mulino, Bologna, 1986.   

ANDRE’ VAN LYSEBETH  
Imparo lo yoga Mursia, Milano, 1968. La dinamica del respiro Mursia, 1973.  

S. MANFERLOTTI  
Utopia e Antiutopia Sellerio Editore, Palermo, 1984.  

JEROME MECKIER  
Aldous Huxley, satire and structure Chatto & Windus, London, 1969.   

CARMELA METELLI DI LALLO  
Analisi del discorso pedagogico Marsilio editori, Padova, 1966.  

CH. LOUIS SECONDAT DE MONTESQUIEU  
Lo Spirito delle Leggi 1746, Rizzoli, Milano, 1973.  

THOMAS MORE  
Utopia 1518. Einaudi, Torino, 1965.  

G. ORWELL  
1984 Mondadori, Milano, 1982. La fattoria degli animali Mondadori, Milano, 1982.  
Fiorirà l’aspidistra Mondadori, Milano, 1994.  

VANCE PACKARD  
The Hidden Persuaders Einaudi, Torino, 1960.  

TOMMASO PALAMIDESSI  
La tecnica sessuale dello yoga tantrico Indo - Tibetano edizioni Grande Opera, Torino, 1948.  

WILHELM REICH  
La rivoluzione sessuale, Sexpol-Verlag, Kopenhagen, 1936. Edizione italiana Feltrinelli, Milano, 1963.  

BERTRAND RUSSELL  
Realtà e finzione Longanesi, Milano, 1961.  

P. STAFFORD  
Unanswered questions from Huxley’s experiments Chicago University Press, Illinois, 1995  

J. SWIFT  
I viaggi di Gulliver 1711. Mondadori, Milano, 1978.  

H. D. THOREAU  
Walden, ovvero vita nei boschi , Rizzoli editore, Milano, 1986.  

TARTHANG TULKU  
L’apertura della mente Ubaldini Editore, Roma, 1980.  

AUTORI IGNOTI  
Il Libro Tibetano dei Morti Feltrinelli, Milano, 1954.  

 

 
  
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